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Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945-1980) - Mirella Serri - copertina
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Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945-1980)

Descrizione


Nessuno si aspetterebbe di ritrovarli in mattinali e rapporti riservatissimi della polizia. Eppure, i più importanti scrittori, pittori, registi, attori, filosofi, giornalisti italiani sono stati spiati per decenni. L'incredibile vicenda prende avvio nel dopoguerra e s'intensifica in epoca scelbiana quando si lavora intensamente per schedare l'intellighenzia di sinistra, che è ritenuta non solo un covo di potenziali sovversivi ma anche la longa manus della propaganda dei partiti dell'opposizione, i tentacoli di una polipesca operazione socialista e comunista per conquistare consensi. Emerge così dai rapporti di polizia il resoconto insolito di riunioni riservate, assemblee e conventicole che impegnano i più noti intellettuali di sinistra, dagli anni in cui si genuflettono al mito dell'Unione Sovietica agli incontri più carbonari e segreti degli anni Settanta. Lavorando su archivi fino a oggi mai esplorati, Mirella Serri riporta alla luce non solo la sotterranea caccia all'intellettuale scatenata dai governi a maggioranza democristiana ma anche il profilo nascosto della storia della cultura di sinistra in Italia, con le sue grandi illusioni e i suoi atroci abbagli.
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Dettagli

3
2012
16 febbraio 2012
263 p., Rilegato
9788830432680

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armando pepe
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libro letto in due giorni, non perché fosse avvincente ma perché non lo sopportavo più. Pieno di un livore anticomunista fuori del tempo, di riduzioni caricaturali, di aspetti a macchietta da avanspettacolo. Di una visione manichea che pone il comunismo nel regno del male e la democrazia occidentale italiana o americana nel regno del bene. Mirella Serri ha trovato dei documenti polizieschi sull'associazione Italia URSS e ne ha ricavato un libro, "trovato lo documento, fatto lo libro"! e che libro, vorrebbe divertire ma produce l'effetto contrario, non accademico né divulgativo. Io credo che alcune ovvietà la Serri le abbia trovate finanche su wikipedia. E' pieno di cose già lette, qualche barzelletta, giudizi maligni su chi è più grande, nel pensiero, della stessa Serri, come Toni Negri.

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Voce della critica

L'ultimo libro di Mirella Serri si inserisce a pieno titolo nell'ormai ricco filone di studi dedicati alla "guerra fredda culturale", che ha conosciuto nuovo vigore, anche in Italia, dopo la traduzione nel 2007 (Fazi; l'edizione originale è del 1999) dell'omonimo volume della studiosa Frances Stonor Saunders. Fondato su un ampio scavo dei fondi archivistici del ministero degli Interni conservati presso l'Archivio centrale dello Stato, il volume abbraccia un ampio arco temporale (dagli anni quaranta alla fine dei settanta), senza soluzione di continuità, mentre invece sarebbe stato forse opportuno distinguere da periodo a periodo. Ad esempio, alcuni dei protagonisti "sessantottini" potrebbero, a pieno titolo, comparire in una nuova edizione dei Redenti, il fortunato e precedente titolo dell'autrice, dedicato però ai "pentiti" delle varie utopie rivoluzionarie (esilaranti, a questo proposito, le pagine in cui compare Paolo Liguori, futuro direttore di testate Mediaset). Il titolo di questo volume, Sorvegliati speciali, risulta infatti, in buona sostanza, un pretesto rispetto al suo vero nucleo tematico: una severa reprimenda verso l'ammirazione acritica di gran parte del mondo intellettuale italiano (comunista, ma non solo) nei confronti della sicuramente antidemocratica-illiberale Unione Sovietica e del modello politico del "socialismo reale", chiudendo gli occhi di fronte ai suoi errori (e orrori). Certo, compaiono anche gli informatori e gli "spioni", con le loro informative talora grottesche (specialmente quando tentano di dedicarsi alla critica d'arte), raramente perspicaci, spesso ricalcate, soprattutto nello stile, sulle analoghe veline del passato regime fascista (peraltro, molti dirigenti dell'Ovra, a partire da Guido Leto, passarono tranquillamente nella file della polizia repubblicana). Un campionario che ben si presta alla brillante prosa da spy-story che sovente aleggia in queste pagine. L'attenzione, insistente e non di rado occhiuta, dedicata dagli apparati di polizia a scrittori, professori, attori sospettati, più o meno a ragione, di comunismo o di essere dei "compagni di strada", si spiega certamente con il clima della guerra fredda e con il tentativo di instaurare una sorta di confusissimo maccartismo temperato dal ruolo storico delle sinistre nel nostro paese. D'altronde, è una prova a contrariis del sostanziale successo dello sforzo "egemonico" compiuto da Togliatti (nelle parole di Giorgio Amendola "la capacità di guidare gli alleati e di intimidire gli avversari senza ricorrere al bastone, ma con la forza delle idee e le armi della politica"), con la creazione, nel dopoguerra, del "partito nuovo". A questo proposito, colgo l'occasione per suggerire (soprattutto ai nuovi esegeti, più o meno provveduti, di Gramsci) la lettura di un articolo di Massimo Mila a proposito delle Lettere dal carcere (Il diavolo a occhio nudo, "La nuova democrazia", settimanale di Giustizia e Libertà, 7 maggio 1947, ora in Scritti civili, a cura di Alberto Cavaglion, il Saggiatore, 2011), sperando di non incorrere nell'accusa di "gramsciazionismo" (e se dovesse essere, grati per l'onore): "Sono 250 pagine, fitte di frequenti riferimenti a problemi culturali, storici, politici, secondo i vari suggerimenti delle letture di un decennio di galera: ebbene, non vi si incontra una, non una, affermazione d'ordine generale, né una posizione di princìpi in cui un azionista, di formazione idealistico-crociana, non solo non concordi, ma non provi il piacere di trovare le proprie opinioni e convinzioni espresse in una forma intellettuale lucida ed efficace (…) Sì, ma l'obbedienza a Mosca, l'asservimento a una potenza straniera… Ah, perdio! Se leggessero le lettere di Gramsci, i nazionalisti nostrani, finalmente imparerebbero una buona volta ad essere italiani". È questo, forse, il principale problema storiografico sollevato dalla lettura del libro: come mai intellettuali raffinati come Ranuccio Bianchi Bandinelli e Luchino Visconti, docenti per nulla marxisti come Francesco Flora e Luigi Russo, attori celebri come Vittorio Gassman e Eduardo De Filippo sostennero non solo le parole d'ordine del Pci, ma diventarono anche autorevoli testimonial delle illusorie promesse del "paradiso sovietico"? La spiegazione va evidentemente oltre le notevoli e straordinariamente efficaci capacità di propaganda dell'apparato comunista o al sostanziale disinteresse della intellettualmente incolta Democrazia cristiana nei confronti del mondo della cultura (il "culturame" di scelbiana memoria) e dovrebbe, perlomeno, attingere agli studi di storia culturale e di antropologia degli autori di lettere e di dottrina politica cui figure come Aron, Hollander, Johnson, Koestler diedero in passato celebri contributi: insomma, non è lavoro per questurini. Giovanni Scirocco

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Conosci l'autore

Mirella Serri

1949, Roma

È docente di Letteratura e giornalismo presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha dedicato numerosi saggi ai maggiori scrittori contemporanei. Ha pubblicato Carlo Dossi e il racconto; Storie di spie. Saggi sul Novecento in letteratura; ha partecipato ai volumi collettivi: Il Novecento delle italiane; Amorosi assassinii. Storie di violenze sulle donne. Ha curato il Doppio diario.1936-1943 di Giaime Pintor. I suoi ultimi libri: Il breve viaggio. Giaime Pintor nella Weimar nazista (premio Capalbio e premio Salvatore Valitutti) e I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948, (premio letterario internazionale Isola d’Elba-Raffaello Brignetti, premio Alessandro Tassoni, premio Vladimir Nabokov, premio Ninfa Galatea-Lido dei Ciclopi). Ha realizzato trasmissioni...

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