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Anno edizione: 2018
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Il libro si propone di dimostrare la completa subalternità di Togliatti ai voleri di Stalin, ricalcando la tesi esposta nel 1946 da John Edgar Hoover, direttore dell’FBI. Perciò si citano ordini di Stalin e dei dirigenti russi che avrebbero manovrato il leader italiano; allo stesso tempo, come si sostiene nel volume, Tito affermava che il PCI «si lasciava guidare da Badoglio o dal conte Sforza»; sulla questione di Trieste, pur con le rituali tortuosità, Togliatti convinse Stalin e altri leader comunisti della propria visione; e nel 1947 il segretario del PCI, per la sua scelta di perseguire la via parlamentare e autonoma, fu duramente contestato da Ždanov per conto di Stalin. Evidentemente le cose sono ben più complesse di come Hoover le poteva vedere filtrate dal suo anticomunismo viscerale. La ricostruzione, che per i toni ossessivi pare scritta in piena guerra fredda, vede da un lato i tiranni comunisti e dall’altro un schiera di sprovvedute verginelle: non una parola su Gladio, sui finanziamenti americani alla DC, sulle interferenze del Vaticano nell’immediato dopoguerra, che invece avrebbero aiutato a capire il contesto. Fra le fonti brillano relazioni dell’amministrazione americana dell’epoca e perfino un rapporto del SIFAR, e anche un ameno documento del quale «non è possibile, allo stato della documentazione, stabilire l’autenticità e la provenienza». E che quindi necessita di un atto di fede. Lavoro storico? Mah…
Questo libro rende chiaro, grazie a nuova documentazione resa disponibile dagli archivi russi, ciò che è stato per lungo tempo sottaciuto: il Pci era un partito assolutamente organico all'organizzazione comunista internazionale capeggiata da Stalin. Gli obiettivi di Togliatti erano quelli stabiliti da Stalin: la costruzione di un clima favorevole all'instaurazione di una società comunista sotto la direzione dei sovietici. La presunta originalità del partito comunista italiano, così come l'accettazione dei metodi democratici, erano dettati da esigenze tattiche e non strategiche. Il Pci non ha mai rinunciato all'opzione rivoluzionaria e per questo i partigiani comunisti riconsegnarono le armi solo in minima parte dopo la liberazione. Il 18 aprile 1948 l'Italia ha rischiato realmente di finire in mano a una forza massimalista e a un partito, il Pci, finanziato da Mosca almeno fino al 1979, contrario al piano Marshall, convinto che presto il comunismo avrebbe trionfato nel mondo e il capitalismo sarebbe stato distrutto. Stalin era il capo indiscusso ed era osannato e riverito da tutti i dirigenti comunisti dell'epoca, che prendevano ordini dall'ambasciatore sovietico in Italia. Interessante, anche se non nuovo, l'aspetto relativo all'organizzazione paramilitare del partito comunista, mai utilizzata, ma nei fatti pronta in caso di necessità e, soprattutto, di un ordine di Stalin, ad imporre con la forza ciò che non era raggiungibile con metodi democratici. Paradossalmente ci ha salvato lo stesso Stalin che era contrario a un colpo di mano in Italia per evitare ritorsioni americane e per salvaguardare i paesi dell'est, già sotto il giogo comunista sovietico. La lungimiranza di De Gasperi, che mise presto l'Italia al sicuro sotto l'ombrello della Nato ha fatto il resto e ha permesso all'Italia di rimanere un Paese libero. Il libro ha un taglio storiograficamente corretto ed è supportato da note che riportano tutti i riferimenti documentali.
Libro interessante e al contrario fondato su documenti reali. Premiato, anche se non è questo da rilevare, e consigliato anche da storici senza bandiera o meglio senza timori di verità svelate. Non è certo un libro novità, già si conosceva la subalternità italiana a Mosca, ma è una parte di storia del 900 mai affrontata nella scuole pubblica e sempre accompagnata da furiosi ricatti morali. Bibliografia completa ed esaustiva.
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