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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Con la voglia di intraprendere una lettura leggera e spensierata ho deciso di acquistare un libro di Andrea Vitali; attratta soprattutto dalle trame ironiche, dai misteri che si intrecciano con i pettegolezzi di un piccolo paese di provincia, dall'Italia della prima metà del Novecento che fa da sfondo. Non sono stata delusa nella mia attesa. Non mi resta che tuffarmi in qualche altro suo romanzo.
La lunghezza del racconto non c'entra nulla. Il risultato è scadente perchè, purtroppo, stavolta Vitali confeziona un racconto molto esile, senza profondità, banalotto e superficiale. Mi aspettavo molto dalla caratterizzazione dei personaggi, ma proprio questa ha significato la massima delusione. Gli interpreti sfuggono, sono nebbiosi, troppo normali per essere personaggi da romanzo. Non regalano sorrisi, nè emozioni di alcun tipo. Scivolano via, e basta. Insomma, una lettura che non suscita neppure un pò di nostalgia. Peccato.
Ho letto alcuni libri di Vitali, spesso nella speranza di ritrovare la narrativa di Piero Chiara. Qualche tentativo è andato a buon fine, ma con questo libro Vitali ha dato il peggio di se. Romanzo pigro che si trascina stancamente verso la fine, chiuso rapidamente per mancanza di idee.
Recensioni
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Pare quasi di vederlo, Andrea Vitali, mentre posa la penna sulla carta seduto alla sua scrivania vistalago e lascia che le parole sgorghino spontanee.
“Era una domenica di fine agosto, non più di mezz’ora prima uno scroscio d’acqua aveva rinfrescato l’aria”.
Il romanzo è già a buon punto: perché da quel primo acquazzone, seguito da un refolo di vento, discenderà come una cateratta il nome del protagonista: Ercole Correnti, e il resto – come si suol dire - è storia.
Anzi: la storia è il resto.
Cosa può fare, infatti, un quasi trentenne prenotato per un matrimonio con la sua storica fidanzata, il cognome che evoca il dibattersi fra le maglie strette di un destino che pare segnato anzitempo? Nulla, probabilmente. A parte imbattersi, una sera, nella più inaspettata delle madeleines: una seicento bianca per lui indissolubilmente legata al ricordo dello zio Pinuccio, con il quale Ercole, mamma e babbo hanno fatto un viaggio, vent’anni prima, che ha assunto nella memoria del ragazzo i contorni mitologici di un’odissea gentile e scombiccherata; come quella di un’armata Brancaleone marinata nell’aria grassa e immota del lago che si diriga a passo di marcia verso la salsedine e il sole.
Zio Pinuccio, si può dire, vive in filigrana attraverso il racconto che di lui fa il nipote, e questo è un espediente tipico di quel volpone da camino di Vitali (cfr. dicesi volpone da camino il narratore rustico, antiretorico, capace di ammaliare i suoi uditori alla fiamma tremolante di un camino grazie agli uffici di una lingua semplice ed evocativa e con istintiva simpatia).
Ma le abilità di narratore del medico condotto di Bellano sono conosciute, e non si può far altro che notare come ad ogni prova il nostro dimostri un passo che sarebbe bello ritrovare nella misura breve del racconto, secondo noi il formato ideale per le sue storie.
Vitali procede per dilatazione, indugiando su particolari domestici, minuti, e pantografandoli fino a far loro assumere il respiro di un’epica tranquilla, così riconciliata con la sua dimensione di provincia da diventare universale.
In Regalo di nozze, per di più, l'epica è elevata a quadrato, perché la fotografia è virata al seppia degli anni sessanta, decennio particolarmente congeniale alla poetica del nostro, con la sua elegia di gente semplice che poco a poco accede a un benessere nuovo, e ai simboli che quelle sicurezze conquistate a caro prezzo riassumono e raccontano. Proprio come quella Seicento sotto il cui cofano batte il motore di un segreto, che sarà bello scoprire poco a poco, pagina dopo pagina, in compagnia di quel volpone da camino di Andrea Vitali.
A cura di Wuz.it
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