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Anno edizione: 2021
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Tornano in libreria con Garzanti, a circa dieci anni dalla scomparsa, due volumi di Piero Camporesi, I balsami di Venere (1989), sulla cultura del corpo erotico nelle società preindustriali, e Camminare il mondo (1997), biografia del medico cinquecentesco Leonardo Fioravanti. Nella sua lunga carriera di studioso, Camporesi ha indagato soprattutto gli ambiti di mediazione tra la cultura d'élite e la cultura popolare. Autore di opere "senza carta d'identità" per una precisa vocazione antiaccademica, dopo essersi liberato "dalla sfera soffocante della letteratura dura e pura", Camporesi si è spinto nel territorio degli storici sociali, della mentalità e della cultura materiale, forte della persuasione che le fonti letterarie, in particolare quelle ricavate dalla letteratura minore che confina con la tradizione scritta, siano più significative delle fonti statistiche, amministrative, archeologiche, comunemente poste a garanzia di un'attendibile ricostruzione storiografica. Soltanto le fonti letterarie permettono di penetrare a fondo la logica interna di una società, perché portano con sé gran parte delle credenze e dei modi di pensare collettivi che determinano la struttura e l'agire sociali, come Camporesi dimostrava già a partire dall'introduzione alla Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene di Artusi (brillante indagine antropologica del documento letterario), confrontando i "gustemi" della cucina borghese ottocentesca con gli stilemi manzoniani.
L'efficacia dei risultati ottenuti con tale mutamento di prospettiva, nonostante il ritorno agli steccati specialistici nelle varie aree scientifiche e l'attenuarsi della fortuna di Camporesi dopo l'indiscutibile successo in vita, spiega le attuali iniziative di recupero della sua opera e la rinnovata riflessione sul suo metodo. È imminente l'uscita di un numero della rivista monografica "Riga" dedicato a Camporesi, che si annuncia interessante per la presenza di un'accurata bibliografia delle opere, di una storia della critica dagli anni sessanta a oggi, di una raccolta delle interviste, di alcuni rari contributi su Camporesi e di due suoi racconti. A ciò va ad aggiungersi il secondo convegno celebrativo dell'Università di Bologna-Forlì, organizzato per il prossimo anno da Elide Casali, a suo tempo promotrice del convegno del 1998 ("Academico di nulla academia". Saggi su Piero Camporesi, Bononia University Press, 2006).
Allievo di Carlo Calcaterra, docente di letteratura italiana a Bologna, filologo di scuola storica, editore del Romitorio di Sant'Ida (1961) e delle Lettere (1966) di Lodovico Di Breme, degli Estratti d'Ossian (1969) di Alfieri, Camporesi si rivolse allo studio dei diversi aspetti della cultura della povertà a partire dalle indagini sul mondo tardo-medievale e moderno dei marginali e degli erranti con il Libro dei vagabondi (1980), descrivendo le vicende letterarie e iconografiche del picarismo italiano, della sottocultura dei girovaghi, degli accattoni e dei ciarlatani e portando alla luce l'archetipo della letteratura furbesca e gergale, lo Speculum Cerretanorum di Teseo Pini. Con l'edizione dell'Artusi (1970) e con gli interventi raccolti in Alimentazione folclore e società (poi ripubblicati con il titolo La terra e la luna) analizzava il rapporto tra i protocolli alimentari e i codici sociali, inaugurando un filone di ricerche che gli diedero molta notorietà all'estero (dove viene considerato soprattutto uno storico dell'alimentazione) e che culminerà con Il pane selvaggio, un'allucinata ricostruzione della società preindustiale sulla base dei costumi alimentari.
L'incontro con le teorie di Bachtin sulla carnevalizzazione (dalle quali in seguito prenderà causticamente le distanze) lo conduce a studiare in modo autonomo la cultura popolare (in particolare nella Maschera di Bertoldo. G.C. Croce e la letteratura carnevalesca) e a proseguire nella ricostruzione erudita, ma sempre più desolata e straniante, degli aspetti cupi e dolorosi della società dell'ancien régime, coltivando nel frattempo una vivace polemica nei confronti della società di massa (che Camporesi faceva iniziare dalla frattura controriformistica dell'unità culturale del tardo medioevo, come aveva mostrato in Rustici e buffoni). Si ricordino titoli come Il sugo della vita, Le officine dei sensi, La miniera del mondo, in cui l'attenzione per un sociale mediato dal corporeo inclusa la dimensione escatologica, ma sempre legata alla materia di opere come La casa dell'eternità e La carne impassibile si piega verso lo studio di una sorta di immaginario degli elementi primari (acqua, aria, terra, fuoco), che risente probabilmente dell'influenza di Bachelard.
Mentre prosegue l'indagine di settori collaterali (come la storia del paesaggio), per il complesso gioco di specchi che lo spinge a porre sullo stesso piano le fonti e gli scrittori (ora è il testo, ora è il suo autore a scrivere la storia) negli anni in cui si diffonde la moda della thick description neostoricistica dalla quale però Camporesi resta immune , sono le esperienze biografiche (Croce, Magalotti, Redi, Galilei, Fioravanti) a costituire l'oggetto dell'indagine di Camporesi. Un posto particolare è riservato allo scienziato e medico Leonardo Fioravanti, figura intermedia tra il mondo colto e il mondo popolare, un personaggio che si infiltra "nei suoi meccanismi intellettuali e culturali come un fantasma" (Casali) e diviene una sorta di strumento unificante delle diverse componenti della ricerca letteraria e storico-antropologica di Camporesi. In questo libro trova risalto il tema della metis e dell'intelligenza finalizzata in senso "pratico corporeo", che affascinava Camporesi a partire da un'opera di Fioravanti come Il tesoro della vita umana, che interpretava come una "straordinaria, romanzatissima biografia densa di mirabilia e di portenti".
La lettura delle opere di Fioravanti, messa in rapporto con le analisi e gli scorci della società preindustriale presenti negli studi precedenti, lo spingono a descrivere le fasi di una "vita avventurosa, felice, ma tribolata" e a ridisegnare il cammino del medico bolognese (fratello dei "calcanti" e dei "bianti" descritti da Camporesi nelle altre opere), reinventando il mondo di Fioravanti e mettendo a frutto le letture e il sapere acquisiti, con un metodo caratteristico di ogni opera di Camporesi, che ne spiega la struttura citazionistica e accumulativa, apparentemente poco incline alla messa a fuoco puntualizzante. La ricostruzione della vita di Fioravanti appare come un approdo delle esplorazioni storiche di Camporesi, che nel genere biografico trovano una sistemazione compiuta e danno luogo a un'originale forma intermedia che, grazie a una prosa caratterizzata da un indiscutibile talento narrativo, appartiene contemporaneamente alla storia in forma di romanzo e alla narrazione di impianto storico.
Nel libro sullo scienziato itinerante del Cinquecento si ridispongono in una struttura nuova i nuclei della ricerca di Camporesi. L'interesse per la medicina (iniziò iscrivendosi alla facoltà di medicina dell'Università di Firenze), l'erudizione storico-filologica, la storia dell'alimentazione (nel racconto delle abitudini dietetiche di Fioravanti, o nella descrizione del suo arrivo nel gigantesco emporio mediterraneo di Napoli), la storia dei poveri. In particolare, viene in primo piano la passione per le vite anonime e straordinarie, che appartengono a un mondo favoloso e perduto, anteriore al deterioramento provocato dalla società di massa. Valentino Cecchetti
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