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La fine è geniale. Vale la pena leggere tutto il libro per leggere l'ultima pagina. E' lì che è racchiusa la genialità di questo testo. Suggerito.
...CHE DIRE, ADAMO ED EVA PRIMI ESSERI UMANI A CONTATTO CON LA REALTA' VERA E CONCRETA DELLA VITA...E' EMOZIONATE, FA TENEREZZA, E TI SI FORMA DENTRO ANCHE UN PICCOLO SENTIMENTO DI UNA NOSTALGIA ATAVICA!!
Provate a immaginare di trovarvi in un posto dove esiste solo eternità e perfezione, per poi esserne scacciati per avere mangiato il frutto proibito: è questo quello che ha fatto l’autrice nel suo libro, immedesimandosi nei suoi protagonisti. Dopo questo processo di umanizzazione, Adamo ed Eva non possono che apparire quanto mai vicini ad ognuno di noi, con la differenza che è ancora vivido nella loro memoria il ricordo (e il rimpianto) di un paradiso perduto troppo presto. E così si ritrovano a fronteggiare la fame o il dolore senza potersi avvalere della nostra grande alleata che è l’esperienza (propria o degli altri) e in molti casi improvvisano o si lasciano guidare dall’istinto. Proveranno cosa vuol dire scegliere, uccidere per sopravvivere, amare o vedere morire un figlio, ucciso per gelosia dall’altro figlio. In più di una situazione accorrerà in aiuto di Eva (la più curiosa dei due e quella che non smette mai di porsi delle domande) il serpente, sibillino e sobillatore, ma talvolta anche chiarificatore di un disegno troppo grande, per essere compreso. Un libro quanto mai attuale, vicino al nostro modo di pensare, soprattutto per gli interrogativi sparsi nel testo e a cui ogni lettore può dare una personale risposta.
Recensioni
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Non è la prima volta che uno scrittore si cimenta con l'ambizioso progetto di riscrivere le prime pagine della Bibbia. Come nel caso del romanzo L'infinito nel palmo della mano, la Genesi era stata oggetto dell'attenzione di Mark Twain, al momento di scrivere Il diario di Eva (1906; Feltrinelli, 1983). Viene spontaneo domandarsi la ragione di una simile revisione, operata su un capolavoro assoluto della letteratura sacra. Leggendo le pagine della narratrice e poetessa nicaraguense, è facile pensare che Gioconda Belli sia stata mossa a compassione dalla coppia che esce vergognosa e triste dal giardino dell'eden, come se le rappresentazioni dolenti di Michelangelo e Masaccio non fossero le più adeguate per ricordarli. L'immagine biblica di Adamo ed Eva, cacciati dal paradiso terrestre, si disperde in un susseguirsi di nomi che ne mostra la discendenza e al tempo stesso ne determina l'uscita di scena. Come parte del castigo, le loro carni e le loro parole sono occultate dal passaggio fondamentale della nascita della storia, l'inizio della stirpe umana. L'ostracismo è parte della punizione che li trasforma in simboli del male perché nega loro il corpo. Nell'effigie di Maria che calpesta il serpente dei culti religiosi precristiani, Eva, la nemica sconfitta, non è presente se non per un richiamo oppositivo. Ombra oscura, grande assente. Gioconda Belli ha voluto restituire alla prima coppia il ruolo di protagonisti, attraverso la narrazione dei primi giorni del mondo, in una sorta di compendio e ampliamento ideale dei vangeli apocrifi, testi che l'autrice riconosce come fonte di ispirazione e documentazione.
L'infinito nel palmo della mano è l'opera che consacra il successo di Gioconda Belli. Il premio Biblioteca Breve della casa editrice catalana Seix Barral, di cui il romanzo è stato insignito del 2008, è storicamente un evento fondamentale nella vita degli scrittori ispanoamericani. Per Mario Vargas Llosa, che lo aveva vinto nel 1962, fu il ponte che consentì la diffusione delle sue opere da questa parte dell'oceano, ma l'importanza dell'evento fu enorme soprattutto perché aveva aperto le porte agli autori del continente. Nel caso di Gioconda Belli, l'assegnazione del premio non svolge il ruolo di promozione di un volto nuovo, ma conferma il successo del suo percorso editoriale in Europa. In Italia, dopo una lunga permanenza con la casa editrice e/o, nel 2007 l'autrice passa a Rizzoli, per approdare, con quest'ultima opera, al marchio che pubblica anche le opere di Isabel Allende. Stupisce, in questa fase più recente, la sostituzione della traduttrice e promotrice storica, Margherita D'Amico.
I lettori di Gioconda Belli riconosceranno facilmente l'intenzione di riscatto della figura femminile che il nuovo romanzo propone attraverso l'immagine di Eva, curiosa e istintiva, che risponde con saggezza innata alle esigenze del piano predisposto da Elhoim su di lei e sulla sua discendenza. Secondo un'ininterrotta linea di coerenza, la figura biblica condivide con le eroine a cui l'autrice ci ha abituati la vocazione iconoclasta nei confronti delle consumate abitudini della tradizione patriarcale. Un personaggio mitico equivale in questo senso a un personaggio storico, come nel caso del precedente romanzo, La pergamena della seduzione (ed. orig. 2005, trad. dallo spagnolo di Margherita D'Amico, pp. 383, 18,50, Rizzoli, Milano 2007). Qui la struttura ripropone il gioco di specchi di La donna abitata (1988; e/o, 1995), opera che custodisce il valore dell'esperienza autobiografica di militanza nel Fronte sandinista dell'autrice. Ancora una volta, due donne di epoche diverse, colte in un momento cruciale della loro esistenza, vivono con coraggio la loro situazione e si confrontano con il loro tempo, fondendo i loro destini. Questa volta Belli riscatta la figura controversa di Giovanna la Pazza, figlia di Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona e sposa di Filippo il Bello attraverso l'esperienza della giovane Lucia, che ai giorni nostri ne sussume lo spirito e l'identità. Revisione del mito o della storia, i temi e le modalità non cambiano. Pregi e difetti di una formula vincente, che al momento della conquista del successo editoriale accetta la reiterazione di un messaggio forse un po' consumato, ma capace di attrarre il grande pubblico.
Eva Milano
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