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recensione di Cerulli, E., L'Indice 1989, n. 2
Frutto dell'incontro sul terreno con una cultura nativa, l'intero saggio, attraversato da una forte tensione anti-etnocentrica, analizza in una prospettiva storica e dinamica le persistenti forme tradizionali e gli elementi di innovazione, conflittualità e creatività culturale prodotti dallo scontro con la civiltà occidentale e con i suoi portati ideologici e materiali. I poli di interesse su cui ruota il libro sono da una parte la coltivazione, l'ideologia che accompagna la sua pratica, la proprietà della terra e le forme della sua trasmissione, dall'altra le credenze e le pratiche religiose. Inquadrati in una cornice storica, tutti questi elementi sono analizzati, sullo sfondo di un contesto più generale, nello svolgersi dinamico delle loro trasformazioni. Particolarmente interessanti appaiono l'analisi dei mutamenti della struttura sociale indotti dall'affermarsi di un'economia monetaria e di mercato, e quella sulla diffusione, soprattutto in area urbana, delle chiese spirituali e nativiste, viste come risposta alle esigenze di socializzazione ed identità che la crisi della società tradizionale ha reso pressanti. Nato da un lavoro sul campo, il testo descrive l'incontro ed il confronto dello studioso con una realtà in rapida trasformazione. L'attenzione alla dinamica di queste trasformazioni e all'individuazione degli elementi di conflittualità vogliono rendere conto di quale sia l'orizzonte attuale di questa società e quali sviluppi esso lasci presagire.
recensione di Cerulli, E., L'Indice 1989, n. 8
Gli Nzima sono circa 100.000, per lo più stanziati in Ghana sud-occidentale, ma con una significativa presenza nella porzione sud-orientale della Costa d'Avorio, proprio al confine con il Ghana; essi appartengono al ceppo etno-linguistico-culturale degli Akan - di cui gli Asante (Ashanti) del Ghana centrale rappresentano il gruppo più numeroso e noto da oltre mezzo secolo - ed erano sconosciuti anche agli addetti ai lavori fino agli anni '50, quando furono raggiunti dalla prima missione di V.L. Grottanelli. Da quel momento varie missioni italiane, sempre sotto la direzione di Grottanelli, si sono susseguite in quei luoghi per oltre un trentennio, producendo una massa notevole di pubblicazioni, nel cui filone si colloca il volume di Lanternari.
Gli Nzima sono agricoltori di tuberi e pescatori d'oceano e di laguna: le condizioni ambientali consentono solo l'allevamento da cortile, del resto di limitata importanza economica poiché in un universo ruotante tra i poli complementari e contrapposti maschio/femmina, pesca/agricoltura, mare/terra (coltivata o foresta), il mondo animale, domestico o selvatico, può ricavarsi solo uno spazio marginale. Il villaggio tradizionale di capanne vegetali si allunga sulle rive dell'oceano; più abitazioni, raggruppate in un recinto, ospitano una famiglia poliginica e virilocale che qui trascorre un'esistenza semplice ma non sedentaria, specie se la paragoniamo all'immobilismo del nostro villaggio rurale, almeno fino a epoca recente. Se, per contro, seguiamo Lanternari in questo o quel villaggio nzima, quotidianamente accadono fatti straordinari, si svolgono rituali e terapie delle confessioni più diverse; chi parte e chi torna, compaiono facce nuove, si scatenano malattie e fatture, qualcuno nasce, qualcuno muore ed è sempre dramma, paura esistenziale e paura magica ma pure, e spesso, una rumorosa allegria.
Storie di villaggio, storie di famiglia, storie individuali si intersecano in saghe spesso cariche di suspense: tensioni insanabili corrodono la pace familiare come appare, ad esempio, da una storia di vita, di malattia e di magia (pp. 137-39) che da un piano strettamente familiare si allarga a coinvolgere gli dèi, vari specialisti indigeni del sacro e fin gli stessi ricercatori italiani. I casi personali, le biografie totali o parziali non solo rendono viva la lettura ma dimostrano quanto la personalità umana, oltre che scientifica, del ricercatore possa trasformare l'analisi della cultura in un fatto vivo, zeppo di protagonisti e di eventi eccezionali.
In effetti se, a lettura ultimata, consideriamo attentamente il titolo del volume ci accorgiamo che in esso dèi, profeti e contadini sono protagonisti allo stesso titolo, poiché la divinità visita spesso gli uomini e li possiede; il profeta controlla l'una e gli altri, non solo attraverso i meccanismi dell'estasi indotta, ma anche dando vita a nuovi culti, esperienze mistiche, a promesse millenaristiche di un nuovo paradiso terrestre; mentre il contadino, quasi sempre senza scarpe ma "cervello fino" nella stessa misura del suo omologo occidentale, rappresenta la quotidianità con tutti i rischi del vivere e perciò in quel continuo fermento che muove e dèi e profeti.
Il cosmopolitismo di villaggio, cui abbiamo accennato e che può suonare come un'affermazione assurda, si chiarisce se osserviamo che ogni villaggio, anche piccolissimo, ospita più confessioni religiose di varia origine (europea, statunitense, africana, locale). A questo si aggiunge la mobilità sociale: la discendenza è matrilineare, la residenza è virilocale, il matrimonio exogamico, il divorzio frequente; le visite tra parenti un'abitudine irrinunciabile; la scolarizzazione, le cui strutture non sono ancora presenti in tutti i villaggi, un incentivo alla mobilità fin dall'infanzia; la presenza di infermiere e maternità in pochi centri maggiori ove, quindi, confluiscono 'stranieri' a vario titolo. Orbene, tutto questo ha influito e continua a influire su quella che, stando alla realtà degli insediamenti, dovrebbe essere un'ideologia e una vita di villaggio secondo uno stereotipo forse valido ancora per il nostro villaggio; ma che, specie dopo la lettura di questo saggio, va rivisto a proposito del villaggio africano.
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