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Letto dopo averlo sentito nominare da Bressanini. Interessante, ma un po' ripetitivo. Si fa leggere non in troppo tempo, quindi non lo sconsiglio totalmente, ma ecco, non aspettatevi il libro miracolo/rivelazione.
Tutto perfetto. Molto interessante. Grazie
Il messaggio è chiaro: solo la scienza porta alla conoscenza e, quindi, alla libertà. Il modo in cui viene proposto è, tuttavia, quasi assolutista quanto i (giustamente) criticati proclami del Papa. Corbellini descrive l’ignoranza scientifica che caratterizza le società occidentali nelle quali la mancanza di una educazione di base favorisce la diffusione e la persistenza di ideologie e falsi miti, impedendo l’accesso alla conoscenza e assecondando l’assunzione a livello politico di decisioni dannose per il progresso. Eventi noti (Di Bella, OGM, ecc.) lo dimostrano. Lodevole e doverosa è la lotta politica per la libertà di ricerca, per l’accesso di massa alla cultura oltre che per la laicità dello Stato, contro l’influenza delle istituzioni religiose presenti nei più importanti dibattiti e con posizioni poco aperte al dialogo. Altrettanto legittimo (e su questo tema l’autore rimane evasivo) è, però, il diritto del cittadino di porsi degli interrogativi quando la scienza cessa di essere puro sapere per intrecciarsi con interessi economici, politici o militari. Corbellini, a tratti, assume una visione complottista della realtà, tracciando, per esempio, l’immagine della Chiesa Cattolica che “guida” la politica per mantere la società nell’ignoranza e, quindi, garantirsi un “audience” di fedeli: riflessione corretta ma molto scontata. Addirittura critica(con garbo) il comportamento di Rita Levi Montalcini nell’ambito della polemica scaturita dalla decisione del Governo di eliminare/ridurre l’insegnamento della teoria dell’evoluzione: al premio Nobel è attribuito un atteggiamento non sufficientemente duro, probabilmente, si legge, per garantire finaziamenti pubblici al proprio istituto di ricerca. Che ciò sia vero è tutto da dimostrare e se lo fosse, tuttavia, questo avvenimento dimostrerebbe che anche il “mondo della scienza” non è perfetto. Forse, più saggiamente la Montalcini ritenne che un approccio non troppo chiuso fosse più costruttivo: la scienza è meno pericolosa delle religioni solo se non diventa dogmatica.
Recensioni
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La scienza è pericolosa? Costituisce un rischio per la società e la democrazia? Possono sembrare domande paradossali ma basta leggere questo saggio appassionato, illuminante e determinato di Gilberto Corbellini per scoprire quale castello di difficoltà, incomprensioni, e molto spesso di strumentalizzazioni, rende complessi i rapporti tra la scienza e il mondo politico e sociale.
La storia insegna che gli scienziati hanno sempre dovuto affrontare confronti e divergenze con esponenti della politica, della cultura o della religione. Ma mai come ora, si è assistito a una così diffusa avversione pregiudiziale verso la scienza, che porta persino a considerarla un rischio per la convivenza democratica. «Negli ultimi decenni scrive l'autore sembra diventato un luogo comune l'idea che la ricerca scientifica e le sue implicazioni tecnologiche incarnino una pericolosa hybris conoscitiva, disposta a sfidare qualunque limite morale, e insensibile ai rischi che tali attività comporterebbero per l'ambiente naturale, la salute dell'uomo e la convivenza democratica.» Come si è arrivati a questo punto? Perché «non viene quasi mai preso in considerazione che la scienza può costituire non una minaccia, ma un elemento essenziale, se non addirittura un presupposto per il funzionamento della democrazia?». Corbellini sottoscrive appieno quest'ultima tesi: la nascita della scienza moderna ha concorso a determinare le condizioni culturali per lo sviluppo della democrazia e per il suo mantenimento. «Ha introdotto e consentito un nuovo stile di pensiero, che ha favorito lo sviluppo di un atteggiamento critico, promosso la tolleranza e minato l'autoritarismo e il dogmatismo politico-religioso». Insomma, proprio il contrario di quello che sostengono i suoi moderni detrattori.
Nell'analizzare «fenomenologie e processi che hanno caratterizzato e caratterizzano i rapporti tra scienza, etica e politica» questo saggio mette a confronto diverse tesi e argomentazioni di natura storica, sociologica, filosofica o politica. L'autore si propone di fornire le coordinate culturali per comprendere quali fraintendimenti possono indurre a considerare "pericolosi" gli scienziati, rivendica l'integrità intellettuale degli studiosi e ribatte con decisione agli attacchi rivolti nei loro confronti, prestando una particolare attenzione alla situazione italiana, dove è condizionante l'influenza del pensiero cattolico. Nel quarto capitolo intitolato "La scienza e gli scienziati italiani umiliati dalla politica", ricostruisce la parabola della comunità scientifica italiana, dagli infruttuosi tentativi di affrancarsi da "un'asfissiante e clientelare" controllo partitico al caso Di Bella, dalla proibizione della ricerca sugli OGM alla legge sulla fecondazione assistita del 2004. Per non parlare delle strategie di alcune ideologie, religiose e politiche, per censurare o limitare la diffusione della cultura evoluzionistica. Corbellini analizza un caso emblematico: il tentativo di condizionare l'insegnamento dell'evoluzione in Italia messo in atto con la riforma scolastica Moratti della scuola primaria e secondaria.In un contesto come quello del mondo di oggi, «in cui è dato per scontato quasi da chiunque che la scienza non veicoli valori morali e politici e che la libertà della ricerca scientifica non debba intendersi come un diritto fondamentale», la voce di Corbellini si alza per difendere e ribadire i valori dell'etica, dell'autonomia e della libertà della scienza.
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