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ci si sente molto coinvolti nella storia di Colomba e dei suoi antenati , pur se strano il modo di incastrare il racconto con altre parti narrative...
dacia maraini è una delle mie scrittrici preferite e questa sua opera mi ha affascinata tantissimo. Ho letto il libro in tre giorni e ogni volta che smettevo, non vedevo l'ora di riprenderlo per continuare la lettura; è una storia così piena di passione e sentimento! oltretutto è divisa in modo magistrale, tra passato e presente; ho trovato il libro colto e raffinato ma di facile lettura, impresa difficile , secondo me ; ogni personaggio, poi, mi ha regalato forti emozioni e forti riflessioni; tutto è descritto in maniera vitale e profonda, a cominciare dalle profonde sfacettature dell'animo umano fino a finire alle descrizioni della natura impervia delle montagne abruzzesi. Ho trovato notevole e struggente l'amore che la protagonista Zaira ha nei confronti degli animali; notevolissima anche la sua costanza nel cercare la nipote scomparsa ; tutto ciò fà di lei una vera eroina dei ns tempi! Da consigliare a tutti !
COLOMBA è uno dei romanzi più interessanti tra quelli scritti dalla Maraini,scrittrice che amo tantissimo. Due sono gli aspetti di questo romanzo che più mi hanno colpito:il primo è il modo in cui l'autrice presenta i personaggi del romanzo e di come essi interagiscano con la scrittrice del romanzo che è poi la stessa Maraini che si narra in terza persona. Mi ha pure fortemente impressionato il modo comn cui la Maraini racconta con così grande perizia tecnica ed efficacia narrativa praticamente tutta la storia del novecento italiano.In modo particolare tratta la storia dell'Italia del SUd con le sue grandi tragedie,dall'emigrazione,al terremoto marsicano,intrecciandola in un modo così evocativo con il presente e in particolare con la storia della scomparsa di Colomba che sua nonna Zaira cerca di trovare rivolgendosi alla scrittrice come se fosse una detective. CONCETTA MELCHIORRE
Recensioni
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"Dopo La lunga vita di Marianna Ucrìa, Colomba segna il grande ritorno al romanzo di Dacia Maraini e ai suoi temi prediletti: la trama sottile dei sentimenti, l'attenzione per il mondo femminile e i suoi conflitti, il dolore della storia, e su tutto l'amore incontrastato per gli animali e il paesaggio".
Così il risvolto di copertina, che anche il critico è disposto sostanzialmente a sottoscrivere. Pro bono bonum, allora. Costruita da una mano felice, la trama narrativa di questo bel romanzo della scrittrice fiorentina, che torna finalmente a convincere dopo le deludenti prove degli ultimi anni, è tessuta sulla delicata traccia del dialogo intergenerazionale e attraversata dai fili di due diverse storie e memorie, in un primo tempo mantenuti distinti e poi miracolosamente intrecciati, quasi costretti in un abbraccio dagli esiti sorprendenti: la memoria e la storia personale della stessa autrice, che parla di sé in terza persona, come della "donna dai capelli corti", e la memoria e la storia di Zaira detta Zà, singolare personaggio di colta montanara abruzzese che bussa un giorno un po' importuna alla sua porta.
L'intrusa, che reca con sé la storia ingombrante di una saga familiare dall'inequivocabile sapore ottocentesco (tra Balzac e Verga), è convinta che nessuno meglio di una scrittrice potrebbe aiutarla a ritrovare, per la condizione investigativa connaturata all'arte del narrare, la nipote Colomba detta 'Mbina, scomparsa improvvisamente di casa un bel mattino. Inizialmente infastidita dall'irruzione di Zaira detta Zà nella sua sfera ideativa, la donna dai capelli corti si lascia lentamente sedurre dalle vicende che la montanara intende raccontarle e interrompe a metà il romanzo in cui è occupata, dal titolo molto provvisorio di Auschwitz, "troppo impegnativo e carico di sangue". Zaira parte da lontano: dalla storia di Mosè Salvato Del Signore, classe 1870, abbandonato in fasce davanti a una chiesa e allevato dalle suore salesiane di Avezzano, e della moglie siciliana Zaira Morrione, cresciuta sui monti delle Madonie in una famiglia contadina. Il racconto si snoda quindi via via lungo i rami dell'albero genealogico che l'autrice riproduce diligentemente all'inizio del romanzo.
Memorabili alcune sequenze narrative. Su tutte il ricordo dello spaventoso terremoto marsicano del 1915 affidato alla testimonianza, mista di siciliano e abruzzese, di Zaira Morrione, di cui sopravvive però "solo qualche scorcio, qualche mozzicone" per comodità del lettore, che, diversamente, non avrebbe capito un accidente.
Il contrappunto degli inserti dialettali si fa sentire, nel racconto del sisma, negli snodi di maggiore drammaticità ("Addò sta' Mosè, unni sìi?", si chiede all'inizio una sgomenta Zaira) o di più forte tensione espressiva: fino alla disarmantissima richiesta di aiuto a Ginett' C' puzzan' i baff' ("Vié ecch' Ginett', aiutace a scavà!"), tirato per la manica, che anticipa la felice conclusione – il riaffiorare di Mosè ancora vivo da sotto le macerie della sua abitazione – del disperato tentativo della donna e del figlio Pietr' i pelus' di salvarlo. E altrove è ancora di ausilio, la presenza del dialetto, alla fedeltà della registrazione testimoniale, al riavvicinamento che si credeva improbabile, alla difesa della logica municipale contro le pretese della lingua nazionale, alle ragioni del conflitto familiare (tra Zaira e Angelica, la sua sfortunata figlia, che conosce perfettamente l'italiano ma ricorre all'abruzzese come a "un modo di opporsi a lei, come quei capelli arruffati che non lavava mai").
Sarà anche perché la magica e selvatica terra abruzzese riattiva i miei ricordi d'infanzia, tra le abbondanti nevicate e le passeggiate nei boschi all'inesausta ricerca di suoni e profumi, è però senza dubbio quella dei tempi migliori (direi, soprattutto, dall'Età del malessere a Isolina) la Dacia Maraini di questa Colomba, un po' fiaba e un po' epos: della fiaba possiede le creature e i luoghi segreti e misteriosi che Zaira incrocia nelle sue peregrinazioni boschive alla ricerca della nipote e la prosopopea degli oggetti della natura; dell'epica il linguaggio formulaico, gli epiteta ornantia familiari ai lettori di Omero come di Ariosto. Ma epos e fiaba sono anche i luoghi deputati del racconto in quanto tale, il racconto che non muore mai, che ricomincia sempre daccapo, che è in grado di interrompere il trascorrere del tempo. Si fa carico di questa piccola grande verità l'autrice bambina, che chiede ripetutamente alla giovane madre "dai calzettoni a righe bianche e rosse", con formula-tormentone ("Racconta, ma'"), di continuare a narrare: "Mamma, ti prego, svegliami, sto sognando che sto crescendo e che tu stai diventando sempre più vecchia. Ti prego, raccontami una storia! Solo le storie fermano il tempo".
Alla fine siamo così grati a Dacia Maraini per averci tenuto così saldamente per mano nel guidarci all'interno del suo mondo fantastico che finiamo per perdonarle anche alcune non troppo felici soluzioni stilistiche e le virgole messe (o non messe) qua e là un po' a casaccio.
Massimo Arcangeli
Tornano a raccontare voci di donna nel nuovo romanzo di Dacia Maraini, una storia epica e corale che ci accompagna in luoghi e tempi distanti e vicini, misteriosi e quotidiani. Una nonna alla ricerca della nipote misteriosamente scomparsa diviene, nella fantasia della scrittrice, il fulcro di una narrazione che ricostruisce per episodi la saga di una famiglia abruzzese. La memoria di Zaira, figura cardine e voce narrante del romanzo, indaga tra gli avvenimenti e i personaggi del passato per fare luce sul presente, solo così riuscirà a dare un senso all'enigmatica sparizione della nipote Colomba. Di fronte alla scrittrice, a cui si rivolge direttamente la protagonista nella sua rievocazione, si scompone e ricompone, episodio dopo episodio, tassello dopo tassello, un mosaico familiare complesso. Il racconto parte con l'arrivo in Abruzzo, alla fine dell'Ottocento, della matriarca di origini siciliane e continua con il susseguirsi delle generazioni successive. Ecco allora comparire sulla scena: il figlio di Zaira, Pietr' i pelus, avvocato a Torino morto soldato sul Carso durante la Prima guerra mondiale, il figlio di quest'ultimo, Pitrucc', nato dalla relazione clandestina con una prostituta ed emigrato in Australia per sfuggire alla persecuzione fascista; e poi l'infanzia della stessa narratrice Zaira e l'adolescenza difficile e il travagliato matrimonio di sua figlia Angelica, madre di Colomba, nell'Italia turbolenta degli anni Settanta. Fino ad arrivare all'oggi e alla scomparsa della ragazza appena ventenne. Dove è finita? Di lei non resta che la bicicletta abbandonata frettolosamente e tanti misteri. Per risolverli Zaira dovrà passare al setaccio non solo i boschi delle montagne abruzzesi ma anche i lati oscuri della memoria.
Con curiosità e partecipazione, Dacia Maraini accompagna i lettori alla scoperta di una storia dai contorni fiabeschi, che penetra con sapienza e maestria le motivazioni e i sentimenti che muovono l'animo umano. Un itinerario intimo di scoperta che conduce a riappropriarsi di un'identità personale e familiare.
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