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La teoria della finanza pubblica in Italia 1883-1946. Saggio storico sulla scuola italiana di economia pubblica - Nicolò Bellanca - copertina
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Descrizione


Vengono ricostruiti unitariamente gli studi di scienza delle finanze che in Italia, lungo un sessantennio, giustificarono e qualificarono l'intervento statale nel campo economico. I maggiori contributi vengono, oltre che sul versante della teoria economica, anche su quello delle riflessioni di filosofia politica e di epistemologia.

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Dettagli

1993
1 luglio 1993
350 p.
9788822240392

Voce della critica


scheda di Realfonzo, R., L'Indice 1993, n. 8

Negli ultimi dieci anni un crescente numero di studi si è concentrato sulla riscoperta (quando non si è trattato di un "primo incontro") degli economisti italiani, "grandi" o "piccoli", di un passato più o meno recente. Uno degli ultimi contributi di questa operazione culturale è rappresentato dal volume di Bellanca, nel quale l'autore, fondandosi su una robusta ricerca e riprendendo in vario modo alcuni scritti già pubblicati, prende in esame oltre sessant'anni di teoria della finanza pubblica italiana (1883-1946). I personaggi del libro di Bellanca sono i grandi protagonisti del pensiero finanziario italiano - da Mazzola a De Viti De Marco, da Pantaleoni a Conigliani, da Borgatta a Einaudi - , che seppero produrre una grande stagione teorica e dar lustro alla scuola italiana di finanza pubblica. Il proposito di Bellanca non è strettamente analitico, ma è coerente con una impostazione di storia del pensiero. L'interesse che traspare, infatti, è essenzialmente quello di sciogliere "incasellamenti forzosi e parentele posticce" al fine di far emergere in tutta chiarezza il "peso culturale" dell'avventura teorica dei Nostri. Chiarito l'intento dell'autore, vale la pena di ricordare che, a suo avviso, il "comune proposito conoscitivo" che caratterizzò la scuola italiana di finanza pubblica va rinvenuto nel discutere la scienza finanziaria come immediatamente economica (sfera dei comportamenti volontari) e politica (sfera dei comportamenti coercitivi). È proprio lo svanire di questo duplice carattere che - qui Bellanca riprende Borgatta - porta all'esaurirsi della scuola. L'affermarsi dell'ottica della finanza di "emergenza", per la quale le scelte vengono operate non più nell'ambito di un'analisi economica mezzi/fini, ma in relazione ai soli obiettivi, porta il lato politico dell'economia pubblica a sganciarsi da quello economico: i fini diventano "extrafinanziari" e "la scuola italiana perde la sua ragion d'essere".

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