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La scuola cattolica
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La scuola cattolica - Edoardo Albinati - copertina
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scuola cattolica

Descrizione


Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei più clamorosi crimini dell'epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant'anni ha custodito i segreti di quella "mala educacion". Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo, che sbalordisce per l'ampiezza dei temi e la varietà di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri più vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della società italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: "Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?". Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l'amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose.
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Dettagli

2016
1294 p., Rilegato
9788817086837

Valutazioni e recensioni

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Tinama
Recensioni: 2/5

Come si fa a leggere per intero un libro del genere? Quasi 1300 pagine che, tra l’altro, pur se ben scritte, non trasmettono positività. Non sono “arrabbiata” come il lettore Mario ma contenta di non aver acquistato il libro ma preso in prestito. L’idea di partenza è accattivante ma poi la narrazione-saggio si disperde in rivoli che diventano fiumi di parole, divagazioni, digressioni fuorvianti (forse con funzione liberatoria per l’autore) che costringono il lettore a salti di pagine se non di interi capitoli. A volte è lo stesso l’autore a suggerire questa idea. Allora mi chiedo: perché far fare al lettore queste selezioni? Credo ci sia anche un rispetto nei confronti di chi deve leggere. La scrittura di un libro non può essere un pretesto per svuotare la propria mente da tormentoni ingombranti. Si perde così il piacere della lettura. Concordo con il lettore Alessandro “Ne esce svilito il premio Strega” ma anche il piacere della lettura.

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vincx
Recensioni: 5/5

Un libro ambizioso come in Italia non se ne scrivono più. Un romanzo di oltre mille pagine oggigiorno è un insulto alle regole del marketing editoriale. Eppure è il genere di sfide di cui la nostra letteratura ha bisogno e Albinati l’ha affrontata e - a mio avviso - superata con merito. Sì certo nel libro c’è un flusso di coscienza che lo rende dispersivo e a volte poco scorrevole ma la ricchezza del contenuto ripaga e il romanzo convince. Il marcio della società italiana degli anni 70 e 80 analizzato nelle sue radici urbane ambientali e sopratutto sociali che richiamano certe tesi di Pasolini sulla aridità e sull’ipocrisia sulla borghesia di quegli anni.

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Vivivale
Recensioni: 2/5

Mi aspettavo di più da questo romanzo di Edoardo Albinati, invece diventa inutilmente noioso e non è il massimo per un libro di 1200 pagine! Aver vinto il premio Strega spesso non è una garanzia. E questo caso lo dimostra. Mi sono piaciuti solo i ricordi legati alla scuola e ai ragazzi che la popolavano, più veri e scorrevoli del resto.

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Recensioni

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Voce della critica

Ci sono romanzi che gravitano attorno a un buco nero: un nucleo che esercita un’irresistibile forza centripeta riconducendo a sé le linee dell’intreccio, e al tempo stesso un sasso gettato nella realtà, dal quale si originano cerchi concentrici sempre più ampi. Anche La scuola cattolica appartiene a questa categoria. Il suo buco nero è la villa del Circeo dove il 29 settembre 1975 Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido sequestrarono e seviziarono per un giorno e una notte Rosaria Lopez e Donatella Colasanti (...).

La cronaca del massacro compare per la prima volta a pagina 473, e viene dopo, nell’ordine: la presentazione di una classe di preadolescenti maschi del San Leone Magno, che alle soglie della pubertà sognano ossessivamente il corpo delle donne ma sono soggetti a una feroce educazione alla virilità che è innanzitutto educazione all’omosocialità; improvvisi affondi analitici nella psicologia dello stupro; lunghe analisi del declino della famiglia borghese nella topografia benestante del quartiere Trieste di Roma (...). Sarà chiaro a questo punto che La scuola cattolica nasce dall’ambizione di radiografare un periodo storico preciso in un luogo preciso a partire dagli indici che il delitto del Circeo vi proietta come ombre e che sono per Albinati le chiavi di accesso alla sua generazione, o meglio, ai maschi della sua generazione: il sesso e la violenza, nel momento in cui il sesso cominciava a corteggiare la violenza e la violenza a inglobare il linguaggio del sesso, facendo esplodere in forme eclatanti l’eterno conflitto tra i generi.

L’ambizione di questo assunto ne farebbe in potenza un perfetto esempio di romanzo-saggio, come infatti è stato definito. Si tratta invece di un romanzo che non crede abbastanza in se stesso da diventare un saggio e di un saggio che non ce la fa a trasformarsi in romanzo perché non dimentica mai di essere un saggio. È come se Albinati svolgesse il suo teorema tre volte: la prima nella forma del Bildungsroman, la seconda in quella della riflessione psico-sociologica, la terza in quella della narrazione memoriale – tre forme discorsive, forse non a caso, che escludono la dialogicità: la prima e la terza perché sono il discorso di uno solo, la seconda perché è il discorso di tutti, quindi in definitiva di nessuno. Tra una voce narrante saccente e incerta, ma onnipresente (...) e la voce impersonale del senso comune, che spaccia per sentenze le proprie ovvietà, a smarrirsi è proprio l’arte del romanzo, quell’arte per cui, secondo Milan Kundera, mentre lo scrittore tiene alle proprie idee e alla propria voce, il romanziere non dà grande importanza né alle une né all’altra, ma insegue una verità che ancora non conosce.

Recensione di Beatrice Manetti

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Vincitore del LXX Premio Strega. Presentato da Raffaele La Capria e Sandro Veronesi.

Un imponente lavoro che premia l’ambizione e il coraggio di Albinati, senza ombra di dubbio autore di un libro epocale, del quale sicuramente il pubblico e la comunità editoriale italiana parleranno a lungo.


Nascere maschi è una malattia incurabile


Esistono episodi capaci di forgiare l’immagine di una generazione attraverso una potenza simbolica disarmante in termini di capacità di sintesi storica. Il delitto del Circeo è uno tra questi, poiché ha rappresentato la personificazione degli squilibri della gioventù romana di metà anni Settanta. La Roma piccolo-borghese di quegli anni fu infatti un humus in grado di produrre malavitosi, assassini e terroristi di ogni colore, a dispetto dell’apparente facciata rassicurante e perbenista dei quartieri in cui tali terribili circostanze si manifestarono in tutta la loro inattesa violenza.

La Scuola Cattolica è un’indagine sulla psiche di una generazione, un testo privo di intenti auto-assolutori, eppure in grado di fornire al lettore un’immagine nitida delle ipocrisie contro cui quella gioventù dovette lottare. Un conformismo piccolo-borghese che inevitabilmente quei giovani finirono per assimilare, in bilico tra un’obsoleta educazione religiosa e la liberazione dei costumi, una contraddizione capace di generare mostruosità.


1975, Quartiere Trieste, istituto San Leone Magno. Tre semplici coordinate spazio-temporali su cui si regge questo coraggioso romanzo di Albinati, un unicum all’interno del panorama letterario italiano contemporaneo, non solo per l’immensa durata – quasi 1300 pagine – ma anche per la forma. Il testo infatti si presenta come un torrenziale flusso di coscienza auto-biografico su cui si innestano, oltre al racconto delle vicende intime dell’autore, delle riflessioni socio-culturali sulle ragioni che condussero dei giovani di buona famiglia a trasformarsi in violenti omicidi.

La Scuola Cattolica non è solo il titolo del libro ma anche il massimo comune denominatore che unisce Albinati con gli autori del delitto, tutti studenti dell’istituto San Leone Magno, una scuola privata gestita dai frati maristi. Un luogo in cui la piccola borghesia romana mandava i pargoli per accertare una presunta scalata sociale e per proteggere la prole dai pericoli del mondo. Qui i giovani furono imprigionati in un ambiente segregato dal mondo femminile, un incubatore di inquietudini sessuali che ha acuito le normali angosce adolescenziali legate all’identità maschile in divenire.


Il romanzo è popolato dagli insegnanti e dai compagni di scuola dell’autore, personaggi mitologici, le cui descrizioni sono date al lettore attraverso una mirabile capacità di ricostruire il linguaggio, gli atteggiamenti e l’immaginario collettivo di una generazione. Gli stati d’animo dei personaggi vengono riproposti con un’onestà sanguigna, a dimostrazione che, nonostante siano passati quattro decenni, quelle paure siano ancora fresche, indelebilmente marcate nell’animo, e necessitino di questo romanzo-fiume per essere indagate ed esorcizzate.

Il testo appartiene parzialmente al genere letterario delle confessioni, di cui vengono autoironicamente evocati dall’autore ingombranti paragoni con S. Agostino e Rousseau. La natura del romanzo - sospesa tra uno sviluppo diaristico e il libero flusso di coscienza - conferisce alla trama un andamento narrativo per nulla lineare, sostenuto tuttavia da una prosa chiara e ammiccante che procede vivacemente a sprazzi, attraverso esplosioni di ritmo che trovano forma in affascinanti digressioni psicologiche capaci di sostituire la trama stessa.

Risulta infatti difficile trovare un appiglio narrativo - per esempio cronologico - che riesca a legare tutti gli episodi descritti. Il delitto del Circeo stesso viene per la prima volta evocato solo a metà del libro, come se non fosse la ragione stessa del romanzo, ma un accidente che interrompe bruscamente i pensieri dell’autore per poi ricomporli e veicolarli verso un fine.


L’obiettivo infatti non è la cronistoria di un delitto ma la ricostruzione di un sentire comune che legava i giovani romani in quegli anni, un imponente lavoro che premia l’ambizione e il coraggio di Albinati, senza ombra di dubbio autore di un libro epocale, del quale sicuramente il pubblico e la comunità editoriale italiana parleranno a lungo.

Recensione di Matteo Rucco

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Conosci l'autore

Edoardo Albinati

1956, Roma

Edoardo Albinati è nato a Roma nel 1956. Ha pubblicato libri di narrativa e poesia, tra cui Il polacco lavatore di vetri (Longanesi 1989), Orti di guerra (Fazi 1997), Maggio selvaggio (Mondadori 1999), 19 (Mondadori 2000), Sintassi italiana (Guanda 2001), Il ritorno (Mondadori 2002), Svenimenti (Einaudi, 2004), Tuttalpiù muoio (Fandango, 2006), Guerra alla tristezza (Fandango, 2009), Vita e morte di un ingegnere (Mondadori, 2012), Oro colato. Otto lezioni sulla materia della scrittura (Fandango Libri, 2014), La scuola cattolica (Rizzoli, 2016), vincitore del LXX Premio Strega, Sintassi italiana (2019).Dal 1994 Albinati lavora come insegnante presso il penitenziario di Rebibbia, a Roma.

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