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Ora o mai più - Nadine Gordimer - copertina
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Descrizione


Sudafrica del dopo apartheid. Jabu e Steve hanno vissuto in prima linea la Lotta al vecchio regime, pagando con il carcere e la clandestinità un impegno politico che è un imperativo morale. Lei nera, zulu, cresciuta in un villaggio tribale, lui bianco di famiglia benestante, Jabu e Steve abbracciano la differenza e si sposano quando ancora i matrimoni misti sono illegali. Ma come riconciliare l'esperienza di una normalità prima impensabile con la realtà di una giovanissima democrazia afflitta da povertà, violenza, tensioni sociali e già inquinata da corruzione, scandali e giochi di potere? Accettare la disillusione degli ideali e scegliere l'emigrazione è davvero l'unica soluzione percorribile? E in questa nuova realtà, come riconciliare le scelte private con l'impegno politico?
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Dettagli

2012
21 novembre 2012
428 p., Brossura
9788807019203

Valutazioni e recensioni

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Ilaria
Recensioni: 3/5

Una sola parola delusione e tanta noia.E'uno di quei libri che creano alte aspettative e non mantengono le promesse in questo caso le premesse. L'argomento è oggettivamente interessante una coppia mista nell'africa post apartheid ma la scrittura ostica al punto giusto e poco coinvolgente disamora. Alla fine sembra di assistere ad una crisi di coppia normalissima che fugge dai suoi problemi con il miraggio di vivere in una terra straniera e come contorno gli scontri politici del Sudafrica

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Voce della critica

"Siamo testimoni di una re-codificazione planetaria di situazioni di miseria, indebitamento e inoperosità forzata. Oggi, i neri pagano ancora il costo delle speculazioni razziali di ieri, senza le quali i privilegi dei bianchi sarebbero solo un miraggio. Il prossimo decennio vedrà crescere il conflitto tra la logica di mercato e la democrazia, tra la legge di proprietà e la legge di povertà. La capacità dello Stato del Sudafrica di mediare tra i diritti dei senza-proprietà e i requisiti per l'accumulo di capitale saranno messi a dura prova". Questo stralcio dalle riflessioni di Achille Mbembe, uno tra i più brillanti intellettuali del Sudafrica, pubblicato dal "Mail and Guardian", non è affatto rassicurante, come non è rassicurante l'ultimo romanzo di Nadine Gordimer, il cui titolo originale lamenta che al peggio non c'è mai fine: No time like the present. A luta continua. Diciotto anni dopo l'inizio della nuova era per il Sudafrica, questa ingiunzione suona strana, quasi assurda. Quale lotta? Per che cosa? E in nome di chi? L'ultimo romanzo di Nadine Gordimer – la scrittrice ha dichiarato che non scriverà più, è "troppo faticoso" alla sua età – è la summa di tutto. Speranze e disillusioni. Il romanzo, questo scritto, il lascito al suo paese e al mondo, è punteggiato, come un dizionario, da tutti i termini chiave che hanno segnato le svolte storiche nel Sudafrica durante e dopo l'Apartheid. Il primo: Immorality Act, ormai sepolto dietro il matrimonio di Steve e Jabu, lui bianco, ebreo, e lei nera, figlia di un pastore metodista zulu. Oggi le unioni miste sono legali, ammesse dalla nuova Costituzione, unanimemente ritenuta la migliore al mondo, a cui spesso nel romanzo ci si appella come unica ancora di salvezza. I due protagonisti hanno una bambina piccola, Sindiswa, e per lei decidono a malincuore di andare ad abitare in un nuovo centro residenziale, pattugliato da sorveglianti della vecchia guardia delle spie di regime, impisimpis, dove già vivono loro ex compagni di lotta, attivisti politici dell'Umkhonto we Sizwe. L'acquisizione di uno stile di vita altoborghese contro il loro passato rivoluzionario è solo il primo dei compromessi (o sono tradimenti?) che si trovano a dover affrontare. Nella ricostituita comune, tuttavia, si uniscono al gruppo di coppie gay che vivono in una casa con piscina, anch'essi nuovi cittadini grazie alla Costituzione che ne difende i diritti. Tutti vivono con apprensione i cambiamenti portati dal nuovo clima politico dopo la sconfitta di Thabo Mbeki alla terza campagna elettorale che porterà al potere Jacob Zuma. Nadine Gordimer, scrittrice bianca, forse oggi poco ascoltata nel suo paese, si prende la libertà di chiamare i politici neri per nome e cognome, ricorda i capi d'accusa sotto i quali sono stati processati e le sentenze di assoluzione che hanno concesso loro l'ascesa al potere. Thabo Mbeki, fedele compagno di Mandela, un intellettuale dalla retorica altisonante, ricca di citazioni letterarie dai poeti inglesi, irlandesi, uomo capace di comprendere che il paese, i neri del paese, hanno bisogno di unità, integrazione per avere un peso politico come africani nel mondo. Scivolato, però, sul mancato riconoscimento della gravità dell'epidemia di Aids, sino alla soglia del ridicolo. Dopo di lui, corruzione: tangenti per forniture d'armi; stupro: assoluzione. Alcuni gridano al complotto per impedire che Jacob Zuma divenga presidente dell'Anc, letteralmente "la lancia del paese" e di conseguenza, presidente alle nuove elezioni politiche. Tra questi il padre di Jabu, pastore della chiesa, preside della scuola, l'uomo illuminato che aveva spedito la figlia a studiare oltre confine perché potesse acquisire la stessa educazione dei bianchi, che le faceva arrivare libri in carcere con le parole sottolineate a formare frasi tra le pagine, che l'aveva mandata a scuola prima del fratello maschio contravvenendo alle leggi consuetudinarie, ora la tradisce, tradisce l'avvocatessa e difende Zuma, a lui inneggia come al presidente dei neri del Sudafrica. E come biasimarlo? Se per anni la lotta di chi è morto, di chi è stato torturato, di chi ha visto scomparire amici, compagni, parenti per la causa che aveva come obiettivo portare al governo i neri, finalmente, quei compagni che erano stati in carcere come Mandela, come Zuma? E, intanto, l'alfabetizzazione è ancora scadente, gli studenti arrivano all'università con un "baratro di istruzione carente": la riforma sull'istruzione è solo burocratico-lessicale, gli studenti sono "candidati" e gli esami forniscono "esiti". Il Black Empowerment, una prassi politica che prevede il miglioramento delle condizioni dei neri, anche detto "Discriminazione positiva", consente ai neri di essere ammessi all'università con titoli di studio inferiori a quelli richiesti agli studenti meticci, indiani o bianchi. Xenofobia è il nuovo risvolto sociale per cui gli immigrati africani, neri, dal Congo, Zimbabwe, Somalia, Nigeria, sopravvivono sui marciapiedi davanti alle chiese, in campi improvvisati di rifiuti e macerie, chiedendo elemosina, aiutando a parcheggiare auto, o ricorrendo alla violenza, quando questo quasi niente viene loro negato. In nome della filosofia dell'Ubuntu, secondo cui il benessere di uno comporta il benessere di tutti, non sono più africani, fratelli, profughi o rifugiati, bensì stranieri da respingere. Come conciliare, poi, le leggi consuetudinarie della tradizione che escludono le donne dal diritto alle pari opportunità anche solo in termini di eredità con la nuova e moderna Costituzione? Questa è la sfida che si presenta ai giuristi, gli avvocati neri, cui è affidato il compito di ricucire un paese, là dove la Commissione per la Verità e la Riconciliazione non è riuscita a compensare. L'Anc si spacca e nasce un nuovo partito il Congress of the people, Cope, contrario alla Discriminazione positiva, contro Zuma. Per chi votare? Nazionalizzare le miniere diviene una priorità politica, ma solo per alcune frange. Intanto in alcune scuole e università si denunciano atti di violenza e umiliazione razziale inauditi. Agli incroci automobilisti vengono menomati da colpi di pistola che accompagnano tentativi di furti d'auto. La vita non ha prezzo in Sudafrica e la violenza rimane endemica, risultato della "violenza strutturale": così la scrittrice xhosa Sindiwe Magona caratterizza la storia del Sudafrica. Australia: persino questo è un nuovo termine nel vocabolario sudafricano. Il paese più vicino per condizioni climatiche e caratteristiche paesaggistiche in cui poter emigrare; anzi per il "trasferimento", come indica il gergo burocratico dei volantini pubblicitari che promettono consulenze a pagamento per meglio consigliare i futuri esuli a vita. Un tempo, il trasferimento era quello dei neri nelle "locations", ghetti, e l'"esilio" era quello dei dissidenti politici e degli intellettuali ai quali il governo concedeva il passaporto di sola uscita dal paese e che sono potuti rientrare solo dopo i primi anni novanta. L'ultima spiaggia per chi ha creduto nella lotta. Peccato che in questo romanzo, eccessivamente verboso, non esista alcun modello positivo. I vecchi cliché si ripetono, la borghesia bianca è ancora lì a fare battutacce su coppie miste e gay, lo stesso Steve si comporta come il "professore al congresso" dei romanzi di Lodge. In verità, Gordimer tace su una nuova classe di intellettuali e accademici che si sono costituiti in una vera avanguardia e hanno un preciso programma di rinnovamento culturale, politico ed estetico. Si tratta del gruppo del Johannesburg Workshop in Theory and Criticism promosso da Achille Mbembe, storico camerunese, da Sara Nuttal critica letteraria, i coniugi Jean and Jhon Comaroff, storici ed economisti, Ato Quayson, ganiano direttore del centro studi su emigrazione e diaspore a Toronto, Arjun Appadurai noto antropologo sociale indiano, e poi fotografi, architetti, urbanisti e artisti che utilizzano piattaforme online di dibattito democratico come blog e la rivista "Johannesburg Salon". Questa vivace e non necessariamente giovanilistica avanguardia si propone di far conoscere i valori estetici e culturali del Sud del mondo e allo stesso tempo promuove un nuovo canone di pensiero che ribalta i presupposti del capitalismo e della sociologia occidentali. Di questo fervore culturale non c'è traccia nel romanzo di Gordimer, ma di una testarda e ostinata necessità di resistere, sì. Carmen Concilio

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Nadine Gordimer

1923, Springs-Johannesburg (Sudafrica)

Scrittrice sudafricana, autrice di romanzi e saggi, vincitrice del Booker Prize nel 1974 e del Premio Nobel per la letteratura nel 1991, si legge nella motivazione della giuria, «esser stata di enorme beneficio all'umanità grazie alla sua scrittura magnifica». Nel gennaio 2007 le viene assegnato il Premio Grinzane Cavour per la Lettura e ricopre la carica di Goodwill Ambassador of the United Nations. Figlia di un ebreo russo e di una ebrea inglese, ha dedicato la propria vita tanto alla letteratura quanto alla lotta contro l'apartheid. Con la sua opera, spesso bandita in patria, e con un'ininterrotta attività culturale, sociale e politica, ha rappresentato una vigile presenza critica all'interno del suo sofferente paese.  Tra i suoi libri: L'aggancio, Un'arma...

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