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Quest'opera, nell'affrontare l'affascinante problema dell'eccezione di dolo generale, colma una lacuna nel mercato editoriale. Si tratta di un ampio e approfondito studio d'insieme di un istituto, che introdotto dal pretore verso la fine della repubblica romana, è ripenetrato da pochi decenni nel diritto vivente: sempre più spesso capita, infatti, che le decisioni giudiziarie si richiamino proprio all'eccezione di dolo generale, affermando che il fondamento giuridico di tale eccezione è da ricondurre al principio di buona fede, in base al quale è da escludere che un soggetto possa conseguire un utile in danno di altri utilizzando in modo formalmente corretto le facoltà concessegli dal regolamento negoziale, ma per finalità non meritevoli di tutela.Gli autori si soffermano a chiarire i legami con figure similari, come l'abuso del diritto e il divieto di venire contra factum proprium, dando poi conto sia dei molteplici campi d'impiego (nel contratto autonomo di garanzia, nelle garanzie autonome, nella fideiussione omnibus, nell'apertura di credito e nel credito documentario, nella domanda frazionata, nel contratto telematico, nel diritto di famiglia, nei rapporti societari, nei rapporti di lavoro, nel diritto amministrativo e nel diritto tributario, ecc...) sia dei presupposti richiesti per il suo concreto operare, senza trascurare mai gli apparati argomentativi invocati e invocabili per giustificarne la persistenza all'interno dell'odierno ordinamento giuridico nazionale.L'Opera è di estremo interesse per l'operatore giuridico (professionista e magistrato). Come già detto, non deve trarre in inganno il fatto che l'exceptio doli generalis abbia origine dal diritto romano.
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