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Bel libro; cupo e crudo. La storia è interessante e credo sia stata una buona lettura.
Violento, crudo, irreale, forte come uno schiaffo in pieno viso... La storia di Catena sembra surreale.. Lho letto tutto d'un fiato sperando in un finale diverso.. Peccato. Confesso che mi ha graffiato l'anima..
La storia di una bambina che alla morte del padre viene sfruttata, maltrattata e molestata dai membri della sua stessa famiglia con tragiche conseguenze. Nonostante la trama sia molto valida ho trovato il romanzo troppo "pesante" e la scrittura poco scorrevole.
Recensioni
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Finalista al Premio Calvino nel 2014, L’imperfetta è, senza dubbio, un esordio notevole: un bel romanzo, denso, cupo, disperato e al contempo vitalistico, che rivela una voce matura e, soprattutto, una strabiliante padronanza della scrittura.
La vicenda narra le avventure di Catena (Sicilia, fine Ottocento), giovinetta segnata da traumi e violenze precoci, costretta ad una vita selvaggia e, quasi suo malgrado, toccata da una sensibilità ereditaria per la potenza e il mistero della natura, cosa che le guadagnerà le stimmate della fattucchiera, tanto facilmente assegnate in quel tempo di religiosità soffocante, di uomini e armenti sottomessi alla tirannia di una campagna avara, di donne sottomesse a uomini poco più che animali. Il libro poggia su una struttura a chiasma ma agile e quasi impercettibile, e si sviluppa sul doppio binario della vicenda stretta e di una sorta di diario, ovvero un conto alla rovescia verso il patibolo, che l’eroina tiene dal carcere della Vicarìa, in cui è ristretta dopo aver compiuto il proprio destino con una serie di delitti efferati quanto giusti, in una Palermo devastata dal colera e stilizzata con pochi, efficacissimi tratti, a comporre un affresco degno d’un Consolo.
L’imperfetta, nel suo incedere serrato fiorisce ogni poco di situazioni e immagini icastiche e fascinosamente disturbanti: stupri, infanticidi, incesti ambientati in una Sicilia poverissima e profondamente aliena al concetto di giustizia, ma sa anche accendersi di tenerezze e di pietà sconfinata per creature che paiono schiacciate da un destino gramo, eppure tenacemente attaccate ad un vivere che non perde mai la sua magia primordiale; anche le azioni più esecrabili e i personaggi più crudeli, sembrano in fondo giustificati da una disperazione inconsapevole, non emendabile in vita. La protagonista attraversa la sua rapida e tragica vicenda sempre sospesa tra lucidità e delirio, contesa tra la violenza degli umani e la forza magica della Terra (…).L’imperfetta è in sostanza un lungo monologo interiore, poetico e selvaggio, sostenuto da una prosa che è il vero punto forte del lavoro, e che testimonia di un approccio molto meditato alla scrittura da parte dell’autrice, con una ricerca sui valori ritmici e poetici che torna evidente dalla prima all’ultima frase.
Una lingua di grande compattezza, molto sorvegliata ed evocativa: un parlato solenne e performativo nella sua semplicità (…). Col procedere della vicenda, cresce la consapevolezza del “potere” della protagonista ed il linguaggio in qualche modo vi si adegua. Fino ad arrivare alla chiusa bellissima, con Catena sul patibolo, perduta da un atto di giustizia e fatta strega dal dolore e dalla cattiveria umana, che parla ormai quasi per incantesimi (…).
Recensione di Luca Ruffinatt
Nessuno può rubare la libertà a chi la custodisce dentro di sé. Un romanzo potente. Finalista al Premio Calvino.
"L'esordio fulminante di una voce arcaica eppure così nuova, che affila tutte le parole per una via di salvezza. Echi di Elettra e di Antigone risuonano nell'Imperfetta. Una storia che ci riguarda tutti" - Carmen Pellegrino, autrice di Cade la terra
"Un romanzo duro, persino fosco, eppure a tratti di impensabile tenerezza, come è giusto con un personaggio insieme ingenuo e tenace come Catena, dalla caparbia volontà di essere se stessa fino alla fine, e di voler essere padrona della propria vita anche nella scelta della modalità della propria morte" – Ermanno Paccagnini, La Lettura
"Notte e giorno dicevo nella testa le parole dei libri di mio padre. Le avevo tutte nella memoria, nessuno può rubare i pensieri senza peso, sottrarli nel sonno a chi li tiene stretti."
Forte e antico, come la Terra. Non c’è forse altro modo di descrivere un romanzo così genuino, così dolorosamente concreto come L’imperfetta, storia di una ragazza siciliana di fine Ottocento contro cui si accaniscono il destino, l’ignoranza e la crudeltà degli uomini. L’esito infelice e profondamente ingiusto della sua vicenda si intravede già dalla prima pagina, dove incontriamo Catena (questo è infatti il nome della protagonista, un nome che sa di oppressione: omen nomen, direbbero i latini) al buio, in prigione, in attesa di ricevere la sentenza che metterà fine alla sua agonia.
Questo è infatti il Fato riservato a chi è strega, a chi è "mavara" e conosce il potere delle erbe, degli astri e della terra. In un’epoca colma di superstizione e sospetto, una donna capace di guarire e curare in cambio non riceve altro che minacce e insulti. Novella Medea, la sua magia (che altro non è se non qualche nozione di botanica e di medicina) spaventa e intimidisce le persone attorno a lei, condannandola a un cammino tragico fatto di ingiustizia e di libertà perdute.
In effetti dal romanzo emerge una certa gravitas da tragedia greca: la si percepisce nella protagonista, che non è l’innocente della tragedia moderna, ma allo stesso tempo vittima e carnefice (“l’assassina”: così la chiamano, e non erroneamente, i suoi compaesani); nella venerazione per le piante, per le stelle e per i libri, portatori di una saggezza quasi sacra, da molti dimenticata; nella polarità tra città e campagna, tra la forza vibrante e autentica della natura e la corruzione della civiltà; nell’amore quasi commovente per una parola che è suono, ricordo e respiro, unico mezzo in grado di schiudere le profondità dell’animo umano.
Oltretutto in questa tragedia il personaggio meglio riuscito è sicuramente quello della protagonista Catena, con una personalità dirompente e con la forza e lo spessore di un’eroina sofoclea. Il resto dei personaggi infatti, a eccezione delle poche figure positive (per esempio quella dell’amatissimo padre), fa parte di un coro, da un certo punto di vista molto verghiano, volto a rappresentare la società umana nel suo complesso: una società pronta solo a giudicare e a ferire, dove chi prova a combattere il proprio destino ne esce amaramente sconfitto.
Si tratta quindi di un romanzo di vinti, specchio di un’umanità sconfitta. Una storia che forse oggi può apparire molto lontana, sia per l’ambientazione che per i modi con cui è narrata; e che tuttavia, con grave semplicità, ci offre un insegnamento sull’ingiustizia valido al di là del tempo e delle stagioni. Forte e antico, come la Terra.
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