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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2017
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
E' uno di quei libri a cui mi sono avvicinata con una serie di aspettative che sono state disattese durante la lettura. Il finale sembra un colpo di scena, ma credo nasconda una certa mancanza di originalità. I personaggi sono ben tratteggiati (il personaggio di Ambra è, a dir poco, insopportabile...), e alcuni capitoli sono veramente ben scritti: visionari e accattivanti, altri (quello in forma poetica, ad esempio) sono troppo sperimentali. Nel complesso è una lettura che consiglio. Diciamo che rappresenta bene, senza troppe digressioni sociologiche, il malessere famigliare e il vuoto interiore di due generazioni.
questo libro ha tutta una serie di problemi, a partire dal titolo. che magari era difficile da tradurre letteralmente, però non andava stravolto così (che poi è il motivo per cui l'ho comprato in irlanda e l'ho letto in inglese non pensando di averlo comprato già a Roma). Si chiama "the accidental", e il titolo originale rende di più. la traduzione è strana, eppure adoro la traduttrice, che gli altri romanzi della smith li ha resi perfetti. e anche l'altro racconto della smith, quello sui serpenti, letto al festival della letteratura a Massenzio. detto questo. Il romanzo è sperimentale, fa una cosa difficilissima: rende i personaggi malissimo, e poi benissimo, li cambia. stravolge la trama, i punti di vista. fa innamorare ciascuno in modo diverso. gradi diversi di attrazione. personaggi che si trasformano, si avvicinano o allontanano. il capitolo perfetto è il secondo, quello sul fratello, mentre non amo quello scritto in forma di poesia, troppo troppo sperimentale.
Ricercando i difetti. Questo romanzo potrebbe averne alcuni. O forse, più semplicemente, solo uno. La trama gracile. Sulla carta trita e ritrita. Un argomento, per dirla in linguaggio medico, che ha fatto letteratura. Ma Ali Smith riesce a rendere il tutto, in maniera assolutamente nuova. Intanto ogni personaggio ha il proprio capitolo. In monologo. In purissima prima persona. La Smith usa uno stile che cerca di stupire il lettore, prendendolo di sorpresa. E ad ogni monologo, s’inventa un espediente che rinnovi il linguaggio, facendo uso di un’ironia e di un gusto dell’umorismo che è ormai la cifra di parte del nuovo romanzo angloamericano. Effervescente. Sì, può rendere l’idea. Effervescente la scrittura della Smith. Che s’inventa un finale sulla carta a sorpresa, ma che in realtà si poteva immaginare. Con la giusta dose di fantasia.
Recensioni
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Un romanzo che mette a nudo il malessere nascosto di una normale famiglia borghese dei nostri tempi. L'autrice scozzese, Ali Smith, era già approdata in Italia con Hotel World (minimum fax, 2004), finalista al Booker Prize, in cui le voci e i destini di cinque donne si intrecciano in un tour de force narrativo e linguistico. Anche Voci fuori campo sorprende con la continua invenzione stilistica, ai limiti di un virtuosismo mai fine a se stesso e il lavoro sul linguaggio, abilmente reso dalla traduttrice Federica Aceto. È questa forse la cifra più caratteristica dell'autrice, al meglio proprio nell'alternanza di voci e stili disparati, che aderiscono ai personaggi sempre in maniera convincente, mantenendo però una distanza di sicurezza e un'ironia che permette a chi scrive di osservarli da lontano. Con tre raccolte di racconti e tre romanzi Ali Smith è oggi certamente tra le voci più stimolanti del romanzo in lingua inglese.
Una famiglia in vacanza: la madre, scrittrice commerciale di successo, i due figli adolescenti, e il nuovo partner di lei, docente universitario che colleziona coiti veloci con studentesse e commesse, facili prede della sua coazione. In campagna, mentre lei tenta di impegnarsi su un nuovo libro, lui è libero di inseguire le sue tristi avventure. Nel frattempo, i due ragazzi si annoiano mortalmente: Astrid, undici anni, esce di casa ogni mattina con la videocamera per filmare le albe, tutte uguali, mentre Magnus, diciassette anni, sta quasi sempre chiuso nella sua stanza a rimuginare una sua pena segreta, il senso di colpa per il suicidio di una compagna di scuola. Nessuno comunica con l'altro. Frustrazioni, angosce, aspettative restano suggellate in capitoli-monologhi in cui ciascuno parla come a se stesso dando voce alle proprie ansie segrete. Tutto banalmente normale.
All'improvviso, a interrompere questo normale flusso degli eventi, irrompe il caso ( The Accidental , il titolo originale, allude propriamente all'imprevisto), l'arrivo di una sconosciuta dall'accento scozzese. Ambra, una strana ragazza dai modi bruschi e dal fascino insinuante, si installa in casa senza alcuna spiegazione. I vari membri della famiglia ne saranno rapidamente soggiogati e faranno a gara per conquistarla sottraendola agli altri. Nel corso del suo breve soggiorno, Ambra sconvolgerà la vita di tutti uscendo poi di scena così come era arrivata, ma lasciando ognuno a confrontarsi con un vuoto incolmabile. L'equilibrio fittizio della famiglia si è incrinato. I singoli personaggi sono più soli e disperati ma forse più consapevoli dei propri limiti e bisogni.
L'impianto della storia non è nuovo, e l'autrice stessa dà un indizio della sua fonte nel prologo del romanzo, in cui Ambra si presenta e racconta di essere stata concepita in un cinema dove si proiettava un film con Terence Stamp, l'attore che nel film di Pasolini Teorema (1968) impersonava l'Ospite misterioso arrivato a sconvolgere la famiglia di un industriale milanese. Al pari dell'Ospite pasoliniano, Ambra è l'altro al cui confronto ognuno perde le sue false sicurezze, l'altro che mina e insidia l'identità. Irriverente, irresponsabile, amorale, Ambra infrange ogni codice perbenista di linguaggio e di comportamento fino all'aggressività, riuscendo tuttavia a stabilire un contatto reale con ciascun membro della famiglia e a diventare il vero catalizzatore della storia.
Ali Smith rilegge con ironia e sense of humour le situazioni di Teorema , giocando su alcune trasformazioni di genere e di appartenenza, sostituendo ai borghesi del film di Pasolini due pseudo-intellettuali di oggi, per metterne a nudo l'inconsistenza e la vacuità. Ma dove i personaggi di Teorema , una volta abbandonati dall'Angelo tenebroso, affondavano ancora di più nel proprio malessere con esiti drammatici (da cui solo la serva, Laura Betti, si salvava recuperando una sua purezza originaria), quelli di Voci fuori campo , incapaci di uscire da sé e dal proprio individualismo, restano ancora più esposti e disarmati di fronte al nuovo imprevisto che li aspetta al ritorno a casa. Niente rivelazioni né colpi di scena. Il malessere è dentro di noi. Lì dove l'abbiamo sepolto fingendo che non ci sia. Tutto normale, sembra dirci Ali Smith, seducendoci con la sua prosa.
Paola Splendore
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