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scheda di Spampinato, G., L'Indice 1994, n. 4
Ivan F¢nagy, nato a Budapest nel 1920, linguista e psicoanalista, è certo tra i più grandi e originali interpreti di quella massima terenziana che il suo amico e collega Jakobson pose a suggello di settant'anni di ricerca: "sono un linguista e dunque nulla di linguistico mi è estraneo; ma debbo anche aggiungere che nulla di specificamente umano è estraneo al linguaggio". Dall'"urgenza di smascherare termini quali 'stile' o 'modo di parlare', 'maniera di pronunciare'" - riconosciuta fin dagli albori di una vocazione precocissima - F¢nagy approda, anche grazie all'influenza della scuola psicoanalitica di Ferenczi e Hermann, allo studio dei mutamenti linguistici ("l'idea del mutamento, la contraddizione che vi è implicita, mi ossessionava fin dall'età di dodici anni, e ne avevo quattordici quando feci conoscenza con la teoria psicoanalitica"). Inediti per il pubblico italiano, i saggi raccolti seguono le linee essenziali di questo percorso, dall'esplorazione delle profondità inconsce sottese a ogni atto espressivo ai problemi della "demotivazione" e "rimotivazione" del segno linguistico. La "magia" verbale che "demotiva" le rappresentazioni represse, deviandole dalla "forma che contiene il messaggio segreto" per indirizzarle "verso il contenuto cosciente dell'enunciato", rende invisibile per troppa evidenza ogni inaccettabile contenuto. Su questo territorio di confine linguista e psicologo si trovano a indagare lo spazio sterminato dalla metafora, dalle figure infantili e patologiche a quella suprema "metafora viva" che è la poesia.
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