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Nella “chiazza di fuliggine e di fumo” di Coketown, una sorta di Londra infernale “non contaminata da tracce di fantasia”, prendono vita i contraddittori personaggi di Tempi difficili, uno dei più amari e complessi romanzi di Charles Dickens. Il sindacalista Slackbridge incanta folle di sfruttati con argomenti demagogici e superficiali; l’operaio Stephen Blackpool, legato a una moglie alcolizzata e prostituta, viene accusato ingiustamente di furto, e licenziato dal padrone; il rapace imprenditore Bounderby, uomo che si è fatto da sé, si crogiola nella sua finta strategia liberista; il politico Harthouse cerca proseliti per il “partito dei fatti” dove ogni sistema ideologico vale l’altro. Con cupa fantasia goyesca Dickens costruisce una sorta di favola morale, un’ironica e amara critica all’utilitarismo industriale e alla sua possibilità di accrescere la felicità umana.
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Questo romanzo ci mostra che la "difficoltà dei tempi" è dovuta sia a fenomeni sociali - come la piaga dell'utilitarismo -, ma anche a pericoli morali, come un mondo privo di immaginazione. Ed è proprio questa la triste piega che sta prendendo la realtà. Mi ha fatto riflettere.
Il romanzo è ambientato nel pieno dello sviluppo industriale che investe l'Inghilterra vittoriana, e, come in gran parte dei classici di Dickens, viene svolta un'analisi impetuosa delle disagiate condizioni in cui le classi vivevano quei tempi difficili, sottolineando le differenze che regnano sovrane tra oppressi e oppressori. Al contempo abbiamo un'altra contrapposizione: quella tra chi ragiona seguendo inflessibilmente gli schemi razionali, senza ammettere sentimentalismi, e chi invece è ancora capace di fare scelte influenzate dalla fantasia e dall'amore. I caratteri sono fortemente stilizzati, e perciò difficili da dimenticare, e inoltre abbiamo un piccolo mistero da risolvere che rende il romanzo ancora più avvincente; stupendo il finale, che non mancherà di farvi versare un lacrimuccia.
Sembra che l'immaginazione in questo romanzo, che segue di un anno, il 1854, "Casa Desolata", sia bersaglio di alcuni moderni insegnanti che vogliono "tagliare la gola alle Grazie", ossia, sostituirla con la concretezza, ovvero con i "Fatti". Davanti ad una scolaresca così stanno facendo Thomas Gradgrind e un funzionario governativo, inviato apposta a propagare i nuovi metodi di educazione scolastica. "Non devi mai immaginare!" tuonerà questi alla piccola Sissy Jupe, e subito dopo, rivolto a tutti: "Dovete sempre farvi guidare e governare dai fatti"; "Ecco la molla che azionava il misterioso congegno meccanico capace di educare la ragione, senza piegarsi a coltivare sentimenti e affetti." L'ironia di Dickens, questa volta è messa al servizio dei metodi usati nella scuola inglese per insegnare ai ragazzi. Thomas Gradgrind è il proprietario della scuola ed ha affidato il compito dell'educazione e della istruzione al maestro M'Choakumchild, il quale "Era uscito di recente dalla stessa fabbrica che, usando identici metodi e ispirandosi agli stessi principi, aveva plasmato, oltre a lui, altri centoquaranta maestri, come se si fosse trattato di gambe di pianoforte." Questo tipo di educazione fa però le prime crepe, perfino nei confronti dei cinque figli di Thomas, uno dei quali, dallo stesso nome, viene scovato dal padre a spiare, insieme con la sorella Louisa, attraverso il tendone del Circo Equestre Sleary, in una scena che, qualche anno dopo, troveremo somigliante nel romanzo "Professor Unrat" di Heinrich Mann, che è del 1905. Dickens, rispetto al tema che vuole trattare e indicato nel titolo, ricorre ad una figura che non manca mai in ogni tempo, un innocuo smargiasso che da povero è diventato ricco, e non fa altro che cantare la sue lodi, ricordando quanto fosse nato povero e sventurato. Questo personaggio, che ci accompagnerà per tutto il romanzo, si chiama Josiah Bounderby, "banchiere, commerciante, industriale e chissà che altro ancora."; "Un uomo che era uno schiacciasassi dell'umiltà."; "Sono nato con un'in
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