Parole, opere e omissioni. La Chiesa nell'Italia degli anni di piombo

Il 18 aprile del 1974 il sostituto procuratore Mario Sossi veniva sequestrato dalle Brigare rosse a Genova; era iniziato "l'attacco al cuore dello stato" che avrebbe avuto uno dei suoi più tragici epiloghi con l'assassinio di Moro e degli uomini della sua scorta. Per la liberazione di Sossi, un ruolo fondamentale venne ricoperto dal Vaticano, e in particolare dal cardinal Sergio Pignedoli e da Corrado Corghi, un ex esponente della Dc che era uscito dal partito nel 1969 in polemica per le posizioni "ambigue" sui bombardamenti americani in Vietnam e che divenne poi ambasciatore itinerante per i rapporti con il mondo cattolico nella turbolenta America Latina degli anni settanta. Fu Corghi che assunse il ruolo di mediatore tra i terroristi, che volevano la liberazione dei militanti del gruppo XXII Ottobre, e lo stato; suo sarà il merito di convincere i brigatisti a non uccidere l'ostaggio anche quando, per volere di Berlinguer e di Taviani, si chiusero gli spazi per ogni trattativa.
Diversa fu la sorte di Moro, benché l'esponente democristiano avesse molti rapporti all'interno del Vaticano. Come sottolinea Valle, nonostante l'impegno del vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi, del vescovo di Livorno Alberto Ablondi e del vescovo ausiliario di Roma Clemente Riva, che avrebbero voluto proporsi come ostaggi al posto di Moro, il Vaticano decise di bloccare ogni iniziativa. A parere di Bettazzi, ciò avvenne perché nelle alte sfere qualcuno voleva dare una lezione all'esponente della Dc per il ruolo che aveva avuto nell'apertura alla coalizione con i socialisti negli anni sessanta e ora per la sua disponibilità nei confronti del Pci. Valle non manca di fare i nomi di costoro: innanzi tutto il cardinal Giuseppe Siri che, appena saputo del rapimento, al telefono con Giulio Anselmi, sarebbe sbottato in un "ha avuto quel che si meritava", poi monsignor Giuseppe Caprio, sostituto di Stato vaticano, monsignor Virgilio Levi, vicedirettore dell'"Osservatore Romano", il segretario di Stato Jean Villot, monsignor Luigi Cheli, nunzio pontificio presso l'Onu. Quindi, mentre Paolo VI e pochi altri avrebbero voluto la trattativa, la maggioranza dei suoi collaboratori gli consigliava prudenza e di appoggiare la linea di fermezza del governo. Del resto, Andreotti, da sempre vicinissimo al mondo vaticano, si dimostrò determinato a non trattare e, a giustificazione di tale posizione, ricordava come Moro fosse stato contrario, ai tempi del sequestro Sossi, a rapporti con i terroristi.
L'autrice ricorda anche come molti ambienti cattolici si dimostrassero sensibili ai fermenti della contestazione e alle lotte per una società più giusta tipiche degli anni sessanta e settanta, e come Renato Curcio e Mara Cagol, che si erano conosciuti alla cattolica Università di Trento, provenissero da integerrime famiglie di credenti e avessero trasferito sul piano politico la loro tensione etica. Ciò che Valle vuole sottolineare con questo libro è il ruolo del mondo cattolico nel diffondere capillarmente una sensibilità democratica e nell'arginare sia i tentativi reazionari che le ipotesi avventuristiche, ma anche l'azione che laici, credenti, preti e vescovi ebbero nelle carceri, dove si adoperarono per aiutare i detenuti per reati di terrorismo. Daniela Saresella