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Di male in peggio. Il quinto libro della saga “I figli della terra” si è rivelato pesante e lento. La presenza di alcuni momenti degni di nota, soprattutto all’inizio quando Ayla fa le prime conoscenze tra gli zelandoni, non basta ha salvarlo. La trama si trascina, destando ben poco interesse e con descrizioni eccessivamente lunghe e tediose. E anche i nuovi personaggi, tranne che in un primo momento, non destano tutto questo interesse. Inoltre gli zelandoni, proprio come popolo, non mi sono piaciuti, non possono minimamente competere con il Clan o i mamutoi. In alcuni commenti si dice che le recensioni più negative arrivino dai maschi, come critica al femminismo contenuto nel lavoro di quest’autrice. Allora è vero che questa saga sostiene molto dell’ideologia femminista, ma non al punto da rovinare la trama. Io sono un uomo, sono avverso al femminismo contemporaneo, ben lontano dai nobili scoppi del vero femminismo (inoltre per principio sono avverso alla maggior parte delle cose dell’era contemporanea), ma non è per questo che non ho amato questo libro. Diversamente avrei criticato anche i primi volumi della saga, che invece ho adorato. Si fa molto sentire la questione del razzismo. Proprio come preannunciato il popolo di Giondalar è tra i più ostili verso i “testapiata” e sembra sempre più probabile un possibile incontro/contrasto tra le due realtà. L’autrice mette a paragone l’organizzazione del Clan con quella degli zelandoni, al fine di far apparire necessariamente migliore un capo eletto rispetto a un capo ereditario. Un bel punto di vista, un altro potrebbe essere che i capi eletti sono individui popolari, simpatici, capaci di farsi amare ma non di governare, e che in un sistema elettivo ci sono molte, troppe lotte per il potere. Un altro ancora che un capo ereditario viene preparato fin dalla nascita per il suo compito e che in realtà sono stati quasi sempre degli ottimi o quanto meno dei buoni capi. Ecc...
Io ho iniziato a leggere la saga a 13 anni e mi aveva davvero catturato...anche i miei professori che leggono molto li hanno trovati molto belli e affascinanti dopo che glieli avevo prestati.Comunque per quanto riguarda il sesto libro non sarà l'ultimo ma il penultimo, infatti ho trovato un'intervista alla Auel dove diceva di voler prolungare la saga di un altro libro ancora e che il viaggio di Ayla, Giondalar, Gionayla e i loro amici a quattro zampe riprende...per dove non si sa...ciao a tutti!
Ho letto ' Focolari di pietra ' quattro anni e mezzo fa, a giugno, appena uscì dopo dodici anni d'attesa, e lo lessi in 20 giorni. Ebbene, ho amato i romanzi della Auel sin dal 1987, quando lessi ' La valle dei cavalli ', e m'innamorai di Ayla. Ho amato anche quest'ultimo, anche se sì, è vero che l'autrice avrebbe potuto regalarci un po' di suspence, nonostante io stesso temessi che ai due protagonisti andasse storto qualcosa. Certo, concordo con Michela che, il 10 novembre scorso, mi ha ricordato il fascino suggestivo ed evocativo del primo romanzo, nelle pagine dedicate alla fine di Creb, ' il nonno di tutti '. Quanta 'umanità' tra quei Neanderthal...
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Si è fatta attendere per dodici anni, ma finalmente è tornata. La scrittrice americana Jean M. Auel ricompare con un nuovo avvincente romanzo che prosegue il fortunatissimo ciclo dei Figli della Terra, la saga fantasy amata da milioni di lettori di tutto il mondo, ambientata nell'Era Glaciale.
Focolari di pietra riprende il racconto delle avventure di Giondalar e Ayla, già protagonisti dei precedenti Ayla, figlia della Terra, La valle dei cavalli, Gli eletti di Mut e Le pianure di passaggio. Con uno stile trascinante, che coniuga grande abilità narrativa e approfondimento storico, l'autrice ricostruisce anche in quest'ultimo libro la vita delle donne e degli uomini vissuti nell'Europa di 35.000 anni fa, trasformandola in un romanzo documentato e nello stesso tempo ricco di inventiva. Tra pericolose battute di caccia, importanti scoperte, personaggi indimenticabili e avventure imprevedibili, si snoda un'affascinante avventura dei primordi e prende vita il palpitante affresco di epoca cruciale per l'umanità, ricostruito con grande accuratezza per i particolari storici e narrativi.
Al centro della vicenda campeggia il personaggio di Ayla, ragazza di grandi qualità, non soltanto per il carattere affascinante, forte e deciso ma anche per le conoscenze acquisite durante la sua vita breve ma intensa. Alta e snella, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, la diciannovenne Ayla non sa quali siano le sue origini: cresciuta tra i neandertaliani, che la trovavano brutta per il suo aspetto insolito, e cacciata dalla tribù dopo avere dato alla luce il primo figlio a soli dodici anni, la ragazza parla diverse lingue, conosce i segreti delle erbe e delle piante, sa accendere il fuoco con le pietre. E' inoltre accompagnata da alcuni animali addomesticati: la giumenta Hinni, lo stallone vento e il fedele Lupo, che la segue sempre proteggendola. Giunta tra gli Zelandoni al seguito di Giondalar, l'uomo da lei amato, Ayla suscita ben presto invidie e diffidenze, accresciute dalle sue doti soprannaturali che le permettono di entrare in contatto con gli spiriti. L'amore dei due giovani è messo a dura prova dalla gelosia di Martona, ex promessa di Giondalar e dal desiderio degli uomini della tribù, come Brukeval, invaghitesi della bella straniera. Ma Ayala conquisterà presto la benevolenza dei più, curando i feriti dopo una grande battuta di caccia e scoprendo una grotta con le pareti ricoperte di immagini di animali. Queste sue eccezionali doti, ammirate anche dalla sacerdotessa della Grande Madre Terra, potrebbero aprirle una nuova importantissima strada
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