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Nel marzo 2007 Franco Borgogno, in occasione di un invito a tenere dei seminari e discutere lavori alla Western Branch Canadian Psychoanalytic Society, è stato intervistato da Christopher Fortune sul suo percorso scientifico, professionale ed esistenziale come psicoanalista. La forma e la sostanza del dialogo e il punto di osservazione autobiografico fanno di questo libro che ne è derivato un distillato denso, in cui Borgogno racconta l'intreccio tra la sua storia e la storia della psicoanalisi e la lenta maturazione della disciplina nella direzione del riconoscimento e del rispetto delle ragioni del più debole: il bambino, il paziente, la donna, il cui punto di vista fu oggetto dell'interesse di Ferenczi sin dal suo primo lavoro sull'eiaculazione precoce. Borgogno ritorna a Ferenczi, sfiorato e accantonato all'inizio del suo cammino di psicoanalista, dopo aver studiato a fondo Freud, Klein, Heimann, Bion, alla ricerca del "modo suo" di essere analista e uomo. Combatte le sue battaglie non da solo, fortunato nelle sue personali esperienze analitiche, nel rintracciare in Ferenczi una miniera di conferme alle sue intuizioni e nel trovare buoni compagni di strada. Scopre con Ferenczi che il mondo relazionale in cui è immerso il bambino e poi il paziente sono di vitale importanza per lo sviluppo della mente, che fin dall'inizio della vita il bambino riceve dentro di sé quello che i genitori gli mettono, che è esposto a traumi ma soprattutto al misconoscimento dei medesimi, a una pressione selettiva a sviluppare parti di sé compatibili con le aspettative dell'ambiente mortificandone e annientandone altre magari per lui vitali. Può l'analisi essere un viaggio alla scoperta di sé? Sì, dice Borgogno, se l'analista è abbastanza libero di ascoltare l'altro, se può aiutarlo a trovare la sua voce e non indurlo con la seduzione o con la forza a cantare in questo o quel coro, se ha lavorato abbastanza su di sé da non agire il proprio narcisismo con interpretazioni-eiaculazioni precoci, che soddisfano vanità e illusioni di sapienza senza curarsi dell'incontro con l'altro, riconoscendone il dolore e il valore, e la preziosa unicità. Anna Viacava
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