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Il libro è meno bello di altri di Simonetta Agnello Hornby, a partire da quello d’esordio, “La mennulara”, e il risvolto di copertina crea attese eccessive, promettendo una complessità al di qua della quale la narrazione si ferma. Pur scontando questa esilità, il racconto è però avvincente, e la scrittrice sa rivisitare con una certa grazia alcuni nodi della sua adolescenza, disegnando in maniera appropriata alcune figure, di altre invece lasciandoci rimpiangere lo stadio di abbozzo. Una certa freschezza conserva il lessico siciliano, sempre preciso e motivato, lontano dal manierismo di certo Camilleri. Migliori, comunque, le pagine su ciò che andava scomparendo rispetto a quelle incentrate sul sé ragazza.
Storia di una famiglia e di una città viste con gli occhi stupiti di un’adolescente che si affaccia al mondo cercando di capire quello che sta accadendo. Siamo nel periodo post bellico, quando la riforma agraria ed il boom economico-edilizio sconvolgono la società palermitana creando nuovi ricchi e mettendo in crisi la nobiltà dei grandi latifondisti, che da sempre traeva i mezzi per condurre una vita agiata non dal lavoro, non consentito dalla tradizione di famiglia, ma dalla rendita della proprietà terriera. Indimenticabili sono le descrizioni dei pranzi di famiglia e dei dolci preparati in casa sulla base di segrete ricette tramandate di generazione in generazione; c’è poi il piacere di stare in compagnia in tanti, come ama fare la gente del Sud, nei vari momenti della giornata: a ricamare, a giocare a carte, a prendere il caffè, sensazioni indimenticabili e non ritrovabili altrove. Eppure l’adolescente Simonetta sente che deve lasciare Palermo per andare a conoscere il mondo, anche se ama molto la sua città, come testimoniano le sue parole “…me la porterò addosso l’anima di Palermo dove vado, vado”. No, non si può dimenticare una città dove si è vissuti così.
Un ottimo racconto, una narrazione ricercata e scorrevole che tratta del periodo di transizione da Agrigento a Palermo, descrivendo al contempo il contesto politico, sociale, culturale. La figura femminile viene messa in risalto come la parte "sana e fedele" di una società dove gli uomini potevano avere un'esistenza a parte e mafia e corruzione facevano capolino per non estirparsi mai più. Simonetta racconta se stessa, la sua famiglia (a tratti confusionaria e opprimente), la sua adolescenza, i suoi desideri e le sue aspettative descrivendo un mondo tanto vicino quanto lontano. Mi ha ricordato, in alcuni passi, la saga di Elena Ferrante.
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