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Un libro incredibile, dopo qualche anno rimane attuale. Da consigliare a chi si vuole "informare".
Un bel libro, anche se scitto male a mio parere. Confuso nella parte che riguarda la prigione di Moro. Più efficace Doveva Morire di Imposimato e Provvisionato.
E UNO DEI LIBRI PIU BELLI CHE IO ABBIA MAI LETTO,E PURTROPPO TI FA CAPIRE CHE LA NOSTRA POVERA ITALIA E STATA VIOLENTATA IN NOME DEL POTERE E CHI CERCO DI FERMARE QUESTO PACTUM SCELERIS PAGO CN LA VITA NELLA PERSONA DEL PRESIDENTE ALDO MORO.
Recensioni
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Uno studioso di cui tutti, da anni, hanno apprezzato le capacità di indagine e il rigore filologico, come De Lutiis, autore di una Storia dei Servizi segreti (pubblicata dagli Editori Riuniti per la prima volta nel 1984), ha accettato la sfida di offrire una ricostruzione del delitto Moro, un delitto politico che si inserisce in un contesto drammatico, e in parte segreto, che si forma fin dagli anni cinquanta, ma che ha il suo culmine nella seconda metà degli anni sessanta e del decennio successivo. È di questi anni il riaccendersi del conflitto bipolare tra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, che usano mezzi diversi (e spesso anticostituzionali nei vari paesi alleati) per difendere "l'equilibrio di Jalta" tra i due blocchi. In questo contesto, sostiene De Lutiis, si può ipotizzare che prima, o durante, il sequestro, ristrettissimi vertici delle Br siano entrati in contatto con elementi che operavano per conto di ambienti molto influenti a livello internazionale.
Al di là di esigenze contingenti come il recupero dei "verbali" di ciò che Moro probabilmente rivelò nel corso degli interrogatori e il conseguente impegno alla segretezza assoluta di chi interrogò lo statista (forse in cambio di concreti aiuti in direzione di una benevola soluzione di problemi giudiziari), è plausibile che i terroristi abbiano appreso che la controparte chiedeva, al di là di quello che i brigatisti potessero pensare, che il sequestro proseguisse fino alla sua tragica conclusione. La logica di Jalta esigeva che, con quel gesto, venisse di fatto impedito che i comunisti italiani entrassero, sia pure in posizione subordinata, in un governo di coalizione. Questa eventualità era troppo pericolosa sul piano militare per gli Stati Uniti e addirittura devastante per la nomenklatura sovietica, perché l'esempio di un partito comunista democraticamente votato che entra in coalizione con partiti di altra estrazione avrebbe risvegliato antiche e sacrosante aspirazioni tra quei popoli dell'Europa orientale per i quali l'alleanza con l'Unione Sovietica si era rivelata un vassallaggio forzoso.
In diversi capitoli, caratterizzati da un'esposizione impreziosita da un ricco corredo di note e dal rinvio costante a fonti testimoniali e documentarie, De Lutiis esamina, da una parte, la nascita del terrorismo nero e rosso in Italia tra gli anni sessanta e settanta, e, dall'altra, l'atteggiamento a dir poco ambiguo dei governi e delle classi dirigenti politiche, militari ed economiche del paese, dinanzi ai tentativi di golpe con fini intimidatori o ricattatori nei confronti dei partiti di sinistra. Al centro vi sono il gioco sotterraneo che si svolge tra i servizi segreti italiani e quelli di altri paesi (in particolare quello americano e il Mossad israeliano), gli sviluppi della politica italiana dopo il fallimento del centrosinistra e il profilarsi prima dell'eurocomunismo voluto da Belinguer, poi dell'incontro tra le masse cattoliche e quelle comuniste alla base della politica comunista e di quella democristiana, così come del tentativo di "compromesso storico". L'autore fa così emergere, con ampiezza di inediti, le contraddizioni e i misteri ancora esistenti sul rapimento, sui rifugi, sui rapitori e sui carcerieri di Moro, sui ruoli giocati da tutti gli attori del dramma, sulle volontà diverse all'interno del partito cattolico che governava da oltre trent'anni il paese. Rimangono in piedi dubbi assai forti messi in luce da attori e studiosi del dramma, come il fratello di Moro, il vicesegretario della Dc di allora Giovanni Galloni, l'ex presidente della Commissione stragi Giovanni Pellegrino, il giudice Priore e altri magistrati che hanno indagato sul mistero.
Sussistono, in particolare, due grandi contraddizioni rispetto alle quali la ricostruzione di De Lutiis non riesce a sciogliere le componenti di fondo, ma non c'è dubbio che, attraverso il suo lavoro, possiamo arrivare più vicini alla verità. La prima riguarda le chiare reticenze o falsità dei brigatisti a proposito dei rifugi del prigioniero, del numero e dell'identità dei rapitori, delle circostanze dell'uccisione di Moro e della messa in scena finale. Si può sostenere, con qualche fondamento dopo la ricerca di De Lutiis, che il segreto e le menzogne siano state necessarie perché altrimenti troppo alto sarebbe stato il rischio di far conoscere la verità. Quelle circostanze, in altri termini, sarebbero state troppo eloquenti su quello che è davvero avvenuto, e sulle interferenze nelle azioni terroristiche. La seconda contraddizione consiste nelle rivelazioni che ha fatto Moro ai brigatisti e riguarda il memoriale di cui si è trovata una parte, ma non tutto. Anche su questo punto la conoscenza di quell'evento avrebbe svelato segreti che ancora oggi è prudente o necessario conservare. Solo risolvendo simili contraddizioni si potrà andare avanti verso la verità e il libro di De Lutiis sarà un prezioso promemoria critico. Nicola Tranfaglia
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