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scheda di Bongiovanni, B., L'Indice 1995, n. 6
Conquiste regie, rivoluzioni agrarie mancate, giacobinismi abortiti a tutto vantaggio dei moderati, ma anche federalismi abortiti a tutto vantaggio di un'élite ristretta e cionondimeno protervamente centralizzatrice. E poi ancora: processi incompiuti che hanno consentito di esibire una dolente e drammatica "autobiografia di una nazione", e cioè "rivoluzioni liberali" inesistenti che hanno condotto ad altrettanto inesistenti "rivoluzioni fasciste", in grado, peraltro, queste ultime, di fornire "rivelazioni" sconfortanti sul senso complessivo della vicenda unitaria. Senza dimenticare le appassionate difese, nel percorso "classico" che porta da Croce a Romeo, dell'operato e delle capacità progettuali della classe dirigente liberale. Tutti i pro e tutti i contro sulle ragioni e sugli snodi dell'unificazione "reale" sembrano essere già stati pronunciati. Nella nuova e arricchita edizione dello studio di Romanelli si può tuttavia con profitto rileggere, sette anni dopo la prima edizione, la tesi sulle contraddizioni scaturite dall'aver imposto, da parte dei primi governi italiani, insieme all'unità, la stessa libertà. La costrizione si è risolta in quel "comando impossibile" che ha fornito il titolo al libro. Toccò cioè ai liberali conservatori di svolgere il ruolo dei giacobini. Romanelli sviluppa il suo assunto attraverso l'analisi competente ed erudita dei problemi del potere locale, dei municipalismi, della dialettica irrisolta tra ingerenza e resistenza al centralismo, della difficile creazione di un corpo elettorale, della riforma crispina dello Stato nella svolta del 1887.
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