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Pulp. Una storia del XX secolo - Charles Bukowski - copertina
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Pulp. Una storia del XX secolo

Descrizione


Depresso, appesantito da una pancia ingombrante, il conto in rosso, i creditori sempre alle porte, tre matrimoni alle spalle, Nick Belane è un detective, "il più dritto detective di Los Angeles". Bukowski gioca con un vecchio stereotipo e vi aggiunge la sua filosofia di lucido beone, il suo esistenzialismo da taverna e un pizzico di cupa, autentica disperazione. I bar, le episodiche considerazioni sul destino, il cinismo, l'ormai sbiadito demone del sesso, il fallimento preofessionale ed esistenziale, insieme alle mere invenzioni narrative, diventano il "pulp" del titolo. Lontano dalle atmosfere tenebrose delle ordinarie follie, il testamento spirituale di uno scrittore che non ha mai esitato a immergersi nel degrado della società contemporanea.
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Dettagli

13
2003
Tascabile
2 marzo 2009
184 p.
9788807813641

Valutazioni e recensioni

3,83/5
Recensioni: 4/5
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Q.Z
Recensioni: 4/5
Vita abusata

Formule di vita abusata, uomini-spugna, esistenzialismo quotidiano ed esplicito, tormenti, depressione torbida sono gli elementi che Bukowski fonde per redigere un'opera top, a tutt'oggi insuperata: "Pulp. Una storia del XX secolo". Il detective Nick Belane è gravato da mille problemi: bancarotte economiche e sentimentali, situazioni sconclusionate, schifo routinario. Nonostante tutto la spiritosaggine è palpabile, mentre si schernisce la morte e si esorcizza la paura di vivere. Degenerazione e decadenza, eccesso e marciume della società globalizzata sono analizzati con uno sguardo empirico, non distaccato né accusatorio.

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pokerino
Recensioni: 5/5

Per quanto riguarda lo stile, Bukowsky non è esattamente “il mio tipo”. Molto spesso volgare anche quando non ce ne sarebbe bisogno, lo stile mi ha lasciato sorpreso come, immagino, tutti quelli che per la prima volta si sono avvicinati a Bukowsky. La sua ironia è pesante ma si colloca bene nelle improbabili disavventure di Nick Belane. Nick stesso lascia il lettore basito! E chi mai vorrebbe come protagonista un 55enne beone, con il vizio delle scommesse e, come se tutto ciò non bastasse, anche in sovrappeso? Beh Bukowsky sì! E, anche solo per questo, merita tutto il mio rispetto.

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DreDre
Recensioni: 3/5

Come mio primo libro acquistato di Bukowski devo dire che mi ha un po’ delusa..tutto sommato proseguendo nella lettura la storia acquisisce una certa consistenza e non mi è dispiaciuto anche a se mi aspettavo di più. Sicuramente comprerò gli altri titoli di questo autore.

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Recensioni

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Voce della critica

GREEN, GEORGE DAWES, Il giurato, Baldini & Castoldi, 1995
BUKOWSKY, CHARLES, Pulp, Feltrinelli, 1995
recensione di Papuzzi, A., L'Indice 1995, n. 5
recensione pubblicata per l'edizione del 1995

Ottocento milioni di diritti sulle vendite, due miliardi e mezzo per la cessione dei diritti cinematografici: sono le cifre dell'ultimo mago del thriller americano, George Dawes Green, autore di "The Juror". Come ha scritto Romano Giachetti sulla "Repubblica" da New York, Green batte la pista di Grisham ("Il socio", "Il cliente") ma con delle ambizioni letterarie, testimoniate anche dal suo precedente e unico libro, "The Caveman's Valentine", che però gli ha reso soltanto una settantina di milioni. L'idea è di rappresentare, attraverso il thriller, un antico dilemma: se la legge morale che dobbiamo riconoscere sia ancorata a degli ideali o non sia quella della sopravvivenza.
Ma la forza del "Giurato" è senza dubbio la straordinaria tensione che avvolge il lettore, seguendo la vicenda di Annie Laird, donna normale, senza marito, con un figlio dodicenne, che accetta di entrare nella giuria di un processo contro il mafioso Louie Boffano efficacissimo ritratto di John Gotti, ma viene prescelta da un collaboratore del boss, Vincent o il Maestro, come il punto debole su cui fare leva per convincere l'intera giuria a emettere un verdetto di non colpevolezza. Se non lo farà avrà perduto il figlio. È questo eterno conflitto - la legge del più forte contro le regole della convivenza - a innescare l'escalation di minacce e di paura che è il cuore d'acciaio del thriller.
Che cosa rende emozionante la suspense? L'ambiguità dell'oppressore. Vincent o il Maestro è uno psicotico che controlla la propria psicosi attraverso una razionalità gelida e feroce, alimentata dai pensieri di Lao Tze, perfida esemplificazione di come il taoismo possa rovesciarsi nel suo opposto. L'ambiguità di Vincent si riverbera in un maniacale sdoppiamento della personalità, che gli fa assumere diversi volti, sempre superiori e affascinanti, al punto da riuscire a far innamorare di sé la sua vittima. Ancora una volta carnefice e oppresso sono legati da un groviglio di sentimenti, in cui l'odio non esclude la complicità. Perché Annie Laird non è un'eroina: è una donna che vuole salvare il figlio e che vede lentamente e irrimediabilmente distrutte le sue difese di fronte alla mostruosità di una minaccia che pagina dopo pagina diventa sempre più invadente, come un enorme occhio cresciuto a dismisura dentro la nostra più segreta intimità.
Naturalmente bisogna che anche il lettore sia complice. Come spesso capita col nuovo thriller americano, i meccanismi dell'agguato non sono impeccabili dal punto di vista della consequenzialità dell'azione. In questo "Giurato" il punto meno convincente è il comportamento dell'ispettore di polizia, che arriva a un passo dalla verità senza riuscire ad afferrarla e che si rivela anche umanamente disastroso. Ma in questa chiave è assolutamente funzionale sia allo sviluppo della tensione, sia alla struttura del romanzo, in cui l'individuo deve riconoscersi desolatamente solo, disperatamente solo, di fronte al Male. Anche se sarà la solidarietà a salvare Annie Laird. Ma non nell'America violenta di Vincent o il Maestro.
Se vi sembrasse di esagerare nella complicità coi thriller, allora leggetevi il "Pulp" di Bukowski, così come i maratoneti si facevano il cambio del sangue. Titolo perfetto: 'pulp', polpa, qualcosa di carnoso o vegetale in cui si può affondare. Ti sembra di morderlo ma è lui a risucchiarti. Come accade a Nick Belane, l'investigatore privato "più dritto di L. A.", ciccione navigato, bevitore impunito, picchiatore alla Spillane, grottesco distillato di tutti gli stereotipi del "private detective", da Hammet a Chandler ai giorni nostri, gli occhi gonfi, la bocca impastata, il sigaro masticato, tante donne che incendiano l'aria e nessuna nel letto, e così via.
Poeta e narratore, anni settantacinque, ossessivamente autobiografico, un Henry Miller senza letteratura, Bukowski è diventato un culto in Europa, come si sa, a partire dalla fine degli anni settanta. Naturalmente questo libro non è un poliziesco, ma usa il genere per raccontare di nuovo una delle sue dirompenti "Storie di ordinaria follia" (titolo del libro che lo fece conoscere in Italia nel 1975). Tuttavia oserei dire che l'esplosivo impasto in cui si dimena il povero Nick Belane, fra gangster, sgualdrine, ricattatori, replicanti, vero bazar degli archetipi del poliziesco, contiene anche la giusta miscela di tradizionale suspense: insomma vuol sapere come andrà a finire.
Ma la forza del romanzo è un linguaggio che esaspera il lessico del poliziesco, con effetti esilaranti, senza tuttavia togliere agli stereotipi la loro suggestione di vecchi compagni di buone letture. Preso di mira è naturalmente soprattutto il poliziesco hard, il Mike Spillane, per capirci, di "Ti ucciderò", ma anche la vena romantico-decadente del "Grande sonno". Non resta che esemplificare.
Donne. "Cominciai a guardarle su per le gambe. Mi sono sempre piaciute le gambe. È stata la prima cosa che ho visto quando sono nato. Ma allora stavo cercando di uscire. Da quel momento in poi ho sempre tentato di andare nell'altra direzione, ma con fortuna piuttosto scarsa". E ancora: "Bambola quello non è un didietro! È un camion pieno di gelatina, marmellata e fagottini di mele!".
Duri. "Non mi piace che tu te la prenda con mia madre". "Perché no? Se la sono presa metà degli uomini di questa città".
Dialoghi. Lui: "Non ti preoccupare, ti inchioderò il culo". Lei: "Come investigatore privato ti mancano tre cose". Lui: "Quali?". Lei: "Grinta, iniziativa e capacità di indagine". Lui: "Ah si? Be', ho capito il tuo gioco bambola".
Pistole. "Controllai la fondina. C'era. Nascosta. La migliore erezione che possa avere un uomo".
Impotenza. "Dovevo risolvere la questione da solo. Ma sembrava maledettamente difficile. Forse avrei dovuto non pensarci più per un po'". Oppure: "Mi sentivo introspettivo. Decisi di non fare più niente, quel giorno. La vita ti consumava, ti faceva dimagrire. Domani sarebbe stata una giornata migliore".
Superego. "Ero solo con me stesso. Per quanto fossi disgustoso era meglio che stare con qualcuno, con qualsiasi altro, tutti quelli che là fuori stavano combinando i loro piccoli trucchi e facendo i loro salti mortali. Mi tirai le coperte fino al collo e aspettai".
'Weltanschauung'. "Niente da fare. Tutti restavamo fregati. Non c'era nessun vincitore. Solo vincitori apparenti. Stavamo tutti dando la caccia a un grandissimo nulla".
Naturalmente c'è una fine. Dopo tante risate, è una fine straziante. Ma non se ne parla, è un giallo: "Palle al vento. Ero Nick Belane, investigatore superdritto".

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Conosci l'autore

Charles Bukowski

1920, Andernach (Germania)

Poeta e scrittore statunitense di origine tedesca.Vissuto in America dall'età di tre anni, pubblica il suo primo racconto quand'è ancora molto giovane, ma rimarrà a lungo nell’ombra, dopo quella prima prova, svolgendo nel frattempo mille lavori per sopravvivere, e conducendo una vita disordinata e drammatica. I suoi racconti, così come d'altra parte anche romanzi e poesie, muovono quasi sempre da uno spunto autobiografico.La vita di Bukowski è stata segnata dall'alcolismo, da una grande promiscuità sessuale (che nei suoi libri è descritta realisticamente e senza eufemismi) e da molte difficoltà relazionali con le donne e gli uomini con i quali ha a che fare. La corrente letteraria a cui spesso viene associato è quella del...

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