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Era inevitabile che dopo l'unità d'Italia la percezione di Napoli, non più grande capitale europea, andasse cambiando insieme con la città stessa. L'evento epocale aveva fatto esplodere problemi da lungo tempo irrisolti. E se il ceto politico e intellettuale era ben consapevole di ciò, l'immaginario letterario prendeva ad elaborare idee conformi. Le quali, nel corso degli anni, andranno ulteriormente aggiornandosi alle nuove situazioni, da quelle descritte da una Serao o da un Fucini, all'inferno che affiora nella Pelle di Malaparte e alle immagini che rendono le opere di una Ortese e di un La Capria. In tale contesto, gli autori suscettibili di attenzione erano in verità numerosissimi, ma si sono esaminati soltanto quelli che sono parsi i più emblematici, ossia, oltre i suddetti, Imbriani, Di Giacomo, Bracco, Russo, Viviani, Cangiullo, Eduardo, Marotta, Bernari, Rea, Ottieri, Prisco, Striano. Tutti costoro puntano l'obiettivo direttamente sulla realtà partenopea. Tuttavia, una visione circoscritta solo a loro, indigeni o stanziali, sarebbe stata incompleta se non fosse stata dialettizzata con la visione che ebbero scrittori di fuori le mura. E perciò si sono prese in esame anche le pagine dedicate a Napoli da d'Annunzio, Pirandello, Levi, Alvaro e Soldati, oltre che da alcuni dei summenzionati. Come si presenta in questi autori Napoli? Quale idea della stessa secernono le loro opere? A tali domande un discorso a più voci ha cercato di rispondere, ma senza slittare nel sociologico più del necessario, indagando il repertorio delle immagini e le reazioni della scrittura.
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