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Topolino da tutti i punti di vista. Finalmente! Un approfondimento doveroso sul topo più conosciuto del mondo e punta di diamante dell' universo Disney (nonché suo primo personaggio famoso). Non potete perderlo se vi piace il mondo disneyano e topoliniano. La parte filosofica vera e propria è in appendice, lì avrei osato un po' di più.
Avete presente quei libri che prendete solo perché il titolo vi fa pensare a chissà quale goduria? Ecco. Inutile dire che in questo caso la goduria era per il nome di Topolino, mentre la parola "filosofia", che generalmente mi fa scappare, in questo caso mi faceva sperare di riuscire per una volta a imparare qualcosa di più. Peccato che non ci sia riuscito. Probabilmente il libro funziona alla rovescia, nel senso che chi di filosofia ne sa potrà imparare molte cose sulle origini di Mickey Mouse, o perlomeno delle storie che Floyd Gottfredson disegnò e sceneggiò negli anni 1930 e 1940 e contribuirono a rendere Topolino un vero personaggio. In appendice, in effetti, ci sono degli approfondimenti filosofici: ma il testo sembra quasi una parodia dei bignamini che mettono etichette sui vari comportamenti del topo (o degli altri personaggi, come Pippo il "fool" e tutti i poliziotti irlandesi da Basettoni a Manetta). Il risultato è una lettura leggera e piacevole, ma che però non lascia molto. Una curiosità: cosa vuol dire esattamente quando un libro è indicato come scritto da "XY con ZW"? XY mette il nome e XW fa il lavoro sporco? Queste cose le ho viste in genere con sportivi attori e tronisti, ma Giorello è sicuramente in grado di scrivere un bel libro. Mah: sono i piccoli misteri dell'editoria che continuano a sfuggirmi.
Opera geniale, che dimostra come l'arte minore e popolare (in questo caso il fumetto) possa tranquillamente convivere con gli aspetti più nobili di scienza e cultura. La vera saggezza non giudica, né teme di essere giudicata. Perché la vera grandezza parte sempre dalle piccole cose.
Recensioni
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Quando apparve per la prima volta a New York nel novembre del 1928 e poi, due anni dopo, in Italia, nessuno avrebbe mai immaginato che il Topo ideato da Walter Elias Disney avrebbe fatto tanta strada. Sì perché più di ottant’anni dopo, sopravvissuto alla Grande Depressione e approdato alla modernità, passando dall’America fino in Europa, Mikey Mouse accompagna ancora le nostre letture trasportandoci in meravigliosi mondi di avventure inaudite e, impavido di fronte ai pericoli, sfrontato e oltre modo curioso, finisce sempre per intrufolarsi in situazioni al limite del reale e per cacciarsi immancabilmente nei guai. Di fronte al suo modo bizzarro e inconsueto di proporre soluzioni ai problemi che di volta in volta è costretto ad affrontare, il lettore ignaro e un po’ ingenuo, abituato ad agire secondo le regole del buon senso e della morale comune, non può non rimanere turbato. Da qui il ruolo di “genio perturbatore” di certezze e di novello Cartesio riconosciutogli da Giulio Giorello in questo libro. A ben vedere infatti, il quid del nostro personaggio, ciò che più lo caratterizza, è proprio questo: Topolino non dà mai nulla per certo, nessun dato reale o fantastico è scontato per lui, ogni cosa è sottoposta ad un eterno cogitare che sfocia in una filosofia tutta personale e mai veramente definibile. D’altra parte come potrebbe essere altrimenti considerate le caratteristiche di questo singolare essere antropomorfo, animale nelle fattezze ma umano nei costumi e nel modo di essere? Il dubbio che concerne in primis la sua identità finisce per coinvolgere per traslato la realtà/le realtà e gli altri, dando luogo ad una ricerca che non ha mai fine né approdo.
Non c’è da stupirsi allora se, alle prese con gangster senza scrupoli che vogliono imporre il pizzo al suo giornale, il nostro non si lasci spaventare e, coraggioso ai limiti dell’imprudenza, difenda a tutti i costi l’integrità della propria coscienza e la libertà della stampa. O ancora, se di fronte all’imminente e quanto mai attuale necessità di trovare lavoro, Topolino accetti di fare l’assistente idraulico del pasticcione Tubi, suscitando le ire di Minni che lo credeva intento in un’occupazione di tutt’altro prestigio. Una volta smascherate le azioni criminali del signor Tubi e della sua banda, Topolino dimostrerà di saper trarre insegnamento anche da questa vicenda e, metà Dedalus metà Ulisse, riuscirà a riconquistare la sua Penelope. Quale stupore poi quando da una cassa di banane proveniente da un’isola dell’Africa spunta un piccolo selvaggio dal nome Giovedì, che proprio lui avrebbe il compito di educare. Tuttavia, alle prese col novello Venerdì, invece di farsi maestro di cultura, Miky Mouse non può far altro che costatare l’astrusità e l’assurdità degli schemi concettuali inventati da uomini e topi come gabbie interpretative dell’universo, per farsi portavoce di un relativismo estremo e del riconoscimento delle diversità culturali.
Da questi esempi è facile capire che la filosofia del “topo dubitante”, priva di schematismi e di idee preconcette, riflette il carattere inquieto e curioso di una mente sempre impegnata in una ricerca intellettuale viva e incessante. È quanto vogliono dirci Giulio Giorello, ordinario di Filosofia della scienza, e Ilaria Cozzaglio, studiosa di Filosofia politica, in questo libro in cui, isolando dodici storie emblematiche secondo l’ordine cronologico e concettuale, hanno tentato di ricostruirne l’intima essenza del personaggio più complesso e riuscito del mondo disneyano. Come per il Pound dei Cantos citato in esergo, anche per Topolino vale la massima: “Disney against the metaphycals”. Chissà che, presto o tardi, anche i lettori non finiscano per adottarla.
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