Il sapere dei segni. Filosofia e semiotica

La tesi qui sostenuta è molto innovativa quanto interessante: esiste una dimensione della prassi umana che concepisce per "natura" il mondo secondo una visione metafisica, come se l'uomo naturalmente attraverso i suoi segni (scrittura e musica, principalmente) avesse costruito un sistema di sapere imprescindibile per tutte le culture con alla base il senso della creazione ex nihilo. Una visione di questo tipo quindi pone al centro la pratica, la dimensione dell'azione e del ritmo richiamata da Sini anche con gli studi di Stern, accostati all'i ching e alla sapienza orientale che sembra - per la natura della sua scrittura ideografica - più vicina all'origine segnica di quanto non lo sia quella occidentale. La proposta di Sini è duplice: una riduzione della metafisica alla semiotica (paragonando la materia aristotelica che funge da genere al foglio e la "penna" che incide la differenza alla differenza specifica) e il presentare la metafisica come una sapienza "innata" dell'uomo che si costruisce quando esso comincia a riflettere sulla natura dei suoi segni. L'errore del pensiero occidentale sarebbe dunque l'aver dimenticato la propria origine segnica, l'aver inventato il teorico avendo misconosciuto l'origine pratica e ritmica del sapere umano andando così alla ricerca nel mondo delle idee di un eterno che potesse legittimare l'intero movimento filosofico del pensiero.

Rispetto ad altre opere di Carlo Sini la tematica trattata risulta un pò datata. (il libro infatti è una riedizione di un'opera del 1981).