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A chi crede che sia un libro sull'ecologia, su come raccogliere il pattume differenziato, su come risparmiare nei viaggi non inquinando dico: leggete queste poche pagine scorrevolissime,e corredate da ottime note che servono da ulteriore spunto per altre letture (fatta eccezione per interviste ed articoli di Le Monde) e capirete che si tratta di un buon libro "trasverzale" ...dalla politica ambientale, quella vera e concreta, fatta-di-fatti, alla guerra in Iraq ed agli affari d'oro delle lobby americane che sono le metastasi del Congresso Usa. Ai vizi dei megaricchi e ai piccoli errori quotidiani di ognuno di noi, per vivere in mondo SOSTENIBILE che significa "che può essere sostenuto=sopportato dall'ambiente e dalle future generazioni". Bello, e bravo il giornalista autore. Pieni voti.
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Impegnato da tempo nello studio sull'impatto ambientale delle dinamiche economiche in atto nel pianeta, il giornalista francese Hervé Kempf stila in questo volume un bilancio non proprio rassicurante sul sistema terra, azionando, nell'ambito di un'analisi organica della contemporaneità, un inquietante campanello d'allarme. Il libro ha conosciuto un grande esito in Francia, ma l'interesse delle tematiche affrontate è tale da renderlo esportabile in molti paesi.
L'autore sembra in primo luogo sfatare il mito plurisecolare della crescita sostenuta quale rimedio contro gli squilibri socio-economici della Terra. Il rituale celebrato intorno all'altare della produttività, d'altronde, accomuna il capitalismo all'ideologia socialista, dando oggi vita a forme ibride di organizzazione statuaria, come ad esempio la Cina, paese in cui convivono un ordinamento politico totalitario e un'economia fortemente orientata in direzione del libero mercato. Nel valutare le conseguenze della crescita non vengono contabilizzate, agli occhi di Kempf, le voci di bilancio in uscita, dovute ai costi in termini di degrado ambientale, quali ad esempio il surriscaldamento del pianeta e la crisi della biodiversità, che ha già provocato l'estinzione di numerose specie animali e in un futuro prossimo potrebbe minacciare pure quella umana.
L'emergenza ecologica è d'altra parte strettamente connessa a quella sociale, in quanto a fare le spese del degrado ambientale sono soprattutto gli abitanti dei paesi più poveri a causa di fenomeni quali ad esempio la desertificazione e la salinizzazione o, all'interno di quelli ricchi, le fasce di popolazione più marginali, relegate a vivere in ambienti malsani e a subire i contraccolpi dell'uso indiscriminato di sostanze inquinanti. Ne segue l'inevitabile corollario che ogni politica volta a contrastare gli squilibri di reddito non puó prescindere dalla questione ecologica.
Ma come procedere simultaneamente lungo tali linee direttive, all'apparenza antitetiche? La proposta di Kempf è originale e mette sul banco degli imputati il consumo sfrenato, il quale a suo avviso non è solo indotto dalle politiche persuasive attuate dalle imprese, ma assume pure la forma di quello che Thorstein Veblen, all'inizio del XX secolo, definiva consumo ostentativo. In tale ottica, il consumo cessa di essere volto alla soddisfazione dei bisogni dell'individuo, ma diventa una dovizia segnaletica del proprio status sociale. Esibire oggetti di lusso e di scarso valore d'uso permette infatti di distinguersi dai propri pari nella gerarchia sociale e di scimmiottare il comportamento delle classi superiori. Per Kempf, dunque, la riduzione delle disparità di reddito, oltre a comportare una maggiore democratizzazione dell'economia, ridurrebbe pure l'incentivo alla rivalità esibizionista e all'emulazione consumista, con la conseguenza di comprimere i consumi almeno quelli più superflui e costosi e di calmierare lo sfruttamento ambientale richiesto per la loro produzione.
Ma una redistribuzione equa della ricchezza è inevitabimente osteggiata dalle potenti oligarchie di regime, che hanno ampio accesso a mezzi di tutela dei propri interessi come i mass media e che, oltre a godere dell'appoggio dei partiti tradizionalmente portatori di istanze padronali, non sono più ostacolate nemmeno dalle alternative socialdemocratiche, le quali ormai hanno fatto propria l'ideologia del libero mercato. Inoltre, Kempf osserva come, in seguito al collasso dell'Urss, l'emergenza comunismo in nome della quale giustificare misure liberticide e politiche indiscriminate di sfruttamento delle risorse è stata sostituita, con il medesimo fine, dall'allarme terrorismo, opportunamente agitato e manipolato. Se non si promuove quindi un presidio permanente sulla questione ecologica e non si introduce un controllo democratico sull'impiego delle risorse naturali, il disastro sarà inevitabile e con esso avrà fine l'attuale era glaciale: quella della specie umana.
Il libro, ricco di spunti di riflessione e corredato da una vasta documentazione statistica, non è tuttavia privo di qualche caduta in generiche banalità di facile presa mediatica, con il rischio di scadere nel già detto. Inoltre, la tentazione pamphletaria, tipica di una certa saggistica francese, spinge talora a diluire il messaggio principale ossia l'emergenza ecologica nella pletora degli argomenti trattati e, impegnando il lettore su più fronti, di sviare quest'ultimo dalla questione cruciale che affronta, indirizzando la sua attenzione verso altre tematiche (come l'iniqua distribuzione della ricchezza) che, nell'intento dell'autore, dovrebbero invece limitarsi a un ruolo puramente funzionale e interlocutorio. Francesco Magris
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