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Un ossimoro, forse, del quale non possiamo tuttavia non riconoscere la straordinaria modernità. Stiamo parlando della rinnovata capacità di intersecarsi, dettando in alcuni casi la grammatica della comunicazione e l'agenda delle decisioni, che la sfera del religioso o, sarebbe meglio dire, del trascendente, esprime nei confronti della quotidianità. La partita aperta è sui fondamenti primi, ossia sugli elementi imprescindibili nella legittimazione del potere come del pactum societatis. Merio Scattola, docente di storia delle dottrine politiche a Padova, ricostruisce, attraverso un percorso che parte dalle origini del concetto per arrivare ai giorni nostri, una storia delle declinazioni di ciò che è conosciuta come teologia politica. Ne dà una lettura ampia, articolata su più livelli interagenti, dove alla politica della teologia (di natura ierocratica) si contrappone una teologia della politica (che rafforza gli ordinamenti di diritto positivo), fino all'indagine sul nucleo teologico della politica. Lo fa all'interno della utilissima collana del Mulino dedicata al "Lessico della politica" diretta da Carlo Galli, ragione per cui, aderendo all'ispirazione di fondo della medesima, la sua disamina verte anche e soprattutto sulla polisemia delle accezioni idiomatiche. In senso proprio, la teologia politica prende in considerazione solo "quelle esperienze storiche che elaborano il nesso tra trascendenza e ordine umano attraverso la riflessione razionale". In ciò, tuttavia, rivela quanto il re sia nudo, ovvero di come la politica debba costantemente ricontrattare la sua autonomia dal fondamento metafisico, pena il proprio annichilimento (e la sua eterna dannazione). Claudio Vercelli
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