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la memoria. questa sembra essere la parola chiave che l'autrice ha più a cuore. frammenti di vita, piccoli gesti e situazioni che rimangono impressi nella mente. qui ci sono quattro racconti in cui si parla tanto di origini e lingua, l'ambiente è il Canada, personaggi che vengono delineati a seconda di come parlano o intendono l'inglese e il francese. c'è amore, dedizione al romanzo, al particolare e al pensiero. una buona lettura che vi consiglio altamente. a parer mio due racconti sono imperdibili.
Recensioni
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"Un'immagine ha bisogno di voci umane, musica popolare, profumi, suoni di strada, stridore di freni, del calore e del freddo di un momento preciso": così nella prefazione, decisamente antiletteraria, che la scrittrice canadese appone alla sua nuova raccolta di racconti dal bel titolo Varietà di esilio. Qui il problema è quello della memoria individuale e di come essa vada modulata secondo le necessità romanzesche. Ciò che un tempo ci appariva "normale", se ripescato dal ricordo assume un'aura bizzarra. E bizzarri sono senz'altro questi racconti a sfondo autobiografico. Ci sono ragazzine molto determinate che leggono troppo e giovani donne sfuggenti. C'è il problema della maternità, quasi mai scelta e sempre mal attraversata, e soprattutto c'è il problema dell'appartenenza specialmente nel primo racconto a un'area linguistica, e culturale, in perenne conflitto con una Englishness ambita in termini convenzionali ma di fondo tradita da un'istintiva tendenza pionieristica, naturale, americana insomma. Nel primo racconto, quello del titolo, lo sfasamento dalla duplice e opposta tensione, fatta di sospetto e attrazione, è efficacemente reso dal rapporto tra la canadesissima protagonista e l'inglese Frank Cairns durante "la terza estate di guerra": dapprima lui le appare come un qualsiasi remittance man, ma poi, a poco a poco, acquisisce una luce nuova. Sarà il primo a parlare alla ragazza di socialismo e delle condizioni materiale delle classi lavoratrici. Il maggiore Cairns morirà per ferite di guerra in Italia quando già la ragazza lo aveva dimenticato. Ma la notizia della sua morte "fu come una luce bianca e spietata". Tra tante forme d'esilio un posto ce l'hanno anche il dimenticare, o la semplice distrazione. Facciamo sloggiare un ricordo, ma poi "tutto quel passare al setaccio la vita, per poi gettarla via era un'ennesima varietà di esilio; lo sapevo già allora, ma mi sembrava del tutto giusto e perfettamente naturale". Ottima la traduzione di Giovanna Schocchera, sensibilissima ai toni e alle minime impennate del vocabolario, peraltro ricchissimo, di Mavis Gallant e, al solito, ottima anche l'edizione.
Camilla Valletti
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