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L'attesa della fine dei tempi non è circoscrivibile agli anni intorno al Mille, ma è parte integrante dell'orizzonte di pensiero delle religioni monoteiste. Per ebraismo, cristianesimo e islam il mondo non è eterno: la Rivelazione, dettata dai testi sacri, annuncia la fine del mondo terreno e la promessa del regno di Dio. A partire dai primi secoli del cristianesimo fino al secolo XIV, Jean Flori ripercorre le alterne fortune del libro di Daniele e dell'Apocalisse di Giovanni le cui profezie tentavano di stabilire i tempi dell'avvento dell'Anticristo, della sua definitiva sconfitta e della fine, per i cristiani, delle sofferenze terrene. Due opposte interpretazioni si confrontano all'interno del testo: quella storicizzante, che dalle prime comunità di cristiani arriva sino a Gioachino da Fiore e agli spirituali francescani, secondo la quale si ritiene possibile, a partire da un attento esame dei testi, una precisa datazione dell'Apocalisse; e quella spiritualizzante, i cui più autorevoli sostenitori sono Agostino e Tommaso d'Aquino, che elimina qualunque ipotesi di compimento storico delle profezie interpretandole in senso esclusivamente moralizzante. Quest'ultima interpretazione, destinata ad affermarsi all'interno della gerarchia ecclesiastica, porta a una radicale condanna di tutti i tentativi storicizzanti, ormai considerati eretici al termine del medioevo. L'autore considera in modo particolare l'attualizzazione in senso strumentale delle profezie: è emblematica in questo senso l'identificazione dell'Anticristo ora con Maometto o con il Saladino (nella fase in cui si avverte con forza la minaccia islamica e Gerusalemme e i luoghi santi sono sotto il controllo musulmano), ora con il papa o l'imperatore durante lo scontro tra le due istituzioni. Queste pagine sono un itinerario attraverso il millennio medievale che scinde il nesso tra anno Mille e attesa della fine dei tempi e che pone l'accento sulle potenzialità delle profezie come strumenti di lotta politica.
Caterina Ciccopiedi
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