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Dettagli

5
1984
1 gennaio 1984
288 p.
9788826301624

Voce della critica


recensione di Regidor, J.R., L'Indice 1984, n. 3

Il brasiliano Leonardo Boff, 46 anni, è uno dei più noti teologi latinoamericani della liberazione, non soltanto per le sue recenti vicende con il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della fede, ma anche per la creatività e la molteplicità della sua produzione teologica (32 libri pubblicati, oltre numerosi articoli). Ha il merito di avere elaborato la prima cristologia latinoamericana, nel contesto socio-storico di una situazione di dipendenza da cui derivano alcune priorità ermeneutiche che egli sintetizza così: partire dall'uomo latinoamericano più che dalla chiesa, primato dell'elemento utopico su quello fattuale, della dimensione critica su quella dogmatica, del sociale sul personale, dell'ortoprassi sull'ortodossia (cfr. soprattutto la sua opera "Gesù Cristo liberatore", Cittadella, Assisi 1974: l'originale è uscito a Petropolis nel 1972). Successivamente egli ha offerto contributi importanti all'elaborazione di una ecclesiologia latinoamericana. Oltre il volume che viene qui recensito (uscito nell'originale nel giugno 1981), ci sono altri due libri precedenti: "Ecclesiogenesi. Le comunità di base reinventano la chiesa", Ed. Borla, Roma 1978 (1977) e "Il cammino della chiesa", Ed. Borla, Roma 1978 (1977) e "Il cammino della chiesa con gli oppressi", Ed. Emi, Bologna 1983, (1980).
Nella risposta alle accuse di Ratzinger al libro "Chiesa: carisma e potere" (cfr. Il regno/documenti, Bologna, n. 17, 1| ottobre 1984, pp. 540-557), Leonardo ha premesso due osservazioni fondamentali: 1) questo suo libro è un insieme di saggi elaborati in contesti diversi dal 1972 fino al 1981; non si tratta quindi di una ecclesiologia sistematica, su cui l'autore dichiara di star lavorando assieme a suo fratello Clodovis; 2) tutti questi saggi non possono essere compresi se non vengono situati nel loro contesto vitale, caratterizzato da due grosse sfide: a) la sfida sociale, derivante dalla situazione di crisi e di sofferenze in cui vive la grande maggioranza del popolo brasiliano e dal movimento popolare, sorto dal risveglio di queste masse, che ha organizzato la loro solidarietà per superare l'ingiustizia sociale e giungere ad un minimo di convivenza umana; b) la sfida ecclesiale, che si muove su due linee profondamente intrecciate: da una parte, l'opzione preferenziale per i poveri contro la loro povertà e in favore della giustizia sociale che richiede cambiamenti profondi nella società e nella chiesa; e d'altra parte, l'apertura della chiesa alla partecipazione del popolo attraverso la promozione delle comunità ecclesiali di base.
Si può dire che, nel suo insieme, l'opera teologica di Leonardo Boff si riferisce e utilizza i contributi della teologia progressista europea, avendo egli studiato in Germania. Nel corso degli anni ha accentuato sempre più le caratteristiche proprie della teologia latinoamericana della liberazione, intesa come riflessione critica sull'esperienza della fede vissuta nella prassi di liberazione.
I saggi pubblicati nel volume che sto presentando hanno in comune con la teologia progressista europea l'impostazione storico-critica nell'interpretazione della Bibbia e di tutta la storia del cristianesimo. Ciò significa riconoscere che il messaggio cristiano, il mistero di Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, non si esaurisce n‚ si riduce mai alle sue espressioni e realizzazioni storiche, alle sue formulazioni, ai suoi sacramenti, alla sua organizzazione ecclesiale. Ognuna di queste realizzazioni storiche è sempre parziale, provvisoria, relativa al contesto vitale. Contro il fissismo e il dogmatismo del cattolicesimo ufficiale, Leonardo Boff afferma che essere cattolico significa "poter vivere e testimoniare la stessa fede in Gesù Cristo salvatore e liberatore dall'interno di una cultura determinata" (p. 169) senza perdere la propria identità. E aggiunge: "Non sarebbe cattolica una chiesa che non fosse africana, cinese, europea, latinoamericana" (p. 169).
Ciò che è specifico della teologia latinoamericana della liberazione è l'avere i poveri come suoi interlocutori privilegiati, intesi storicamente, come il popolo oppresso e credente dell'America Latina che negli ultimi decenni sta risvegliandosi, cessa di essere massa amorfa, per essere soggetto, protagonista della storia, della società e della chiesa, del loro cambiamento (cfr. pp. 199-201). Si può forse dire che non si tratta soltanto della storicità esistenziale, ma della storia sociale, politica e culturale, della storia come intreccio di trasformazioni, con riferimento ai gruppi sociali e ai blocchi storici che sono soggetti di queste trasformazioni. Su questa base egli può sottolineare che l'impegno per la giustizia è elemento costitutivo, essenziale, della evangelizzazione e non una semplice conseguenza della fede. In questa prospettiva i diritti umani vengono intesi come diritti delle grandi maggioranze povere (cfr. p. 20). E nella dura requisitoria contro la violazione dei diritti umani all'interno della chiesa (cfr. il capitolo quarto), si ha cura di precisare che essi rappresentano una contraddizione secondaria ma che vengono richiesti affinché la chiesa diventi più autentica e credibile nel suo impegno per i diritti del popolo, che sono la contraddizione primaria (cfr. p. 58).
Come ogni credente, Leonardo vede nella chiesa due dimensioni. Da una parte "un dono di Dio e a ragione si dice che essa è soprannaturale" (p. 160), in quanto segno e strumento della salvezza di Gesù Cristo. Dall'altra essa è anche una realtà religioso-ecclesiastica, istituzionale (cfr. p. 188). Questa dimensione istituzionale è necessaria per la realizzazione sociale e storica del suo essere sacramento di salvezza. Ma essa è una realtà storica, soggetta anche al peccato e al tradimento della sua missione. "La chiesa istituzione non nasce bell'e fatta dal cielo; è anche frutto di una determinata storia e, al contempo, prodotto della fede" (pp. 188 e ss.). Il teologo brasiliano analizza questo aspetto religioso-ecclesiastico-istituzionale all'interno delle dinamiche di una società divisa in classi, utilizzando anche il concetto del modo di produzione (cfr. il capitolo ottavo). In questa prospettiva, l'attuale struttura della chiesa cattolica appare come il risultato di "un processo di espropriazione dei mezzi di produzione religiosa da parte del clero contro il popolo cristiano" (p. 192). Ma esiste attualmente un processo inverso: "la chiesa che nasce dalla fede del popolo di Dio, o, ancor più semplicemente, la chiesa che nasce dal popolo credente e oppresso, per lo Spirito di Dio" (p. 212). Si assiste ad un processo di reinvenzione della chiesa dal basso: infatti, "sono generalmente i poveri, al contempo oppressi e credenti, i membri delle comunità ecclesiali di base. Essi costituiscono la base della società (classi popolari) e della chiesa (laici)" (p. 211 s). La riforma della chiesa, la costituzione della chiesa del popolo, della chiesa dei poveri, avviene quindi all'interno di un processo di lotta per la trasformazione della società. Riconoscendo i poveri, il popolo oppresso e credente, come soggetto e protagonista della vita della società e della chiesa, si riscopre che nella chiesa primitiva tutti i credenti erano portatori del potere sacro e solo secondariamente i ministri sacri (cfr. p. 256). Tutto il popolo è portatore storico della causa di Gesù e del suo Spirito, e al suo interno emergono carismi e ministeri che sono al servizio della comunità e della sua missione. Si cerca così un nuovo modo di essere chiesa in cui il principio strutturante sia il carisma e non il potere. Si accetta il ruolo dei preti, dei vescovi, del papa, ma si impone loro uno stile nuovo (cfr. p. 205). La chiesa della base è innanzitutto un avvenimento di persone riunite dall'ascolto della parola di Dio. Non si rifiutano l'istituzione e le sue strutture (sacramenti, dottrine, gerarchie). Ma queste realtà "non fanno da asse centrale della comunità come tale" (p. 205). Questo asse è fatto dalla parola di Dio e dai carismi suscitati dallo Spirito.
Per la mancanza di sistematicità e per il fatto di riferirsi ad un'esperienza in corso, quest'opera di Leonardo Boff è aperta a ulteriori precisazioni, aggiunte, approfondimenti e correzioni. Vorrei ora accennare ad alcuni rilievi problematici. Innanzitutto si può forse notare la presenza di una concezione terzo-mondista, in quanto sembra che soltanto ai poveri del terzo mondo venga riconosciuta la capacità di essere soggetti del cambiamento della società e della chiesa. Si ricordi però che, nei giorni delle sue recenti vicende con l'ex-Sant'Uffizio, Leonardo ha esplicitamente accennato ai possibili compiti di una teologia della liberazione nel primo mondo ed ha invitato questo primo mondo a non restare alla finestra. In ogni caso, mi sembra rimanga aperto il problema di definire correttamente l'intreccio tra le lotte di liberazione dei popoli del terzo mondo e le lotte per la liberazione, per la trasformazione della società e per la pace nei paesi del primo mondo (e anche del secondo, quelli dell'Est).
Alcuni lettori hanno trovato troppo totalizzante l'opzione preferenziale per i poveri. E altri hanno provato disagio di fronte all'interpretazione dei poveri come il popolo oppresso e credente. Rilievi fatti da europei, abituati alle tematiche della secolarizzazione, della cultura della crisi e del frammento. In realtà, il processo di secolarizzazione ha avuto in America latina forme molto diverse da quelle europee; esso ha inciso soprattutto sui settori della classe media e sull'élite intellettuale. Perciò il popolo oppresso latinoamericano è, in forte maggioranza, un popolo credente, con una pluriforme religiosità popolare che è risultato dell'intreccio tra religioni diverse, specifico per ogni paese, con potenzialità positive e negative insieme (cfr. per il Brasile, pp. 150-153, 159, 183 s, 197, 218 s, 223...). Una realtà molto complessa e distante dalla nostra situazione, che sarebbe troppo semplicistico e un po' eurocentrico considerare "arretrata".
Per quanto riguarda il pericolo delle totalizzazioni, Leonardo Boff ne è esplicitamente consapevole e lo affronta con chiarezza, anche se da un'altra angolatura. Per esempio, quando dice che il cristianesimo cattolico romano ha la tendenza ad affermare la presenza e l'identità (tra l'umano e il divino, il visibile e l'invisibile, la storia e il regno di Dio), mentre il cristianesimo protestante si caratterizza per l'affermazione dell'assenza, della non-identità. Correttamente Leonardo sostiene che si tratta di due momenti o dimensioni necessarie ma in tensione, del cristianesimo in generale (cfr. p. 137 s). In virtù della sua caratteristica, il cattolicesimo ha il vantaggio di spingere alla costruzione del regno nella storia, ma ha il pericolo di divinizzare le sue mediazioni storiche. Nella sua dura denuncia delle patologie del cattolicesimo romano (cfr. pp. 146-150) egli vede la loro radice "nell'assolutizzazione e ontocratizzazione della mediazione" (p. 147), nella formazione di un potere assoluto e totalitario (cfr. pp. 91 ss.), che ha impedito ogni possibilità di critica (cfr. pp. 148 s) ed è alla base della violazione continua dei diritti umani all'interno della chiesa. La chiesa dei poveri invece ha tra i suoi criteri principali la critica di ogni potere di dominazione (p. 106), di ogni tipo di assolutizzazione.
Anche al livello del rapporto tra fede e politica, il teologo brasiliano fa alcune distinzioni importanti che gli permettono di evitare ogni tipo di integrismo e di riduzione della fede alla politica; e che gli servono anche ad affermare l'autonomia relativa della sfera religiosa ed ecclesiastica da una parte e della politica dall'altra; e anche ad esplicitare la rilevanza storica della fede cristiana, la sua necessaria dimensione politica intesa al livello di stimolo a realizzazione nella storia, nella realtà della polis, i grandi valori della liberazione dei poveri; lasciando alla politica in senso stretto l'organizzazione, i progetti e le forme concrete di lotta per cercare questa liberazione (cfr. pp. 37-54, 192 s, 203 s, 207 ss).
Forse si può parlare di carattere totalizzante dell'opzione preferenziale per i poveri a livello dell'impegno etico e del singolo militante. Questo impegno appare troppo concentrato sui problemi della liberazione sociale, politica ed ecclesiale; e meno attento agli aspetti liberatori della soggettività corporea, delle forme della sessualità, del rapporto uomo-donna, della soggettività etnico-razziale, ecc. Ma in ogni caso si deve tenere presente che questa teologia, come le altre, è necessariamente limitata dal riferimento ai problemi e alle urgenze del suo contesto storico. Lo stesso Boff afferma i limiti della dimensione politica, anche se riconosce che oggi essa è un'urgenza, un'esigenza richiesta dallo Spirito alla sua chiesa. E aggiunge che "essa non esaurisce tutta la ricchezza della fede, che deve trovare anche altre espressioni all'interno del processo di liberazione integrale, quali l'espressione mistica, liturgica, personale" (p. 36; cfr. contro la discriminazione della donna nella chiesa, pp. 61 e ss.).

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Leonardo Boff

Uno dei maggiori esponenti della teologia della liberazione e il più noto teologo brasiliano. Ha pubblicato più di sessanta libri, scrivendo, oltre che di teologia della liberazione, di ecologia e spiritualità.

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