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Confesso di aver fatto molta fatica a leggere questo libro. Spesso ripetitivo nei concetti esposti, pieno di luoghi comuni legati all'allarmismo climatico si riduce ad una "Bibbia" sui cambiamenti climatici prendendo per assodato quanto diffuso da certi scienziati e dal mainstream sul tema, quando il tema è molto più complesso e tante "verità" relative ad esso sono state ampiamente smentite dai fatti. Ciò che Naomi Klein non ha capito è che le conclusioni scientifiche non si definiscono né si impongono con una maggioranza che domina una minoranza (come se si fosse in un Parlamento) ma piuttosto su un confronto costante tra specialisti del settore, su osservazioni oggettive (che non si limitano a fantasiose conclusioni stabilite attraverso computer) e soprattutto sul dubbio, ovvero che mai nulla nella Scienza può definirsi come determinato una volta per tutte. Davvero una grande delusione quindi questo libro di Naomi Klein che ci aveva abituati ad opere di spessore ben diverso.
Un approfondito viaggio sui temi a mio avviso più scottanti ed importanti della nostra generazione. Un libro ricco di informazioni e dettagli sul problema dei problemi, il cambiamento climatico. Mi ha aperto gli occhi su vari fronti, una ricerca a 360 gradi di ciò che è stato fatto, di ciò che non è stato mai fatto e di tutto ciò che dovremmo fare per fermare questa sempre più veloce implosione climatica.
Naomi Klein è da sempre impegnata in prima linea in queste battaglie. Il volume in questione, con le sue innumerevoli pagine, non delude le aspettative. Consigliato.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Siamo abituati a Naomi Klein. Siamo abituati agli shock che ci provocano i suoi libri: basta pensare a No Logo che, nel lontano 2001, ha dato il via a un agguerrito movimento d’opinione, che è stato in grado di incidere davvero nella realtà.
Basta pensare a Shock Economy, in cui la giornalista canadese ha preconizzato con agghiacciante esattezza il fallimento delle teorie liberiste su cui si basa l’Occidente, il nostro Occidente.
Quello a cui invece non siamo abituati – soprattutto di questi tempi – è leggere un libro di portata storica enorme come Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile. Prima di farsi trarre in inganno dal titolo, bisogna dire che la Klein non è affatto marxista: il suo è un libro globale, planetario, di afflato rivoluzionario, urgente e – paradossalmente – umanista. Diciamocelo: nessuno, a parte sparuti gruppi di esaltati attivisti, ha mai preso veramente sul serio il “cambiamento climatico”.
Quasi sempre una postilla dovuta nei programmi di governo, ogni tanto se ne parla quando dobbiamo scegliere se comprare verdura bio, o quando mandiamo i bambini al mare a “respirare un po’ di iodio”.
Nessuno di noi ha mai pensato seriamente di lasciare da parte la macchina, di mettere in stand-by gli apparecchi di casa, o di non prendere l’aereo e optare per il treno. Il massimo che facciamo è andare in bicicletta (ma solo se non fa freddo) e fare la raccolta differenziata. Come se fosse una scelta responsabile e personale, e non una necessità.
Ecco: qui la questione viene ribaltata. Frutto di più di cinque anni di viaggi, studi rigorosissimi ed interviste decisamente accurate, Una rivoluzione ci salverà ci mette davanti al fatto compiuto: abbiamo esaurito le risorse, il tempo e la capacità di sopportazione della terra. La Klein ci presenta una verità semplice e dolorosa: abbiamo inquinato per più di 200 anni, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità per troppo tempo, assistito inermi e disinteressati alla lenta erosione della sfera pubblica, sposato in pieno la filosofia capitalista della continua crescita, figlia della cultura post-illuminista che dava l’uomo come padrone della natura. Una natura da sottomettere impunemente, da controllare e piegare ai nostri bisogni. E intanto, la distribuzione della ricchezza si faceva sempre più ingiusta: la disoccupazione saliva, la crisi economica mordeva, la copertura sanitaria si riduceva.
In questo decennio zero della crisi climatica, all’alba di un’emergenza senza precedenti, di un immediato collasso della civiltà così come la conosciamo, siamo prigionieri in senso politico, fisico e culturale. Per come è la situazione oggi, la previsione più rosea è un aumento di due gradi della temperatura globale: la finestra climatica si sta chiudendo, e lo farà nel 2017, ultima data utile per evitare la catastrofe. Ciò che fa del grido d’aiuto della Klein qualcosa di veramente serio e terrorizzante è il suo mai scadere nel catastrofismo millenaristico, nelle denunce di una certa sinistra green che ha il solo scopo di produrre immobilità sociale e che ha fatto proprio il mai dimenticato sussurro gattopardiano "Tutto cambi affinché nulla cambi". No. La Klein argomenta, dimostra, presenta fatti, cifre; fa nomi e cognomi- e forse è peggio. È peggio perché quello che scrive, con una limpidezza, un coinvolgimento e una potenza che fanno paura, è tutto vero. Non ci sono esagerazioni, costrutti ideologici, tautologie. Non c’è saccenza. Ci sono solo fatti: è un fatto, ad esempio, che da quando è stato ratificato il protocollo di Kyoto le emissioni carboniche siano aumentate del 57%; è un fatto che i paesi ricchi delocalizzino le produzioni inquinanti nei paesi in via di sviluppo, emettendo sei volte di più; è un fatto che le emissioni della Cina siano 671 mg/die, quando il limite di pericolosità è fissato a 25; è un fatto che le compagnie petrolifere continuino a trivellare impunite progettando di farlo ancora per più di 40 anni; è un fatto che nel 2014 il 12% dell’energia globale derivi dal nucleare e solo il 4% da fonti verdi.
Ma è un fatto anche che la transizione globale verso il 100% di energia verde è «attuabile sia tecnicamente che economicamente entro il 2030». La dura verità è che, semplicemente, il sistema economico e il sistema planetario sono in conflitto: il capitalismo – sostiene la Klein – ci ha tagliato le radici, facendoci sprofondare in una ipnotica spirale dell’eterno presente, in cui si è stati abituati a sacrificare ciò che ora non è più sacrificabile.
Abbiamo sognato ad occhi aperti che tanto, alla fine, la tecnologia ci avrebbe salvato ad appena un passo dal punto di non ritorno. La più grande illusione della nostra cultura è che qualcuno ci solleverà dalle conseguenze delle nostre scellerate azioni: il punto non è salvare la terra, ma salvare noi. Risvegliare impulsi universali, quasi primitivi: proteggere i nostri figli e il nostro territorio.
In questo libro c’è la speranza: la speranza negli occhi dell’attivista la notte dell’elezione di Obama, quando si pensava che il mondo, davvero, stesse per cambiare. La speranza dei nativi che vedono la Shell abbandonare i loro terreni dopo dimostrazioni pacifiche, con tanto di torte e canti tipici.
Parafrasando Trockji, la mobilitazione ecologista deve essere mondiale, o non sarà. È decisamente ora di un riarmo morale. Il mondo salverà la bellezza? L’amore salverà questo posto? Si tratta, semplicemente, di risvegliare il gigante addormentato della latente indignazione ecologica. Ma in questo libro c’è anche la vergogna: la vergogna collettiva di esserci fatti abbagliare da un’abbondanza che sembrava eterna, la vergogna di non aver saputo conservare quello che ci è stato dato per essere trasmesso intatto, la vergogna di voltare gli occhi dall’altra parte e far finta di niente. La soluzione di Naomi Klein è sorprendentemente (e grazie a Dio) vicina alla teoria totale. Non ci sono scuse, non più: quello che la Klein ci offre, con un senso di urgenza allarmante, è la possibilità – vera, concreta, attuabile – di salvarci. Questo non è un libro da leggere, è un libro, quando lo si ha finito, da chiudere con un tonfo e da mettere in pratica. Le parole devono essere incise nella nostra memoria, ed essere la guida delle nostre azioni: perché nessuno verrà a salvarci, e questa è davvero la nostra ultima occasione. Un’idea sana di comunità è al centro della riflessione della Klein (che tocca vette paragonabili a Piketty, a Bataille, addirittura ad un certo Marx): il più grande pericolo è l’isolamento, abbiamo la possibilità di lottare contro l’estrazione violenta delle risorse e di riprenderci la sovranità, consegnando questo posto alle generazioni che verranno. Dobbiamo compiere un salto di civiltà che ci salverà. Perché alla fine, sta tutto in quel “ci”. Se non riusciamo a risolvere il problema del clima, tutto il resto è beffardamente inutile. Siamo appena in tempo per compiere l’impossibile.
Viene in mente una bella storia, di quelle delicate e potentissime. Eccola: «Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco. "Cosa credi di fare?", gli chiese il leone. "Vado a spegnere l'incendio!", rispose il colibrì. "Con una goccia d'acqua?", disse il leone con un sogghigno di irrisione. E il colibrì, proseguendo il volo, rispose: "Io faccio la mia parte"».
La Storia sta bussando alla nostra porta: noi cosa rispondiamo?
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