L' abito di piume

È il libro che mi ha fatto innamorare di Banana Yoshimoto, quindi mi sento di consigliarlo a tutti

Se pensiamo al Giappone la prima immagine che la nostra mente proietta è quella del kimono: questo perché ogni cultura ha i propri simboli, oggetti tradizionali e riti, con i quali la cultura altra la identifica. La scelta del titolo svela già la delicatezza del tema: Hagoromo, letteralmente “abito di piume”, è una sorta di kimono leggero indossato da angeli mitologici, figure di donne ancestrali. Probabilmente è a questa donna – angelo a cui aspira la protagonista, Hotaro, una giovane di provincia che si è trasferita a Tokyo, dove ha avuto una relazione forte e clandestina con un uomo sposato, un’esperienza sentimentale e di vita che le ha stravolto l’esistenza, fino a farle abbandonare la capitale per tornare al suo paesello tranquillo, tra gli affetti di sempre Eppure, quando rientra nel suo paese natale, si ritrova di nuovo sola, ad elaborare i suoi errori, a fare i conti con sé stessa; sua madre è morta da tempo ed il padre è all’estero per lavoro. Tuttavia, lo scorrere incessante del fiume che costeggia il villaggio le restituisce un’apparente serenità, che la predispone a fare incontri magici. Infatti, è proprio lungo il fiume durante una passeggiata Hotaro va incontro al suo destino, iniziando così la vera catarsi: incontra Mitsuru, un ragazzo che pensa di aver già conosciuto, magari in una vita precedente. Tuttavia, il mistero intorno a questo ragazzo si infittisce e per risolverlo la nostra protagonista ha necessità di chiedere consiglio a persone che hanno sempre vissuto lì: ne parla allora con sua nonna, l’unica parente rimasta nel villaggio, e con la sua amica del cuore Rumi, una ragazza molto sensibile e per questo la più adatta ad indagare sulle questioni di cuore. Invece, il mistero che nasconde l’incontro tra Hotaro e Mitsuru è tutto ancora da scoprire, pagina dopo pagina. Un romanzo sentimentale avvincente, che ci riporta ai primi amori, all’adolescenza, alla leggerezza della gioventù.

Nulla di eccezionale, come del resto scrive anche l'autrice del proprio romanzo nel postscriptum. Lettura leggera a scorrevole senza particolari colpi di scena. Piacevole romanzetto estivo.