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A partire dagli anni ottanta studiosi di varie discipline hanno ripreso a occuparsi del complesso rapporto tra cinema e storia, rendendosi conto che le immagini in movimento costituiscono un serbatoio inesauribile a cui attingere per un'efficace ricostruzione del passato. Pasquale Iaccio, ricercatore di storia contemporanea all'Università di Salerno e docente di storia del cinema all'Università di Napoli, è, con il suo volume, inserito nella collana di storia moderna e contemporanea diretta da Aurelio Lepre, il puntuale testimone di questa evoluzione. Il saggio è diviso in tre sezioni. Nella prima, I percorsi, l'autore La seconda parte del libro, intitolata Le immagini, è un itinerario visivo del tutto autonomo in cui le fotografie sono significative già di per sé e non hanno una funzione di rincalzo rispetto al testo scritto. Si tratta di un percorso arbitrario con cui si cerca di proporre una delle possibili chiavi d'interpretazione del fertile rapporto tra cinema e storia. Il terzo segmento, Le testimonianze, è il tentativo di ripercorrere una delle stagioni più importanti del cinema italiano, quella del neorealismo, seguendo il filo dei ricordi di chi vi ha preso parte direttamente. Registi, sceneggiatori, documentaristi e perfino un attore simbolo come Raf Vallone hanno contribuito a ricostruire quel periodo con riferimento specifico al Mezzogiorno. Anche dai discorsi di questi protagonisti emerge chiaramente quella che è la tesi di fondo dell'autore: fare la storia attraverso le immagini non è solo possibile, ma addirittura auspicabile.
recensioni di Quaglia, M. L'Indice del 1999, n. 02
- dopo aver lamentato l'insensibilità del mondo della scuola nei confronti dell'educazione alle o con le immagini, e la mancanza di una seria politica che affronti il problema della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio audiovisivo - sottolinea che il cinema ha ritenuto, fin dalle sue origini, di poter rappresentare la storia o almeno determinati fatti storici. Attraverso i film, a qualsiasi genere essi appartengano, è possibile delineare il volto di una società, sul piano delle manifestazioni concrete come su quello degli atteggiamenti psicologici e ideologici caratterizzanti la sua mentalità. Un occhio particolare è riservato alla cosiddetta galassia invisibile dell'universo cinematografico, vale a dire il documentario, genere nato col cinema stesso ma poi relegato a un ruolo marginale a causa dell'affermazione commerciale della fiction. Iaccio concentra poi la sua attenzione sulla Napoli della guerra e del dopoguerra, analizzando due opere molto diverse e distanti tra loro, ma riguardanti entrambe un evento di eccezionale portata storica, la rivolta delle Quattro Giornate del 1943: 'O sole mio (1946) di Giacomo Gentilomo, girato a poca distanza dagli avvenimenti, e Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanny Loy.
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