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Chi pensa di trovare tra le pagine di questo libro una sdolcinata pubblicità esaltante dei romanzi di Dickens, è completamente fuori strada. Chesterton evita giustamente i riassunti dei romanzi, in quanto parte dal presupposto che il lettore ne sia a conoscenza e impronta i suoi commenti sullo stile di Dickens e sull'evoluzione della sua scrittura in rapporto alla cronologia delle opere. In diverse occasioni le sue impressioni non collimano coi miei giudizi e mi sembrano piuttosto dispregiativi soprattutto nel rapporto tra Dickens e i suoi personaggi. Secondo Chesterton, in David Copperfield, Dickens non vede l'ora di sbarazzarsi di alcuni personaggi scomodi prospettando il loro futuro con una emigrazione coatta, come se li ritenesse indegni dell'Inghilterra ma pronti per cercare fortuna e riabilitazione in Australia, cioè nel paese più lontano possibile. In alcuni casi, sempre secondo Chesterton, a Dickes risulterebbero fastidiosi anche i personaggi più amati. Sempre in David Copperfield, viene contestato il lieto fine (il matrimonio con Agnes)in quanto ritenuto troppo scontato e semplicistico e banale. In Chesterton vi sono anche dei paradossi e delle contaddizioni incomprensibili. Il critico fa capire di essere più attratto dagli ultimo lavori dello scrittore, ma nello stesso tempo esalta le parti che ci ricordano il primo Dickens e il suo stile più rozzo ma più attraente. Ne consiglio comunque la lettura per un approfondimento soprattutto cronologico, ma non ritengo il libro portatore di considerazioni originali che possano incidere sulla chiave di lettura.
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