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Tristezza. Il rapporto deformato con il tempo
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Tristezza. Il rapporto deformato con il tempo - Enzo Bianchi - copertina
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Tristezza. Il rapporto deformato con il tempo

Descrizione


Enzo Bianchi dedica questo volume della serie "Se questa vita ha un senso" alla tristezza. Vi è una tristezza buona, cioè quell'afflizione che consiste nella sofferenza per la propria lontananza da Dio e che può condurre fino alla compunzione, al sentire il proprio cuore trafitto da Dio stesso che ci invita a ritornare a lui. Il vizio di cui ci occupiamo è invece quella tristezza che non è secondo Dio, ossia quell'ombra che ci abita, ci paralizza e ci deprime, spegnendo poco per volta in noi la voglia di vivere. Il segno da cui si riconosce tale tristezza è l'incapacità di piangere: solo grazie al dono delle lacrime possiamo infatti sperimentare la tristezza quale giusta sofferenza per i nostri peccati.
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Dettagli

2013
1 febbraio 2013
48 p., Brossura
9788821577178

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alida airaghi
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Che librino inutile e supponente, questo di Enzo Bianchi, assiduo e loquacissimo frequentatore di quotidiani, riviste, festival culturali, radio e tv. Disposto tranquillamente a soprassedere alla regola monacale del silenzio, qui invita a sfuggire la tristezza, in cinque blandi paragrafetti corroborati da alcune massime dei Padri della Chiesa. Per S. Paolo c'è una tristezza secondo Dio (buona) e una secondo il mondo (cattiva), e Bianchi afferma che se la prima è una riflessione compunta che può ricondurre al bene, l'altra è un vizio, “uno stato di letargo in cui la vita appare senza luce”. Il nostro peccato di creature sfiduciate e pessimiste risiede in un rapporto sbagliato con il tempo, con un passato che idealizziamo e un futuro che mitizziamo, trascurando di aderire alla realtà del presente, da accogliere invece con gioia e gratitudine, perché “solo l'oggi di Dio” può determinarci. In cosa consiste la tristezza, secondo Bianchi? In pratica va limitata a due sentimenti, molto simili e diffusi anche tra i religiosi: l'invidia e la gelosia. “L'invidioso è colui che si sente escluso da un bene che l'altro che gli è accanto possiede: il bene dell'altro è sofferto come male proprio!” Terribile patologia, che nasce dal confronto perdente con il prossimo, a cui ci si sente inferiori intellettualmente, economicamente, fisicamente o caratterialmente. Questo non essere contenti di sé e della propria situazione porta alla sofferenza, alla tristezza. Come uscirne, come abbattere questo “verme del cuore”? Da uomo di Chiesa, il Priore di Bose suggerisce l'unica soluzione dell'apertura a Dio e alla sua Parola, del confronto fraterno col prossimo, della preghiera. Ma nel Vangelo non troviamo mai un Gesù che sorride, e invece lo leggiamo spesso sofferente, irato, rimproverante: allo stesso modo, l'espressione facciale, la gestualità e il tono di voce di Enzo Bianchi non appaiono a noi spettatori particolarmente benevole, rincuoranti, rasserenanti con monacale “letizia”...

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Enzo Bianchi

1943, Castel Boglione (Asti)

Fondatore e attuale priore della Comunità di Bose. Già durante gli anni universitari aveva, insieme ad altri giovani di diverse confessioni cristiane, fondato un gruppo di studi biblici, sulla scorta del Concilio Vaticano II. Si laurea in economia e commercio a Torino, quindi si ritira in solitudine in una cascina a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica e per tre anni (dall'8 dicembre 1965) vivrà in solitudine. Si aggiungeranno poi uomini e donne che sceglieranno quella via di riflessione e lavoro. la comunità viene approvata dal Vescovo diocesano che raccoglie le prime professioni monastiche. Enzo Bianchi, laico, è molto attivo all'interno...

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