Simone Weil ed Edith Stein. Infelicità e sofferenza

Jean-François Thomas (1957) è un gesuita francese che insegna all’Istituto di Teologia di Lugano. Il suo studio, seguito da Elie Wiesel, ruota attorno al tema difficile dell’infelicità e della sofferenza, è centrato sulla figura di Simone Weil, tiene conto di quella di Edith Stein. L’autore ritiene che entrambe si siano allontanate dall’ebraismo per indifferenza verso Dio e, in un secondo tempo, siano state attratte dalla croce come un’idea inaccessibile, la Weil, e come destino personale, la Stein. Thomas ritiene che la Stein sia segnata dalla solitudine dell’ebrea tra i gentili, della donna tra gli uomini, della cattolica tra i giudei. Il Carmelo sembra il sigillo di questa solitudine. L’incomprensione di cui è oggetto ancora oggi, sia da parte cattolica che da parte ebraica, è dimostrazione di questa sua vocazione perpetua. La Stein passa da un ordine sacro, quello del giudaismo, a un altro ordine sacro, quello del cristianesimo, nutrendo il secondo con il primo. La lettura degli avvenimenti e della storia, lo scrutare il mondo intellettualmente, è per la Stein un sì detto all’esistenza di un mondo che schiaccia e per ciò stesso rivela. La fenomenologa contempla per penetrazione intima i fenomeni in quanto rivelatori del soprannaturale. Accettò questa vocazione anche nel regno della notte. Una testimone scrive della Stein: “Nelle sue opere filosofiche, essa era spesso di una lucidità e di una profondità straordinarie; ma il tratto essenziale del suo carattere era soprattutto una calda tenerezza… Se aveste visto la folla di coloro che venivano da lei a cercare aiuto, i poveri, i malati, e soprattutto quelli che soffrivano a causa di un’angoscia spirituale”. Nei Quaderni della Weil c’è una notazione interessante sulla relazione sofferenza-conoscenza: “Il piacere può essere innocente a condizione che in esso non si cerchi la conoscenza. Ma è permesso ricercarla nella sofferenza”. La Weil non sottovaluta la gioia: “Qu