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Il modernismo in Italia e in Germania nel contesto europeo
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Il modernismo in Italia e in Germania nel contesto europeo - copertina
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Descrizione


L'8 settembre 1907 Pio X con l'enciclica "Pascendi Dominici gregis" condannava come eresia qualsiasi tentativo di conciliare annuncio cristiano e mondo moderno. L'enciclica papale e il decreto "Lamentabili sane exitu" davano a questa "eresia" il nome di "modernismo" individuandone la caratteristica comune nell'intento di trasformare il cattolicesimo in una sorta di cristianesimo non dogmatico e di protestantismo liberale. La temperie culturale della società europea in cui la "crisi modernista" vedeva la luce era quella di un progressivo processo di democratizzazione e di accoglimento di istanze liberali: l'appello per la libertà di pensiero, per la critica a ogni forma di autoritarismo, per l'adozione del metodo scientifico, per il rispetto del pluralismo, per i diritti delle donne, sollecitava le coscienze più avvertite del mondo cattolico a proporre tentativi di modernizzazione sociale del cattolicesimo. Tra queste coscienze più avvertite si potevano annoverare i nomi di Lucien Laberthonnière e Alfred Loisy in Francia, di George Tyrrell e di Friedrich von Hügel in Gran Bretagna, di Joseph Schnitzer e Hugo Koch (ma soprattutto, dal versante protestante, di Ernst Troeltsch e Adolf von Harnack) in Germania, di Antonio Fogazzaro, Ernesto Buonaiuti, Romolo Murri, Alessandro Casati, Stefano Jacini Jr in Italia. Il presente volume intende fare luce sul ruolo storico svolto dal modernismo cattolico.
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Dettagli

2010
13 maggio 2010
498 p., Brossura
9788815137203

Voce della critica

Facendo rientrare nella controversa categoria di modernismo un insieme estremamente vario di tendenze accomunate tra loro solo in virtù di una presunta frenesia di rinnovamento, nel 1907, con la pubblicazione del decreto Lamentabili sane exitu prima e dell'enciclica Pascendi dominici gregis poi, Pio X condannò come eresia ogni tentativo di conciliazione tra l'annuncio evangelico e il mondo moderno e, insieme, ogni sforzo teso a trasformare il cattolicesimo romano in una sorta di cristianesimo liberale.
Tra le pagine di questo denso volume, che trae spunto da un convegno svoltosi a Trento, sono quindi ricostruite non solo alcune porzioni decisive della cosiddetta crisi modernista, ma anche alcuni segmenti di quel particolare clima culturale che, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, registrò l'emergere all'interno della chiesa cattolica di un complesso insieme di istanze di rinnovamento, nel cui ambito rientrarono sia l'appello per la libertà di coscienza sia la critica verso ogni dogmatismo. Inizialmente avviatasi in quanto condanna delle posizioni dottrinali espresse dell'esegeta francese Alfred Loisy (1857-1940), la polemica, che scosse le fondamenta del cattolicesimo romano per oltre un decennio, finendo per condizionarne la storia almeno sino alla metà degli anni sessanta, fu presto estesa a tutti coloro che, a torto o ragione, furono accusati di farsi portavoce di posizioni in qualche misura vicine all'agnosticismo, all'immanentismo e all'evoluzionismo. Al minaccioso incalzare della modernità plurale (espressione non solo dei valori della borghesia liberale europea, ma anche dei paradigmi del "nuovo romanticismo" incarnato, ad esempio, dalla Lebensreformbewegung tedesca), modernità che al possesso di un'unica verità immutabile contrapponeva un'inquieta ricerca della verità e una nuova sensibilità religiosa, fortemente segnata dall'incertezza, la chiesa reagì scatenando una vera e propria controffensiva generale.
Il maggior merito dei contributi qui raccolti consiste però non solo nell'aver ripercorso i termini fondamentali di tale controffensiva, o nell'aver offerto un'ampia panoramica dei diversi contesti geografici, culturali e dottrinali entro cui si sviluppò lo scontro tra modernismo e anti-modernismo o nell'aver ricostruito i complessi profili biografico-intellettuali di alcuni dei principali novatores – si pensi ad Ambroise Gardeil (1859-1931), George Tyrrel (1861-1909) e, tra gli italiani, a Ernesto Bonaiuti (1881-1946) e Romolo Murri (1870-1940) –, ma soprattutto nell'aver messo in luce come tale scontro necessiti di essere letto alla luce di quella crisi du fin de siècle, nel quadro della quale paradigmi apparentemente inconciliabili tra loro furono talora destinati anche a fondersi gli uni negli altri. Particolarmente efficaci, in tal senso, sono le analisi di Carlo Fantappié, che, esaminando il Codex Juris Canonici del 1917, ha dimostrato che il netto rifiuto da parte cattolica del modernismo teologico non si accompagnò al rifiuto della modernità tout court: sul piano del diritto ecclesiastico, per esempio, la modernità statuale, cioè la razionalizzazione della struttura di potere della chiesa, fu altresì assunta come valido strumento in funzione di un controprogetto riformatore. Federico Trocini  

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