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Quando si parla del denaro,ci si scontra con la sua ambivalenza strutturale. San Francesco lo chiamava "sterco del demonio",per Calvino esso esprimeva la benevolenza di Dio,per Sartre aveva un carattere "magico". Il filosofo Franco Riva gli dedica uno stimolante studio, in cui afferma che ormai il denaro è diventato un feticcio universale,una sorta di religione globale,con "i suoi sacerdoti,il suo popolo,i suoi templi, le sue liturgie,i suoi riti". Una nuova divinità,quindi,che permea e invade la nostra quotidianità,si insinua negli ambienti domestici e lavorativi,prolifera e domina qualsiasi attività del nostro tempo libero: dallo sport al turismo,dalla contemplazione di opere d'arte all'utilizzo dei servizi igienici nelle stazioni. Ormai paghiamo un ticket per qualsiasi espressione della nostra volontà:"La contraddizione totalitaria della liberissima società dei consumi non consiste nel ridurre tutto a consumo,ma nell'imporre senza che nessuno protesti sul serio..dei ticket per accedere al diritto stesso di consumare." E' proprio tutto così sconfortante? L'homo oeconomicus ha quindi assorbito totalmente ogni altra caratteristica dell'essere umano? Quali valori si sottraggono al nuovo credo nel denaro? La verità,la fede,i diritti umani,la giustizia,la difesa dell'ambiente,la gratuità del dono,la solidarietà..Ma ne siamo certi, o fingiamo un candore da anime belle che preferiscono la cecità all'efferatezza del realismo? Cosa ci può salvare, a questo punto?Franco Riva richiama tutti a una "resistenza silenziosa ed eroica",a un ripensamento dei propri valori, a una dignità dell'impegno nella vita comune: allora anche il denaro può essere d'aiuto nel soccorrere chi si trova in difficoltà,nel diffondere cultura,nel riequilibrare la giustizia attraverso il risarcimento piuttosto che con la vendetta,nel recuperare l'idea della propria professione non solo come ricerca del profitto ma anche come pienezza e soddisfazione di vita.
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