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Copertina con lievi segni d'uso, tagli e pagine bruniti, legatura salda. paperback 160 9788831760188 Buono (Good).
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Chiunque provasse a espellerla o persino a negarla dal suo mondo di dentro sarebbe anche meno di un povero illuso. Siamo inzuppati di metafisica anche senza rincorrerla, è lei che ci attraversa e ci bagna coi suoi mirabili segreti, negli attimi più inconsueti e involontari il suo sibilo è l'eterna impronta del meraviglioso, dell'oscuro, dell'enigma. L'archetipo è dappertutto, la psiche è una stazione troppo affollata perché mezzo vagone non vada a sbatterci dentro coi suoi mille quesiti, le sue paure contorte, i suoi spartiti illeggibili, e una mente che sappia attraccare ai tranquilli porti della calma è appena uno sbandato refolo di illusione. Si dorme e si spalanca un teatro, si è svegli e abbiamo scarsi controlli su tutto. La domanda è presente sempre. Zolla scrive: "Le comunicazioni oniriche ci dicono come sia relativa la distinzione fra sogno e veglia". Libro densissimo, ricchissimo di suggestioni, di una complessità più che attraente; si va dalle estasi di Teresa d'Avila mentre cuoceva un uovo agli archetipi dei sinonimi, attraversando i Veda, l'Apocalisse, e sulla scia di Agostino l'autore aggiunge: "Diremo dunque che gli archetipi sono immagini immaginanti, sogni sognanti". Riflessione sul tempo, su sincronismi e coincidenze, mi piace però trascrivere questo frammento come una specie di verità politica finalmente svelata: "E' un rettile vischioso la psiche, scivola via dalle panie; perfino la generazione assatanata che alla fine degli anni 60 attuò le regole dell'avanguardia nella vita quotidiana, che fu persuasa di abbrutirsi e drogarsi, proprio essa, almeno in parte, strisciò fuori dalla bolgia dove si contorceva per dedicarsi alla ricerca spirituale, e tutta quella sua trascorsa abiezione potè perfino sembrare il gioco di una Provvidenza". Le tratte dello spirito, le confuse deviazioni di un perché, i mille scenari di un labirinto magnifico creato ad arte da una frotta di dei forse annoiati. Ma quanta bellezza, che ingorgo di indescrivibile gioia.
L'esperienza metafisica di Elémire Zolla affiora negli Archetipi in tutto il loro indicibile splendore.
questo libro è bellissimo e lo consiglio ai perplessi, agli scontrosi e ai selvatici
Recensioni
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(scheda pubblicata per l'edizione del 1988)
scheda di Costa, G., L'Indice 1988, n. 5
"Archetipi", scritto originariamente in inglese e ora tradotto in italiano a sette anni dalla sua pubblicazione in Inghilterra e negli Stati Uniti, è senza dubbio una delle opere più interessanti e ambiziose di Elémire Zolla, in bilico tra filosofia, analisi comparata dei miti e critica letteraria. Proseguendo il discorso già affrontato in Aure (pubblicato lo scorso anno sempre da Marsilio), sorretto come al solito da un'erudizione non comune e da un uso sapiente della parola, Zolla propone un nuovo esempio di argomentazione "tradizionale", radicalmente speculativa e metafisica. L'esperienza metafisica è - ribadisce Zolla - il filo conduttore dell'intero patrimonio culturale dell'umanità dall'India dei Veda all'Europa contemporanea; è l'unica chiave capace di aprirci all'enigma dell'essere e alla visione dell'Archetipo, luogo in cui l'Essere si cristallizza in significato, assumendo valore esemplare e normativo. Rintracciare l'Archetipo significa per Zolla impadronirsi dei ritmi che sottendono l'esperienza umana, la politica, la poesia o, in termini metafisici, svelare il rapporto di soggetto e oggetto, di conoscente e conosciuto.
Di conseguenza, accostarsi agli Archetipi è innanzitutto "farne esperienza", sottomettersi a una rigorosa educazione spirituale, a un itinerario nel senso della "trasmutazione" e del "risanamento": occorre "diventare la cosa stessa" ovvero - afferma l'autore nella prefazione all'edizione giapponese, posta a epilogo dell'opera: "assorbire aure... errando in traccia dei pochissimi luoghi indenni, dove templi o ieratiche costumanze o soltanto un'incontaminata natura preservino un delicato alone visibile all'occhio del cuore".
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