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Il partito preso delle cose - Francis Ponge - copertina
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Descrizione


Testo originale a fronte.


Il progetto, quindi, è di scrivere un nuovo De natura rerum , o piuttosto un nuovo De varietate rerum il cui metodo viene così enunciato: «Il miglior partito è di considerare ogni cosa del tutto sconosciuta, e di passeggiare o di sdraiarsi nel sottobosco o sull’erba, e di riprendere tutto dall’inizio». Una fenomenologia poetica, certo, ma una fenomenologia materialista, non esistenzialista, per la disperazione di Sartre. L’opera di Ponge produce ciò che si può chiamare: «allegria materialista» – contatto rinnovato, rinnovante, con l’esterno, con le «choses» della «natura» e del mondo. Jacqueline Risset

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Dettagli

1979
1 gennaio 1997
140 p.
9788806489915

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luigi marfé
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Se il vizio del liquido è di precipitare al suolo una forma che non può mantenere, non tutte le gocce annegano però con la stessa gravità: alcune se ne infischiano e cadono svelte e agili e storte, altre rimangono sospese, si allungano e diventano lacrime; poi tutte rompono a terra e rimbalzano sotto i tacchi. Nuovo sommesso Lucrezio, Francis Ponge cataloga la diversità delle cose in un quaderno di esercizi che cela la profondità sulla superficie multiforme del mondo. Poeta che scrive in prosa, Ponge descrive gli oggetti fuori da ogni abitudine percettiva. La scrittura parte dalla cosa e torna carica di tutto l’umano di chi vi si è indaffarato sopra. L’esercizio della pelle convince che non ci sono idee prima delle cose. L’epifania del senso rassomiglia allo scardinare il mondo testardo dell’ostrica, come se l’uomo uscisse da se stesso per provare ad essere cosa. La voce degli oggetti si guadagna al prezzo di dita tagliate; l’esattezza segue da un rovello di esperimenti falliti e ferite che non si rimarginano. Ma d’improvviso esistere diviene un’esperienza molto intensa: se la parola è intesa come un incessante inseguire l’infinita varietà delle cose, si ristabilisce la diversità dell’una dall’altra e la diversità di tutte da noi. La persistenza del mondo si misura per Ponge in margine alle sue forme più contingenti e minute e asimmetriche. L’illimitato entra sulla pagina goccia a goccia e per granelli: il mare è descritto attraverso i suoi bordi, mentre schiuma su roccia o impasta di sabbia, nella pazienza delle onde di andare e di venire. L’afflato cosmico è nel bagliore del mondo prima di qualsiasi occhio: che cosa vi avviene o avvenne o avverrà? La vertigine è che le cose bastino a se stesse e alla loro fragilità. Come la farfalla, petalo in soprannumero maltrattato dal vento, che arriva sempre troppo tardi e può solo costatare i fiori sbocciati.

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Francis Ponge

(Montpellier 1899 - Bar-sur-Loup 1988) poeta francese. Alla sua prima raccolta di versi e prose, Dodici piccoli scritti (Douze petits écrits, 1926), seguirono Il partito preso delle cose (Le parti pris des choses, 1942), forse la sua opera più nota, e Cristalli naturali (Des cristaux naturels, 1950), opere poi riunite nel volume La grande raccolta (Le grand recueil, 1961), seguito da una Nuova raccolta (Nouveau recueil, 1967). In Dieci corsi sul metodo (Dix-cours sur la méthode, 1946) e soprattutto nel saggio dedicato a Malherbe (1965) espose i principi della propria poetica del «partito preso delle cose» come pratica di rifondazione di un linguaggio aderente alla realtà oggettuale. P. ha scelto l’oggetto; l’uomo può solo osservare e descrivere con lucidità la cosa in se stessa, nella sua...

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