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Anno edizione: 2018
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Lettura facile, ma assolutamente coinvolgente. Una saga familiare in un piccolo mondo di immigrati dall’Europa Centrale alla Pennsylvania dei Monti Appalachi. Una storia fatta di boschi, di legna da segare e da intagliare, di fucili da caccia e partite di pesca; di acqua, di neve e di fango dove solo il pick-up ce la può fare. Una storia di affetti, di amore e di morti. Una storia corale, con un protagonista assente – Sam, il nipote del patriarca, disperso in Vietnam e quindi tecnicamente né morto né vivo – ma proprio per questo più che mai incombente - a condizionare la vita di chi è rimasto: il fratello, la madre e la moglie. Non conoscevo Andrew Krivak. Mi ha conquistato il suo modo “piano” di raccontare il senso di continuità della vita secondo i valori della tradizione incrociandoli con i dolori che non mancano mai, il passato che a volte non si chiude e le gioie, spesso effimere nei rapporti personali (l’amore del protagonista per la compagna d’università, che subito si interrompe per la morte accidentale di lei) quanto invece durature se rapportate sulla scala della natura in cui sono immerse la casa e la proprietà di famiglia: «questa terra è per i figli dell’uomo». Descrittivo senza mai essere pedante, il percorso narrativo di Krivak mi ha ricordato quello di Kent Haruf, anche lui autore legato all’America rurale e profonda, dal quale però si distingue per un esplicito riferimento (assente invece nell’altro) alle vicende della Storia: non solo il Vietnam, ma anche la prima e la seconda guerra mondiale che si legano alle generazioni precedenti della famiglia. C’è un finale a sorpresa (proprio come in Kent Haruf de “La strada di casa”) che val la pena di scoprire arrivandoci una pagina alla volta. Resta il piacere di “aver scoperto” un autore non banale, del quale mi auguro di leggere altro ancora.
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