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La vicenda racconta come Luigi Offeddu giornalista del Corriere della Sera,coinvolse un ragazzo vittima di un incidente stradale causato da un trasportatore il 19 maggio 1998.Attribuì al giovane le seguenti accuse:"Amico del capo della setta"-"Metallaro"-"Pacchi".Nel testo viene raccontato che l'autista non ebbe nessuna responsabilità ma fu del ciclista perchè andò dritto infilandosi sotto le grandi ruote del Tir come "ha raccontato un testimone".Il trasportatore fu condannato per aver effettuato una manovra infrangendo il codice stradale.I testimoni dell'accaduto confermarono la responsabilità dell'autista smontando il racconto del "presunto testimone".Caddero le altre accuse,si scoprì che non era ne un tatuatore ne un metallaro,neppure amico del capo della setta.Il casellario giudiziale risultò nullo.La conoscenza del Volpe deriva da un piercieng effettuato giorni prima della sua scomparsa.L'audience mediatico fu creato perchè Volpe disse di aver "eseguito" un rito di maledizione.Da sottolineare la vicenda di"Pacchi",soprannome coniato dall' "informatore"di Luigi Offeddu,il quale avrebbe tentato con scarso successo di attribuire al giovane reati di spaccio e conoscenze ignote.Il tentativo di coinvolgimento del presunto informatore e del giornalista verso la vittima non ebbe esito positivo. Consigliato ad un pubblico che tratta genere gossip
La setta delle "Bestie di Satana" Come un gruppo di giovani si siano creduti incarnazioni del male e superiori ad altri per poterne decidere la fine, con crudeltà. Testimonianza (parziale) su morti terribili, sparizioni, suicidi. Crudo, spietato.
Il libro ricostruisce, attraverso testimonianze, resoconti degli interrogatori e cronache dell’epoca, le vicende degli omicidi e dei suicidi, verificatesi nel varesotto, attribuiti alla setta satanica denominata le “Bestie di Satana”. La ricostruzione che ne danno gli autori è particolarmente minuziosa e dettagliata nel tratteggiare le inquietanti personalità dei principali attribuiti: Volpe e Sapone; quello che emerge dall’analisi fatta dai due giornalisti è un minimo comune denominatore a dir la verità un po' discutibile: gli incriminati avevano la passione per la musica Metal, anche nelle sue forme estreme, quindi il black e death metal che, come è noto, utilizzano spesso un’iconografia e un look “satanico” o pseudo tale, non si sa bene se fatto per scandalizzare i benpensanti o a scopi puramente commerciali, si drogavano e bevevano pesantemente. Evidentemente Offeddu e Sansa non vogliono criminalizzare un certo genere artistico-musicale e i suoi estimatori, e anche la prefazione di Vittorino Andreoli non è di questo avviso, ma il continuo riferirsi a questi due aspetti può infastidire molti fans che non sono dei disadattati sociali e conducono una vita “normale”, studiando e lavorando. Il mondo della musica Metal è molto variegato al suo interno con generi e sottogeneri diversi, e gli stessi musicisti hanno un’attitudine non suolo ai suoni ma anche ai testi che scrivono molto differente gli uni dagli altri: alcuni scrivono testi satanici e anticristiani per convinzione, per ribellione a una società ipocrita e conformistica, altri per convenienza. Ritornando al libro, gli autori degli omicidi credo fossero altamente influenzati dalle varie droghe che assumevano e dall’alcool che li portava a condizioni di grave scompenso psichico e di un particolare stato di esaltazione e fuga dalla realtà. Poi c’è Satana nei quali vedevano forse un’identificazione e un modo di espressione dei propri demoni interiori. Libro da leggere e meditare a parte alcune generalizzazioni.
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