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La memoria di un riformista - Gino Giugni - copertina
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Descrizione


Sollecitato dalle domande di Andrea Ricciardi, Gino Giugni in questo volume autobiografico ripercorre le tappe salienti della sua vicenda personale e professionale nel contesto della storia politica italiana dell'ultimo mezzo secolo: dall'infanzia sotto il fascismo alla Resistenza, agli studi in Italia e negli Stati Uniti, alla lunga attività di studioso di diritto del lavoro, dI intellettuale impegnato in politica. Una memoria intessuta di personaggi e di ambienti (come il Mulino, alla cui attività Giugni ha partecipato fin dagli anni Cinquanta, o come il Partito socialista nelle cui file ha lungamente militato), di episodi anche drammaticI come l'attentato subito a opera delle Brigate rosse. Ricordi supportati da un puntuale riscontro, fatto nelle note dal curatore, con la ricca documentazione dell'archivio personale dI Giugni e di altri fondi documentali. A completare il volume sette interventi tenuti da Giugni In Parlamento, che si connettono strettamente ad alcuni momenti cruciali del racconto.
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Dettagli

2007
25 gennaio 2007
307 p., Brossura
9788815115270

Voce della critica

È un esempio di misura la lunga intervista che ha rilasciato Giugni, celebre giuslavorista, senatore per il Psi, bersaglio di un attentato delle BR il 3 maggio 1983. Giugni ricostruisce la sua esperienza allo scopo di chiarire i temi di una ricerca originale e fruttuosa. Al suo nome e a quello di Giacomo Brodolini, con il quale Giugni strettamente collaborò, è legato lo Statuto dei lavoratori: uno dei risultati più incisivi ottenuti dal difficile riformismo socialista. Ciò che non impedisce di esprimere un giudizio critico: "L'esito finale mi lasciò un po' perplesso: in me coesistevano l'anima del giurista e quella del politico". A proposito della sua formazione Giugni cita quattro classici: Bernstein, Salvemini, Croce e Turati. Si capiscono così la tensione revisionistica, il gusto del concretismo, il respiro liberale e la fedeltà a un socialismo non dogmatico. Le scissioni che via via hanno mutilato le schiere socialiste sono subite con sofferenza, a partire dalla rottura del 1947 di Palazzo Barberini: "Decidemmo di unirci al nuovo partito di Saragat perché ritenevamo che la maggioranza guidata da Nenni fosse succube del Pci". Oggi che si tenta di collocare la storia di Psi e Pci all'insegna di un più o meno consapevole e condiviso riformismo è utile ripercorrere, attraverso questa onesta autobiografia, momenti e fasi che suggeriscono analisi meno generiche e assolutorie. Le ostilità verso una visione combattivamente riformistica sono state nette e ricorrenti. I dodici discorsi parlamentari pubblicati in appendice attestano un punto di vista marginalizzato o ignorato. Emblematiche le argomentazioni svolte al Senato il 10 marzo 1993 su "mani pulite", allorché Giugni invitò i compagni del Pds "a superare quello strabismo che li fa sempre guardare a sinistra, anche quando dalla sinistra non c'è niente da cogliere o da imparare".
  Roberto Barzanti

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