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Le voci del padrone. Saggio di liberalismo applicato alla servitù dei media - Enzo Marzo - copertina
Le voci del padrone. Saggio di liberalismo applicato alla servitù dei media - Enzo Marzo - copertina
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Le voci del padrone. Saggio di liberalismo applicato alla servitù dei media
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Descrizione


Il libro, che riprende nel titolo un'affermazione di Luigi Einaudi, è un atto d'accusa dello stato di degrado e di servitù del giornalismo italiano. L'autore affronta, dall'interno, il tema complesso della libertà d'informazione e il rapporto con il potere. Il discorso, assai critico, si snoda attraverso un percorso lineare che parte da concetti basilari, come quello di verità, obiettività e opinione per arrivare a una proposta concreta sullo statuto delle imprese giornalistiche. Queste alcune delle tappe attraverso cui si articola il discorso: il mito dell'obiettività, l'informazione come componente necessaria e costitutiva di un regime democratico, la propaganda, la manipolazione dell'opinione pubblica ecc.
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Dettagli

2006
27 dicembre 2005
221 p., Brossura
9788822055019

Voce della critica

Un criterio che non è identificabile con il volgare relativismo come papa Ratzinger e Marcello Pera ci raccontano ma è sinonimo di rispetto del valore della ricerca che ciascuno di noi compie per comprendere e aggiungerei per credere; un bene che non è sacrificabile a nessuna autorità che si proclami depositaria del vero sia essa una chiesa costituita o uno stato sovrano. La libertà di stampa e di opinione che vediamo ogni giorno "abbruciate" nei mercati azionari e nella formazione di imperi editoriali e delle emittenze televisive nasce come "potere" che vuole "arrestare il potere" per usare un'espressione di Montesquieu. "+ qui la fonte preziosa d'ogni concezione conflittualistica".
Partendo da queste premesse Marzo procede con la requisitoria delle democrazie contemporanee che non hanno ancora saputo proteggere questo bene primario e quindi neppure se stesse perché senza la libertà di opinione possono diventare altra cosa dispotismi di massa e cesarismi populistici. + tema centrale del libro l'idea che all'origine di questa miopia ci sia l'indebolimento e poi la cancellazione della "differenza tra liberalismo e democrazia" una strategia della quale sono responsabili sia i democratici sia purtroppo i liberali. "Il conflitto ancora vivo all'inizio del '900 [tra liberalismo e democrazia] ora non è percepito che da pochi. Troppi lo hanno stemperato in una sempre pi· banale liberaldemocrazia dove il valore della libertà proprio del liberalismo si immeschinisce in una divisione dei poteri pubblici puramente formale e la sostanza propria della democrazia che è la partecipazione si risolve nel rito del suffragio universale". Per Enzo Marzo dunque liberalismo e democrazia dovrebbero fare il loro specifico lavoro: critico del potere e libertario il primo politico e creativo di potere (autogoverno) la seconda. Amicizia-antagonista invece che ibridismo.
Tuttavia a leggere la seconda parte del libro verrebbe da pensare che i problemi alla libertà di stampa non derivino tanto dal connubio di liberalismo e democrazia quanto piuttosto da un modello non liberale di democrazia. Il caso dell'Italia sul quale l'analisi critica di Marzo si concentra è esemplare. Da un lato una costituzione che sancisce i diritti e dall'altro una società di interessi organizzati e lobby che stravolge la lettera della costituzione e fa di quei diritti i diritti di una casta di un "ordine" per cui ad avere diritti all'informazione non sono pi· i cittadini passivi oggetti di manipolazione ma gli interessi di una corporazione e infine e soprattutto dei proprietari della carta stampata e delle emittenze radiotelevisive. In questo contesto lo stesso servizio pubblico diventa un potere con i suoi privilegi pi· che un servizio; un servizio pubblico è la Bbc perché sa resistere a tutti i poteri condizionanti quello dello stato prima di tutto ma non la Rai uno strumento nelle mani della maggioranza una patente violazione del "pubblico" perché identificazione del "pubblico" con lo "statale".
Ma la tensione tra liberalismo e democrazia è centrale per un'altra fondamentale ragione: perché mentre la democrazia chiede e impone responsabilità verso i cittadini û i depositari della sovranità û il principio di libertà chiede e impone il rispetto della coscienza e della notizia anche nel caso non siano accettate o amate dalla maggioranza. Per questa ragione è di vitale importanza che "movimento e conflitto" ovvero circolazione delle idee e immancabile tensione che essa genera restino ben separati dal principio democratico. Ed è di vitale importanza che il "diritto di essere informati" resti separato e distinto dalla libertà di informazione. La libertà di informazione non deve trasformarsi in una libertà funzionale (al bene "democrazia") ma deve saper restare autonoma. Un liberalismo che non sa vedere i limiti della concezione funzionalista fa un pessimo servizio alla libertà di stampa: "Purtroppo non sono molti neppure nelle società cosiddette liberali quelli che dichiarano a voce alta il proprio favore alla libertà irresponsabile e inutile contro coloro che pretendono che essa sia ægarantita solo nei limiti della sua utilità storicamente determinata'".

L'esaltazione della libertà "inutile" non funzionale e svincolata dal potere è la condizione fondamentale affinché la libertà di opinione e di stampa sia complementare al diritto dei cittadini di essere informati. Senza questa chiarezza di base Marzo sostiene non c'è alcuna garanzia contro i monopoli quali che siano i proprietari. In conclusione la libertà d'espressione richiede che si ritorni all'abc del metodo liberale classico: la politica (questa s8 rivoluzionaria) della "separazione". "Alla æprivatizzazione delle imprese pubbliche' va aggiunta la æpubblicizzazione delle imprese mediatiche' dove æpubblicizzazione' non sta per æstatalizzazione' ma per riconoscimento della rilevanza (non funzione mi raccomando) pubblica dell'informazione. Il libero contributo alla formazione dell'opinione pubblica deve essere considerato non solo sui manuali ma anche nella realtà fondamentale e clausola necessaria affinché una democrazia possa definirsi tale".

Nadia Urbinati

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