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Non ho assegnato il massimo dei voti perché il racconto non è il mio genere preferito. Ad ogni modo in questo libro, come in altre occasioni, la scrittura di Carofiglio è fluida ed attraente. Ne consiglio sicuramente la lettura, specie a chi voglia avvicinarsi all'autore a piccoli passi.
il pezzo migliore è la citazione della poesia di Anna Achmantova che si trova nelle prime pagine e che da un senso a tutto il libro. Lui è bravo , elegante e si legge con lo stesso piacere che si ha respirando l'aria dopo un temporale. Non è forse una delle sue opere migliori ed io sono prevenuto contro i racconti che spesso non mi soddisfano appieno, ma se vi8 capita leggete questo libro e non rimpiangerete il tempo impiegato
Quello del racconto è sicuramente un genere molto insidioso, ed è una falsa credenza che scrivere prosa 'breve' sia più facile che scrivere romanzi. Non è banale riuscire in poche pagine a sintetizzare, emozionare, trovare l'equilibrio fra il coivolgimento e lo spazio ristretto della narrazione. Questo libro, purtroppo, ne è la prova. Premesso che quando si raccolgono cose così eterogenee, semplicemente per mettere insieme un libro e fare un'operazione meramente commerciale (e questo, ahimé, sembra essere proprio il caso), il risultato 'estetico' nel suo complesso non può che essere fallimentare. Pezzi disomogenei e inconsistenti, assolutamente non all'altezza dell'autore che ricordiamo soprattutto per la saga dell'Avvocato Guido Guerrieri, dove le 'trame processuali' riescono ad intrecciarsi con destrezza e raffinatezza a quelle della vita vissuta. Detto questo è ovvio che qualcosa di buono c'è. Carofiglio è un buon narratore e, anche in questi racconti di varia provenienza, con altalenante fortuna, riesce ad avere qualche spunto interessante e originale. Degno di nota è sicuramente il pezzo che chiude il libro La doppia vita di Natalia Blum, che tuttavia è la prova che i risultati migliori sono laddove c'è più 'spazio' per sviluppare un intrigante intreccio 'poliziesco'.
Recensioni
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Secondo l’opinione di alcuni, scrivere racconti è più semplice che scrivere romanzi, perché il processo creativo, per uno scrittore solerte, potrebbe esaurirsi nello spazio di un giorno. Ma scrivere dei buoni racconti è un’altra cosa. È l’arte di imbrigliare una storia in poche pagine. L’arte di trattenersi.
Gianrico Carofiglio, pur avendo raggiunto la notorietà grazie alla serie di romanzi polizieschi che hanno per protagonista l’avvocato Guido Guerrieri, non disdegna questa forma espressiva, anzi forse proprio nei racconti riesce ad esprimere tutta la sua abilità nel mantenere l’equilibrio tra la ricchezza della trama e la sua sintesi. Riesce a imbastire una storia, tratteggiare i personaggi con rapide pennellate, creare coinvolgimento e suspense suggerendo possibili percorsi alternativi, sperimentare nel finale e anche strappare un sorriso al lettore, tutto nello spazio di trenta pagine. Dieci minuti di godimento. E ci riesce perché il magistrato barese è quello che si dice “uno scrittore di razza”.
In questa raccolta di racconti, che include alcuni testi già pubblicati precedentemente (tra cui Vigilie, La doppia vita di Natalia Blum, Giulia, Mona Lisa, Il paradosso del poliziotto e naturalmente Non esiste saggezza, che dà il nome alla raccolta) è compreso anche un inedito, Il maestro di bastone, che può considerarsi un racconto di formazione. Si tratta della storia di un adolescente che, durante la turbolenta separazione dei suoi genitori, viene mandato in vacanza a casa di alcuni parenti, nella Murgia. In questa villa di campagna il protagonista del racconto, Enrico, scoprirà il fascino dell’avventura e il coraggio dell’incoscienza, scoprirà che il ruolo che ciascuno di noi si ritaglia nella vita è il risultato degli incontri e delle strade che ha percorso. Si tratta quindi del classico racconto scritto in prima persona sui turbamenti e le conquiste di un adolescente, ma Carofiglio li descrive usando uno sguardo quasi femminile, lo sguardo di quelle donne che dalla vita hanno imparato più di quanto non lascino intendere.
Gli altri racconti della raccolta sono invece accomunati da un’atmosfera noir e da personaggi pieni di mistero. C’è il viaggio in treno di un giovane poliziotto e la vigilia di Natale passata alla stazione Termini del maresciallo Bovio; c’è la storia di una bambina violata e quella di una donna perduta a un semaforo; l’inchiesta di un sostituto procuratore della Repubblica e quella di un famoso scrittore di romanzi gialli. Nonostante l’autorevolezza con cui si presentano i personaggi maschili, sono sempre le donne a calamitare l’attenzione del lettore. Pieni di fascino, i personaggi femminili di Carofiglio sono ombre senza passato che compaiono in queste storie e in queste vite destando stupore e spesso stupendosi di loro stesse. Il magistrato barese gli tributa una raccolta che è quasi una lezione su come si debbano tratteggiare i personaggi letterari e inserisce un racconto, Intervista a Tex Willer, che finisce per essere un metadiscorso sui personaggi e sulla loro esistenza, spesso autonoma, rispetto agli scrittori:
«Tex W.- Lei sa cosa c’è negli spazi fra le vignette?
…C’è tutta la vita che non è mai stata raccontata. Ci sono le vicende che non diventano storie – per scelta o più spesso per caso – e si perdono nei gorghi del tempo che passa. Ci sono le occasioni non colte, le cose che non vogliamo ricordare o non vogliamo sapere di noi stessi e degli altri. Gli spazi fra le vignette sono il sottosuolo della nostra coscienza».
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