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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2014
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Preziosa testimonianza che fa profondamente riflettere su ciò che abbiamo dimenticato e che con urgenza dobbiamo assolutamente tornare a riprendere, recuperare. La consapevolezza e il rispetto alle cose e alle persone, a tutto ciò che ci è stato donato e che dà un senso alla nostra esistenza qui, su questa nostra unica, generosa Terra.
Mi ha molto colpito di questo libro la capacità dell'autore, ricordiamo notissimo regista di film come "L'albero degli zoccoli" o "La leggenda del Santo bevitore", di saper narrare del suo amore e rispetto verso la natura. Un'autobiografia che naturalmente è incentrata sui successi riscossi nel mondo del cinema e sugli incontri avuti da Olmi con notissimi personaggi del mondo dello spettacolo; ma , ripeto, quello che spicca, a mio avviso, è la profondità è la sensibilità delle parole e delle pagine dedicate ai luoghi descritti. Ad es molto bello il capitolo intitolato "Una presenza nel bosco" in cui l'autore ci narra della sua casa nell'altopiano di Asiago, ultima abitazione prima del bosco, e della sorpresa nel riuscire addirittura a conquistare la fiducia di uno scoiattolo prima timido dietro i rami di un albero poi addirittura sul palmo della mano a chiedere una noce!!! Perle di saggezza disseminate qua e là nel libro, tipo: "Dice un antico proverbio cinese: "Se hai due soldi, uno spendilo x il pane e con l'altro compera giacinti per il tuo spirito" Da segnalare sicuramente anche l'incontro col poeta e scrittore vietnamita Nguyen Huy Thiep di cui racconta uno struggente aneddoto(prendendo spunto dalla storia di un maestro elementare) a riguardo proprio del Vietnam e del cambiamento radicale dei comportamenti degli abitanti dal 1950 ad oggi. Molto suggestive anche le pagine relative ai ricordi d'infanzia, a Milano e alla sua famiglia. Parole semplici che arrivano dritte al cuore, bello
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Il ragazzo della Bovisa è cresciuto.
O forse no: forse Ermanno Olmi è rimasto quel bambino che giocava all’ombra dei gasometri nei quartieri più popolari di Milano e in quel microcosmo trovava le chiavi per conoscere il mondo intero.
È rimasto quel narratore che ha affinato il suo sguardo sugli uomini riuscendo a raccontarli tanto bene nonostante – com’è lui stesso a confessare – se dovesse rinascere si dedicherebbe piuttosto a studiare le piante e gli animali, le stagioni e i colori, perché gli uomini “rimarranno sempre un enigma”.
Olmi ha sfornato nel corso di una lunga vita di cineasta tanti, bellissimi film.
Ma nel suo caso l’allegoria dello “sfornare” non è peregrina: perché i film di Olmi hanno spesso avuto il profumo del pane croccante; carichi com’erano di sapori rustici e semplici; elegie di una civiltà contadina colta nel momento della sua definitiva abdicazione al mondo che sarebbe stato.
Ma attenzione: in Olmi non c’è livore, né astio per una modernità che spesso è solo sedicente tale.
I suoi primi film, documentari commissionati dalla Edison sulle dighe e la vita dei guardiani, spiegano molto bene ancora oggi, a più di cinquant’anni dalla loro realizzazione, come il progresso possa – almeno in potenza – riscattare l’uomo dalla povertà.
Questa consapevolezza si accompagna sempre, nella riflessione di Olmi, a quella sua gemella: che ogni progresso ha un costo, e bisogna saperlo intepretare per non lasciare che a prendere il sopravvento siano gli effetti collaterali del benessere, primo fra tutti un “allentamento della tensione morale”.
Qui si passa dall’imprinting “olfattivo” lasciato in eredità ad Ermanno dal padre operaio, morto quand’egli era ancora un ragazzino, alla scoperta folgorante del cinema, e l’intuizione che quello strumento in technicolor poteva rappresentare ben più che un semplice passatempo da dopolavoro.
Prima di arrivare alla fine del libro avremo incontrato gli amici e i colleghi che hanno diviso col regista di “L’albero degli zoccoli” progetti e sogni, amarezze e trionfi. La soddisfazione per quanto di buono si è fatto, e un velato rimpianto per quel che di ancora più bello (forse) non si è riusciti a fare.
Somiglia a un bilancio, ma tracciato attraverso il confronto con l’altro da sé. Nel libro di Olmi si susseguono come brevi lampi i ricordi di una vita buona. Tutto suona sincero, garbato e non sentimentale, ma piuttosto – com’è Olmi a dire di sé stesso – “di sentimenti”.
Non è una differenza da poco.
A cura di Wuz.it
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