Con la fine del 2012 le opere di Musil non sono più protette dal diritto d'autore. Ciò sta dando luogo a iniziative editoriali di vario genere. Ben due nuove traduzioni dell'Uomo senza qualità, opera fondamentale del Novecento. E ora questa iniziativa. La pubblicazione del romanzo (1930 primo volume, 1933 secondo volume; l'ultimo, incompiuto, rimase inedito in vita dell'autore) fu preceduta da una serie di abbozzi di capitoli o gruppi di capitoli, e tentativi di stesure generali, che si interrompevano più o meno presto. Il Redentore è uno di quei tentativi, non ancora con il titolo definitivo, ma più esteso dei precedenti, o almeno di quel che se ne è conservato. Per di più gli editori austriaci hanno aggiunto a quello che è certamente Il Redentore tutto quello che ha a che fare con l'idea di redenzione e che a loro giudizio poteva ancora aver valore per Musil a quella data (1922). Quindi il materiale risulta cospicuo, anche se così non ne risulta Il Redentore di Musil ma quello degli editori; sarebbe stato di aiuto separare con chiarezza quello che è certamente pertinente (poco) da quello che è opinabile (molto). È da supporre che la quantità di materiale, e insieme (chissà se non soprattutto) la minore difficoltà da esso posta alla lettura siano state le ragioni che hanno indotto la casa editrice a pubblicarlo. Tra questo tentativo e il futuro Uomo senza qualità c'è un abisso di qualità di scrittura e di approfondimento di tematiche. Pagine belle non mancano, ma la maggior la parte dei capitoli è allo stato di lavoro ancora in lungo cammino, troppo lontana da quello che diventerà. Leggendo Il Redentore, con o senza aggiunte, non si legge una parte dell'Uomo senza qualità; la distanza fra abbozzo e stesura finale è troppo grande. Habent sua fata libelli, quindi può anche succedere che il lettore di questo abbozzo si senta poi spinto a leggere il romanzo vero. Me lo auguro. Il Redentore (giustamente Reitani lo sottolinea nell'introduzione) ha un'impostazione psicologica, che in seguito verrà abbandonata. Fortunatamente, aggiungo. Ecco un esempio: "Alla fine non sono altro che un uomo disgregato", dice a se stesso il protagonista (che qui si chiama Anders, mentre in versione definitiva si chiamerà Ulrich). Nel romanzo si leggeranno invece le considerazioni sul carattere di un qualsiasi abitante di un qualsiasi paese, "che ha almeno nove caratteri: carattere professionale, carattere statale, carattere di classe, carattere geografico, carattere sessuale, carattere conscio, carattere inconscio, e forse anche un carattere privato; li riunisce tutti in sé, ma essi scompongono lui". E via di questo passo. Oppure ci sono, nel Redentore, frasi fastidiosamente didattiche, tipo: "Ma pochissimi fra noi si rendono conto che viviamo in una incommensurabile opacità di cui i giornali sono solo l'espressione!". Nel romanzo ci sarà, in luogo di questo predicozzo, uno degli episodi più mordenti: le lodi di un "geniale" cavallo da corsa, lette su un giornale, saranno la spinta ultima che indurrà il protagonista a prendersi un anno di congedo dalla vita. Può essere un esercizio interessante chiedersi come Musil sia potuto pervenire al fulminante inizio dell'Uomo senza qualità, uno dei più formidabili nella storia del romanzo in generale, movendo da quello penoso del Redentore, nel quale ha riciclato un suo modesto racconto. Ma è troppo facile schiacciare questo abbozzo mediante un confronto con l'esito finale. Le 54 pagine iniziali diventeranno il primo volume del romanzo. La crescita non sarà soltanto una questione di quantità; i problemi e le situazioni saranno approfonditi fino a diventare incomparabili. Delle 136 pagine che seguono, la maggior parte sarà sviluppata e accolta nel secondo volume (1933), altre sviluppate ma lasciate cadere, altre, infine, semplicemente abbandonate. Alcune avrebbero dovuto essere sviluppate per l'ultimo volume, che però non fu pubblicato in vita e, in certe sue parti, nemmeno sviluppato fino in fondo. Anche se la prospettiva psicologica verrà abbandonata, nelle pagine del Redentore ci sono considerevoli spunti, con una scrittura pur sempre di buona qualità; tali, per esempio, quelli intorno alla morte del padre. Ci sono anche gustose parodie. E poi cenni, ma non più che cenni, alla morale, alle metafore, alla mistica, all'amore. Tutti temi a venire. Esprimo infine la mia solidarietà alla brava traduttrice Ada Vigliani, che si è sottoposta a questa fatica. P.S. Nella sua postfazione Walter Fanta ritiene opportuno e pertinente citare con dissenso me e Simona Vanni, per aver pubblicato il primo tentativo di stesura complessiva del romanzo (non Il Redentore, dunque), in cui Musil tentava di raccogliere e coordinare quanto riteneva di aver pronto. Fanta disapprova in particolare la dicitura "Urfassung", che non trova più grazia presso vari filologi ma che io ho fatto mettere sul frontespizio (contro il parere di Simona Vanni, che temeva proprio reazioni del genere); forse si sarebbe espresso diversamente se vi avessi fatto scrivere "primo tentativo di stesura globale e non di singoli capitoli ricostruito sulla base di una serie organica di testimoni, intrapreso dall'autore in vista di una presentazione a un editore, dietro utilizzazione, rielaborazione ed estensione di materiali schizzati o comunque già da lui preparati". Ma "Urfassung" è più breve e non mi pento. Non ho intenzione di polemizzare a mia volta. Fanta ha meriti di primissimo piano nell'archivistica musiliana e mi dispiace che non ci intendiamo, in questa come in altre occasioni. Enrico De Angelis
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