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Sette indizi sull'origine della vita. Una detective-story scientifica - A. Graham Cairns Smith - copertina
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Sette indizi sull'origine della vita. Una detective-story scientifica
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Sette indizi sull'origine della vita. Una detective-story scientifica - A. Graham Cairns Smith - copertina

Dettagli

1986
1 gennaio 1986
224 p.
9788820715779

Voce della critica


recensione di Fasolo, A., L'Indice 1987, n. 7

Come si è originata la vita sulla terra è problema centrale per una biologia scientifica, ma tutt'oggi elusivo. Se non vogliamo infatti ricorrere a spiegazioni metafisiche, dobbiamo in qualche modo identificare i meccanismi biologici di base che sulla terra (o nello spazio, come piace ad alcuni) hanno prodotto le forme di vita da cui si è evoluta la profusione di organismi viventi che ora conosciamo. Facendo una premessa siffatta, è evidente l'uso di almeno tre concetti impliciti, ma fondamentali: la definizione di organismo vivente, la nozione di evoluzione, una concezione di "generazione spontanea" della vita. E vi sembra poco?
Cairas-Smith propone così una certa accezione di "vita" (p. 16): "Preferisco gli usi della parola 'vita' che tengono conto di questo aspetto sfuggente, che non sono vincolanti ma in qualche modo racchiudono l'idea generale. La definizione di Coleridge è la seguente: 'Definisco la vita come... un insieme che è presupposto da tutte le sue parti'. Dopo tutto, quello che ci colpisce di una cosa vivente è la sua intrinseca ingegnosità, la parvenza di essere stata disegnata, ideata e messa insieme con uno scopo. La vita può essere considerata come una specie di meccanismo che esiste naturalmente. Possiamo vedere qual è lo scopo di una cosa vivente: sopravvivere, competere, riprodursi a dispetto degli ostacoli'".
In secondo luogo dobbiamo ritenere sulla base, direi, sia delle tracce fossili, sia di un robusto buonsenso scientifico (per fare il dotto dovrei dire: sulla base dell'ipotesi più parsimoniosa) che gli organismi più antichi (all'origine della vita) dovessero essere relativamente semplici e che solo successivamente (sia per gradi che per salti) si sia giunti all'enorme differenziamento di forme estinte o attuali. Infine dobbiamo cercare cause naturali per l'origine della vita, cause che ne spieghino la comparsa "spontanea". E qui fra l'altro fa capolino un piacevole paradosso nella storia della scienza. Gli impeccabili esperimenti di Pasteur sulla genesi dei microrganismi, negando la generazione spontanea suggeriscono una conclusione drastica: vi è un salto incolmabile fra vivente e inanimato.
Da allora siamo tutti d'accordo: gli organismi viventi attuali derivano sempre da organismi viventi (o spore) e la generazione spontanea è attrezzo da museo scientifico. Ma come sarà originata la vita? E perché, se non si tratta di un atto unico, ma di un meccanismo naturale, essa non continua a prodursi ex novo anche ora?
A questo secondo punto si risponde: chissà, forse negli abissi degli oceani e poi sono diverse le condizioni ambientali rispetto alla terra primordiale e poi ci sono gli organismi attuali, molto più competitivi e poi... Comunque siamo di fronte a un fatto incontestabile: la vita (gli organismi viventi) esistono sulla terra da oltre tre miliardi e mezzo di anni almeno. Allora, a partire dalle feconde intuizioni di Oparin e dalle ricerche di Miller si è cercata una nuova genesi che giustificasse l'origine della vita.
Sono stati così costruiti degli "scenari" per gli albori della vita seguendo quasi sempre una visione gradualistica: prima si sarebbero formati spontaneamente alcuni composti organici semplici, poi strutture molecolari complesse, infine aggregati precellulari. Il passo successivo sarebbe stato quello della cellularità sia singola (microrganismi) sia integrata (organismi multicellulari). Naturalmente ad ogni passo sorgono enormi difficoltà concettuali, a partire da quella ovvia per un biochimico: è nata prima la struttura proteica che realizza le funzioni cellulari o quella nucleica che la codifica?
Le aporie sono certo molte, ma forse la più grande è comprendere, come dice Cairns-Smith (p. 77): "Acidi nucleici sono necessari per fare proteine, ma le proteine sono necessarie per fare gli acidi nucleici (...) Le procedure per fabbricare fondamentali molecole piccole sono altamente interdipendenti: ancora una volta questo deve essere fatto prima che quello possa essere fatto- ma quello deve trovarsi già lì. L'intero è presupposto da tutte le sue parti. L'interconnessione è stretta e fondamentale. Alla base ogni cosa dipende da tutte le altre".
Allora liberiamo il nostro pensiero e per via obliqua valutiamo una possibilità inattesa: gli organismi ad alta tecnologia (con Dna, ecc.) potrebbero essere gli usurpatori di un sistema capace di replicarsi ma a bassa tecnologia. E qui nasce la brillante proposta di Cairns-Smith: gli organismi attuali ad "alta tecnologia" biochimica, potrebbero essere stati preceduti da organismi minerali e primi fra tutti da "geni di cristallo", strutture cristalline d'argilla capaci di replicarsi. Questi organismi primari di natura minerale sarebbero stati poi soppiantati da organismi secondari, gli usurpatori, ma dotati delle tecnologie più sofisticate dovute ai composti organici.
Il libro, che ha avuto una serie di giudizi critici assai favorevoli, è vigoroso, di piacevolissima lettura e quindi da consigliare a tutti i curiosi della natura. Il suo impianto insolito, quasi un poliziesco intessuto da citazioni da Conan Doyle, finisce col farci identificare l'autore Cairns-Smith, reputato professore di chimica organica, con il grande detective Sherlock Holmes. Dietro la veste scintillante sta però una solida formazione scientifica, ed anche un modo d¡ avvicinarsi alla conoscenza scientifica per via "indiziaria" come ora piace a molti epistemologi (della scienza e non).
Devo così confessare di aver letto il libro con grande piacere e pieno di sana, "invidiosa" ammirazione per un autore (e una pubblicistica scientifica) che sanno entrare nei problemi in modo diretto e piacevole, ma non superficiale, sempre sul filo di uno humour anglosassone che evidentemente esiste davvero e che fa evitare barbose erudizioni e tediose polemiche. Non nego tuttavia di aver finito il libro con un certo imbarazzo quando, analizzati i sette indizi sull'origine della vita, mi sono trovato a concludere: bene, allora i "geni di cristallo" possono essere messi fra gli indiziati, ma Cairns-Smith (e i sostenitori della teoria "inorganica") dovranno trovare allora sette volte indizi (numeri magici, aiutateci) per spiegare come è avvenuto veramente il fatto.
Seriamente, troppo sbrigativo e pieno di ipotesi indimostrate è il finale di dieci paginette dove si riassume tutta l'"usurpazione" degli organismi di cristallo. Comunque a ciascuno il proprio mestiere: per ora Cairns-Smith ha gettato la "sua" argilla nello stagno ribollente dell'origine della vita. Vediamo che cosa ne sortirà.

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