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La scienza e la Genesi biblica concordano in un cospicuo numero di punti, nessuno dei quali però corrisponde a quelli indicati da Küng che è ancora troppo impegnato nel perseguire i propri interessi d’apologeta teista. La cosmologia conferma come il male ci preesista: lungo la "grande catena dell’essere", la negatività umana (Adamo ed Eva) viene ereditata dal regno animale (il serpente maledetto) e ancor prima dal regno vegetale (l’albero malefico della conoscenza) e dal regno minerale (la terra informe e deserta). Pertanto la conclusione comune è che "malum mundi homo factum est". O con altre parole: "Cosa c’è di mondo nel mondo?". Inoltre alcuni mistici, per esempio i renano-fiamminghi, hanno lasciato documentata la loro consapevolezza del fatto che il secondo giorno della "creazione" non termina con l’altrimenti consueta frase benedicente: "E Dio vide che era cosa buona". Ulteriore aspetto evitato d’essere preso in considerazione: se il motto di Haeckel "l’ontogenesi ricapitola la filogenesi" ha ricevuto poderose smentite, invece appaiono del tutto elusi a priori l’analisi, lo studio e l’esame dell’ipotesi che "l’ontogenesi ricapitoli la cosmogenesi". 1) Il venire alla luce del neonato="Fiat lux"="Big Flash"; 2) il venire al mondo del nascituro intrauterino (gettatezza, deiezione, "Geworfenheit")="Fiat"=Big Bang; 3) il prima del concepimento=pre-"Fiat", il quale potrebbe anche non coincidere col nulla o il ni-ente, poiché è teorizzabile che ogni Big Bang sia un "white hole", la controparte speculare d’un "black hole". Quest’idea, appartenente al modello degli "universi fecondi" elaborato da Lee Smolin, a detta di Leonard Susskind non sta affatto ricevendo l’attenzione che meriterebbe.
Ma siamo proprio sicuri che una visione del mondo scientifica sia in contrasto con una visione spirituale e di fede? Un grande teologo, si cimenta con un argomento impegnativo e attualissimo. Ne esce fuori un ottimo libro in cui Hans Küng affronta dal punto di vista teologico e non solo, senza omissioni, reticenze e in maniera mai banale, tutte le sfide più impegnative che la scienza moderna pone alla fede. A mio giudizio una lettura imprescindibile per chi voglia approfondire il dibattito del confrondo tra la fede e la scienza.
Per chi si lamentasse perché un teologo ha deciso di scrivere un libro che parla di scienza: fisici come Fritjof Capra hanno scritto libri "teologici", no? Comunque questo libro merita la lettura. Innanzitutto Küng ha una prosa molto chiara e nemmeno troppo arzigogolata, anche se la sua formazione si vede chiaramente quando scrive alcune parole con un trattino per farne risaltare l'etimologia e nel suddividere minuziosamente il libro in una gerarchia di sezioni e sottosezioni. Ma soprattutto, lavorando a Tubinga, ha avuto la possibilità di chiedere lumi ai suoi colleghi: e questa sinergia ha fatto sì che le parti in cui spiega il modello standard della fisica e la crisi dei fondamenti della matematica siano delle eccellenti introduzioni per chi non ha una formazione specialistica. A parte le solite frecciate al Vaticano e al suo oscurantismo, citando ad esempio un documento di Pio XII che ancora nel 1941 ammoniva che il darwinismo non aveva nessuna prova a proprio favore, Küng non ha nessun problema ad accettare le teorie fisiche, né si mette a dire che la Bibbia "raffigura poeticamente il Big Bang"; anzi è contro questo modo di vedere le cose, perché ribadisce che il campo d'azione della filosofia e della teologia è separato e complementare a quello delle "scienze dure". Trovo assolutamente corretto il suo affermare che, proprio per la natura stessa del metodo scientifico, questo non può applicarsi alla metafisica e chiedersi ad esempio "che cosa c'è prima del Big Bang"; sulla sua proposta di un percorso collaborativo tra i due campi scientifico e filosofico resto perplesso, anche perché non sono riuscito a comprenderla esattamente. In definitiva, un libro che ci permette di vedere le cose in maniera un po' diversa dal solito, e ci costringe a mettere in azione il cervello. Un plauso poi a Valentina Rossi e alla sua ottima traduzione. Una chicca finale: da buon teologo, Küng riformula il teorema di incompletezza di Gödel dicendo che nessun sistema <i>finito</i> di assiomi può essere completo...
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